Penale

Pene sostitutive, il silenzio sulla richiesta in appello è impugnabile per cassazione

Mentre in assenza di esplicita domanda di avvio del subprocedimento dedicato alla sostituzione della pena il ricorrente non può dolersi del silenzio o del mancato avviso da parte del giudice sull’applicazione del beneficio

Handcuffed prisoner in jail

di Paola Rossi

In caso di giudizio di appello svoltosi in presenza, la parte che non abbia sollecitato l’apertura del subprocedimento previsto dall’articolo 545 bis del Codice di procedura penale, non può impugnare per cassazione il mancato avviso del giudice sulla possibilità di applicazione delle pene sostitutive di quella detentiva breve. Quando si tratta, invece, di appello svoltosi col rito cartolare, e vi sia stata richiesta di pena sostitutiva anche successiva alla presentazione dell’atto impugnatorio il condannato può di fronte alla Cassazione lamentare l’illegittimità del silenzio serbato dal giudice sulla richiesta.

Partendo da tali presupposti, già affermati dalla giurisprudenza post Cartabia che ha disciplinato la sostituzione della pena detentiva breve, la Corte di cassazione - con la sentenza n. 565/2025 - ha annullato con rinvio la decisione d’appello che era stata impugnata in quanto rimasta silente sull’esplicita richiesta di applicazione del beneficio.

Nel caso specifico l’imputata condannata ad alcuni mesi di detenzione aveva formulato tramite Pec, successiva al deposito dei motivi di appello, esplicita richiesta di applicazione della pena pecuniaria sostitutiva. Ma nella decisione di appello tale domanda era rimasta totalmente inevasa il che ha comportato, non l’illegittimità dell’intera sentenza comprensiva della condanna, bensì il rinvio al giudice della cognizione affinché esprima un giudizio esplicito sulla possibilità della sostituzione domandata.

Ma il giudizio di appello che si svolge, come nel caso concreto con rito cartolare, consente fino al momento delle conclusioni la possibilità di formulare l’istanza. La ricorrente aveva presentato via Pec la domanda addirittura ancor prima dell’inizio dell’udienza di secondo grado e quindi il giudice era pienamente tenuto a motivare il rigetto, che non poteva essere implicito a fronte di una domanda sottoposta alla sua attenzione. Inoltre, nel caso specifico, al momento del deposito dell’appello la Riforma non era neanche ancora in vigore.

Conclude la Cassazione facendo, tra l’altro, rilevare che il silenzio del giudice, non investito da puntuale richiesta della parte sulla possibilità di sostituzione della pena, è comunque impugnabile in quanto “diniego implicito”. E se questo risulta illegittimo la Cassazione rinvia per un nuovo giudizio con esplicita motivazione sul punto. Quindi il giudice non è obbligato a dare avviso alla parte o a statuire sul punto se, in base al potere discrezionale che ha sulla materia, non ritenga praticabile il ricorso alla sostituzione della pena, ma anche tale silenzio può essere oggetto di impugnazione e può comunque essere valutato come illegittimo.

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