Penale

Peculato per l’addetto di Poste che intasca i soldi dei contrassegni

Per la Corte di cassazione, sentenza n. 35366 depositata oggi, l’attività di consegna dei pacchi costituisce un servizio pubblico e non è dunque assimilabile alla attività privatistica

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di Francesco Machina Grifeo

Scatta il peculato per l’impiegato di Poste Italiane S.p.A., addetto alle lavorazioni interne del servizio di consegna dei pacchi in contrassegno, che, avendo per ragioni di servizio la disponibilità del denaro consegnatogli dai portalettere, si appropria dei relativi importi, invece di corrisponderli ai mittenti (dei pacchi consegnati). Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 35366 depositata oggi, respingendo il ricorso di un “addetto alle lavorazioni interne” di Poste che si doleva della mancata riqualificazione della condotta come appropriazione indebita in relazione alla natura privatistica dell’attività svolta dalla Spa, analoga a quella svolta dagli istituti bancari.

La prima questione, dunque, è se l’attività svolta da Poste Italiane S.p.A. di consegna dei pacchi in contrassegno costituisca un servizio pubblico ovvero sia assimilabile, come propone il ricorrente, all’attività di tipo bancario-finanziario, di natura esclusivamente privatistica. Per la VI Sezione penale va ribadito che “la trasformazione dell’Ente Poste in società per azioni non ha comportato - con riferimento alla specifica attività correlata al servizio postale - il venir meno della qualifica di pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio dei suoi dipendenti, in quanto l’Ente, in relazione all’esigenza di garantire i valori costituzionali della libertà e della segretezza delle comunicazioni, opera in base ad una normativa pubblicistica e persegue finalità pubbliche”.

Per il Collegio dunque si deve ribadire la natura pubblicistica dell’attività di Poste Italiane S.p.A. “in quanto inclusa nel servizio postale universale”, affidato all’ente fino al 30 aprile 2026. In particolare, sono indici della natura pubblica: i) l’interesse pubblico per il servizio postale universale, in modo da garantire a tutti i cittadini, indipendentemente da reddito o da residenza geografica, la possibilità di fruire dei servizi postali; ii) la presenza di una disciplina diversa da quella privatistica; iii) il finanziamento pubblico del servizio universale.

Anche dopo la legge n. 124 del 2017, che ha ridimensionato l’esclusiva, per la Cassazione “le peculiari caratteristiche” del servizio postale universale svolto da Poste Italiane S.p.A., nell’ambito del quale si inserisce anche la consegna di pacchi, “consentono di ritenere che questa, benché eseguita in regime di concorrenza (quanto meno nelle aree del territorio ove operano anche altri fornitori del servizio), è caratterizzata da una preminente connotazione pubblicistica che non ne consente l’assimilazione, prospettata dal ricorrente, all’attività di tipo bancario-finanziario”.

Inoltre, per la Cassazione, gli elementi descrittivi delle mansioni svolte dal ricorrente – il quale, dopo aver ottenuto il denaro, alterava i dati delle operazioni di consegna dei pacchi - sono idonei a superare la soglia delle mere mansioni di ordine e a inquadrare l’attività nell’ambito della contestata qualifica pubblicistica. Va invece esclusa, nella qualificazione del fatto, la condotta di falsificazione, considerato che nel peculato il pubblico ufficiale si appropria del denaro (o altro) avendone già il possesso in ragione del suo ufficio, e dunque le condotte di falsificazione – diversamente dall’ipotesi di truffa aggravata – costituiscono un post factum, non punibile.

Lo scorso 1° agosto, invece, sempre la VI Sezione penale ha rinviato alle Sezioni unite (ordinanza n. 31605/2o24) la diversa questione: “Se, nell’ambito delle attività di ’bancoposta’ svolte da Poste Italiane S.p.a. ai sensi del Dpr 14 marzo 2001, n. 144, la ’raccolta del risparmio postale’ (raccolta di fondi attraverso libretti di risparmio postale e buoni postali fruttiferi effettuata da Poste per conto della Cassa depositi e prestiti - art. 2, comma 1, lett. b) reg. cit. e art. 2, comma 1, lett. b) d. lgs. 30 luglio 1999, n. 284) - abbia natura pubblicistica e, nel caso positivo, se l’operatore di Poste Italiane S.p.a. addetto alla vendita e gestione di tali prodotti rivesta la qualifica di pubblico ufficiale o di incaricato di pubblico servizio ai sensi degli artt. 357 e 358 cod. pen.”.

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