Penale

Pene sostitutive, sì alla richiesta tramite l’ufficio matricole della casa circondariale

La Cassazione ha affrontato il tema della sostituzione della pena detentiva breve sia dal punto di vista del riconoscimento del beneficio nei processi pendenti al 30 dicembre 2022 sia sul consenso dell’imputato

Handcuffed prisoner in jail

di Paola Rossi

La Cassazione penale con due decisioni contemporanee ha affrontato il tema delle pene sostitutive in ordine ai tempi della loro applicazione e ai modi di presentazione della richiesta.

La pena sostitutiva di quella breve detentiva, come previsto dalla Riforma Cartabia, può essere chiesta anche nei procedimenti già in corso al momento dell’entrata in vigore della novella. Ma perché la richiesta sia da considerarsi ammissibile, se presentata per la prima volta in sede di appello, è necessario che la sentenza di primo grado risulti pronunciata prima del 30 dicembre 2022.
La Corte di cassazione penale - con la sentenza n. 25862/2024 - ha perciò respinto il ricorso con cui si lamentava che la decisione di secondo grado avesse respinto la richiesta di sostituzione, proprio in quanto promossa solo nel giudizio di appello. Infatti, secondo l’interpretazione fornita dalla Suprema Corte la richiesta era inammissibile perché poteva esser utilmente promossa nel giudizio pendente in corso, che era appunto quello di primo grado nel caso concreto risolto. E ciò vale a prescindere dalla circostanza di quale fase avesse raggiunto il giudizio di primo grado che, nel caso concreto, pacificamente non si era ancora concluso con l’emissione della decisione. In effetti, se la domanda fosse stata già avanzata in primo grado e fosse stata respinta, tale diniego poteva essere impugnato utilmente dinanzi al giudice di secondo grado attraverso uno specifico motivo di appello.

Con altra decisione - la n. 25931/2024 - la stessa Cassazione penale ha annullato con rinvio la sentenza del giudice di secondo grado che aveva ritenuto inammissibile la richiesta di applicazione della pena sostitutiva pecuniaria all’imputato, che l’aveva fatta pervenire tramite Pec inviata dall’Ufficio matricole della Casa circondariale dove egli era ristretto. Inoltre, il giudice aveva rafforzato il proprio diniego facendo rilevare l’assenza dell’imputato e del suo difensore all’udienza fissata ad hoc per statuire proprio sulla possibilità di applicazione di una pena sostitutiva. Da tale assenza, infatti, il giudice aveva dedotto l’implicita rinuncia a fruire della sostituzione.
La Cassazione risponde positivamente ai rilievi del condannato ricorrente affermando in primis che la sua richiesta inoltrata tramite l’Ufficio matricole integrava la necessaria sostanza dell’atto “personalissimo” che deve essere posto alla base della decisione sulla sostituzione della pena. Infatti, di regola la pena sostitutiva non può essere applicata senza il consenso espresso dell’imputato, in quanto egli se ne assume tutti gli oneri compresi quelli di rispettarne le prescrizioni e le eventuali conseguenze in caso di violazioni delle stesse. La decisione di legittimità chiarisce, invece, che nessun dubbio è coltivabile sulla validità del consenso così espresso dal luogo di detenzione. Inoltre la Pec era stata inviata dal ricorrente non solo all’Ufficio del giudice, ma anche al proprio difensore.
Infine, specificata la piena efficacia della richiesta di sostituzione inoltrata dal ricorrente, la Cassazione ha ritenuto non doverosamente chiarito da parte della Corte di appello il motivo del diniego. Perché se fosse stata la ritenuta inapplicabilità della sanzione pecuniaria espressamente richiesta, il giudice avrebbe comunque dovuto vagliare la possibilità di sostituzione con altra pena sostitutiva.

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