Amministrativo

Palazzo Spada chiarisce la ratio giustificatrice del ricorso al prospective overruling

La vicenda riguarda il famoso ricorso di molti titolari di diploma di maturità magistrale, conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, non considerato come titolo idoneo per l'inserimento nelle graduatorie

di Simona Gatti

Perché un sopravvenuto indirizzo giurisprudenziale, attraverso il cosiddetto prospective overruling, venga applicato in maniera non retroattiva (come invece di norma dovrebbe essere) secondo il Consiglio di Stato, sentenza n. 5556 del 26 luglio scorso, serve la combinazione di una serie di elementi. Per prima cosa l'innovazione giurisprudenziale deve incidere su una regola del processo, deve essere poi imprevedibile ovvero seguire altra consolidata nel tempo così da considerarsi diritto vivente, nonché comportare un effetto preclusivo del diritto di azione o di difesa.

La vicenda al centro della decisione della sesta sezione di Palazzo Spada riguarda il famoso ricorso di molti titolari di diploma di maturità magistrale, conseguito entro l'anno scolastico 2001/2002, non considerato come titolo idoneo per l'inserimento nelle graduatorie a esaurimento (note come GAE) del personale docente, per effetto dei Dm 1 aprile 2014 n. 235 e 3 giugno 2015 n. 325.Gli appellanti hanno agito in giudizio per chiedere in sostanza che la riapertura delle graduatorie in favore dei soggetti abilitati contemplasse anche loro, una richiesta che prima dal Tar Lazio e ora dal Consiglio di Stato è stata bocciata.

Il Tar Lazio in particolare ha assunto una decisione in forma semplificata, ritenendo il ricorso infondato secondo quanto affermato dalle sentenze dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio n. 11 del 20 dicembre 2017 e nn. 4 e 5 del 27 febbraio 2019, con le quali si era chiarito non soltanto che la pretesa dei diplomati magistrali con titolo conseguito entro il 2001/2002 di essere inseriti in GAE avrebbe dovuto essere fatta con la presentazione di istanza di inserimento in GAE e comunque mediante impugnazione, ma anche che il diploma magistrale conseguito nel 2001/2002 non era da ritenersi idoneo all'insegnamento.

Il Consiglio di Stato ha respinto i ricorsi e confermato la sentenza del giudice di primo grado. La parte più interessante della pronuncia di Palazzo Spada è quella dedicata ai profili processuali e in particolare alla validità o meno dell'impugnazione. I giudici amministrativi spiegano che la decorrenza del dies a quo di impugnazione non può essere legata al momento in cui in sede giurisdizionale (o di ricorso straordinario) viene accertata l'illegittimità dell'atto lesivo, tenuto conto che "una posizione così radicale è del tutto estranea al dibattito dottrinale e giurisprudenziale sull'individuazione del dies a quo del termine per proporre ricorso giurisdizionale. Nell'ambito di tale dibattito, anche le posizioni più sensibili ad assicurare l'effettività del diritti di azione e di difesa del privato, non si spingono sino al punto di pretendere il riconoscimento in sede giurisdizionale della fondatezza della pretesa vantata da soggetti in posizione analoga per far decorrere il termine per impugnare l'atto amministrativo, limitandosi semmai a sostenere la necessità che il privato abbia (almeno) la possibilità di percepire l'illegittimità dell'effetto lesivo. Ma tale possibilità di conoscenza certamente prescinde dall'esistenza di precedenti giurisprudenziali specifici che abbiano già dichiarato l'illegittimità di quell'atto nell'ambito di diversi giudizi instaurati da altri cointeressati" (Cons. Stato, Ad. Plen, n. 11 del 2017).

Nel caso specifico i ricorrenti sostengono che la dichiarazione di irricevibilità dei ricorsi di primo grado contrasterebbe con un precedente indirizzo della Sezione, sulla cui perdurante affermazione gli stessi ricorrenti avrebbero riposto fiducia; con la conseguenza che il sopravvenuto mutamento di giurisprudenza, inaugurato dall'Adunanza Plenaria nel 2017, non potrebbe operare retroattivamente, influendo sui ricorsi preventivamente proposti.

Ma la ratio del prospective overruling - chiarisce Palazzo Spada - risiede nella tutela del ragionevole affidamento prestato su precedenti orientamenti espressi dalle Corti supreme, per evitare di ricondurre a una scelta processuale assunta dal singolo, sulla base di un favorevole diritto vivente al tempo affermatosi, effetti preclusivi, discendenti da una nuova e diversa interpretazione del parametro normativo. Pertanto, il soggetto che ha esercitato il proprio diritto nel termine previsto dalla legge che in quel momento è valida, non può trovarsi ex post decaduto in ragione di un imprevedibile revirement giurisprudenziale tendente a mutare, in senso a lui sfavorevole, il termine processuale applicabile. Quindi solo in questo caso i principi costituzionali ed euro-unitari invocati dagli appellanti imporrebbero di assicurare l'effettività dei mezzi di azione e di difesa, tutelando la posizione della parte che ha subito una (imprevedibile) decadenza processuale.

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