Civile

Per il terzo titolare di ipoteca o di pegno costituita su un bene del fallito solo distribuzione dell'attivo

Commento alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione del 27 marzo 2023 n. 8557

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di Antonino La Lumia e Claudia Carmicino*

La Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi su una questione di particolare rilevo che, negli ultimi anni, ha acceso il dibattito di dottrina e giurisprudenza; in particolare, la Cassazione è tornata sul tema relativo alla possibilità, per il terzo titolare di ipoteca o di pegno costituiti su un bene del fallito, che si è limitato a prestare garanzia per un debito altrui (senza, dunque, assumere alcuna posizione debitoria nei confronti del creditore garantito), di far valere il proprio diritto già in fase di verificazione del passivo.

L'orientamento giurisprudenziale prevalente nel passato escludeva tale possibilità, consentendo al titolare dell'ipoteca o del pegno sui bene del fallito di concorrere alla distribuzione delle somme ricavate dalla vendita di tali immobili unitamente ai creditori fallimentari. Risalgono al 1965 le prime pronunce, che sono state confermate sino alla riforma della legge fallimentare.

Tale orientamento è stato messo in discussione in seguito alla suddetta riforma e, in particolare, alla nuova formulazione dell' art. 52, comma 2, l. fall, (che sembrava avere esteso l'accertamento previso dalla legge, ad ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare), dell'art. 108 l.fall. (non più riferito solo ai beni mobili), dell' art. 103 l.fall. (che non prevede più l'avviso di vendita ai creditori iscritti) e dell' art. 92 l.fall. (che estende anche nei confronti dei suddetti titolari di diritti reali e personali sui beni mobili o immobili di proprietà o in possesso del fallito la comunicazione del curatore).

Secondo tale giurisprudenza, dopo la riforma, i debitori del terzo potevano partecipare al procedimento di verificazione dello stato passivo.

Con la sentenza in commento , la Suprema Corte ha, tuttavia, ritenuto di dare continuità al precedente orientamento, ponendo a presupposto del proprio convincimento che i suddetti titolari di ipoteca o pegno non sono giuridicamente qualificabili quali "creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione e/o rivendica dei beni compresi nel fallimento" e, conseguentemente, il debitore del terzo non può incidere sull'intera massa del fallimento, ma può partecipare alla distribuzione del prezzo di vendita.

Tale interpretazione, a dire dei Giudici, non è contraddetta dalle novità introdotte dalla legge fallimentare, non rinvenendosi, in tale riforma, una norma "che imponga, o solo consenta, l'accertamento, nelle forme proprie della verifica del passivo, del diritto del riparto di chi vanti una nuda prelazione sul bene compreso nella massa".

La Corte ha, quindi, escluso tale possibilità, affermando il seguente principio: "I creditori titolari di un diritto di ipoteca o di pegno sui beni compresi nel fallimento costituiti in garanzia per crediti vantati verso debitori diversi dal fallito non possono, anche dopo le modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 5/2006 e del D.Lgs. n. 169/2007, avvalersi del procedimento di verificazione del passivo poiché non sono creditori del fallito, né soggetti che agiscono per la restituzione o la rivendica dei beni acquisiti al fallimento".

Corollario di tale principio è che "Questi creditori possono intervenire nel procedimento fallimentare in vista della ripartizione dell'attivo per richiedere di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione dei beni compresi nella procedura che sono stati ipotecati o pignorati".

La suddetta partecipazione sarebbe garantita dalla previsione dell' art. 107, comma 3, l. fall. , che prevede, in relazione ai beni immobili e a quelli iscritti nei pubblici registri, che sia data notizia della vendita a "ciascuno dei creditori ipotecari o comunque muniti di privilegio". Precisa la Corte che "Attraverso l'attività notiziale, dunque, i creditori in questione sono posti nella condizione di intervenire nel procedimento concorsuale e di soddisfarsi, in sede di riparto, sul ricavato della vendita del bene su cui grava la garanzia reale".

Ricevuta la suddetta comunicazione il titolare dell'ipoteca o del pegno ha "…l'onere di far valere la propria pretesa in sede concorsuale … domandando di partecipare alla distribuzione delle somme ricavate dalla liquidazione del bene stesso".

Secondo la pronuncia, tale interpretazione è coerente con il disegno del legislatore del 1942, in quanto, trattandosi di un credito vantato nei confronti di un soggetto diverso dal fallito, potrebbe essere soddisfatto in ogni momento dal debitore e la scelta di rinviare le ragioni del titolare della garanzia reale al momento in cui deve avere luogo il riparto delle spese risponde al principio di economia processuale del giudizio.

Legato a tale aspetto, vi è anche la scelta, ribadita dalla Suprema Corte, di estendere anche nei confronti del credito garantito, la verifica - in sede di riparto - sulla validità, attualità ed efficacia della garanzia reale, al fine di evitare il rischio "che il creditore trovi soddisfacimento, in sede concorsuale, per un diritto in quel momento in tutto o in parte insussistente". Compete, quindi, al curatore, nella elaborazione del progetto di ripartizione delle somme, compiere le opportune verifiche.

La Suprema Corte, nella sentenza in esame, ha poi affermato i seguenti principi: "Avverso il piano di riparto del curatore che escluda o includa (in tutto o in parte) il diritto del titolare della nuda prelazione alla distribuzione delle dette somme, il creditore ipotecario o pignoratizio e, rispettivamente, gli altri creditori interessati al riparto del ricavato della vendita del bene possono proporre reclamo a norma dell'articolo 110, comma 3, l. fall..
Il reclamo può avere ad oggetto l'esistenza, la validità e l'opponibilità al fallimento della garanzia reale, avendo anche riguardo alla sua revocabilità, oltre che l'an e il quantum del debito garantito.

Tale accertamento non richiede la partecipazione al giudizio del debitore la cui obbligazione è garantita da ipoteca o da pegno e ha un valore endoconcorsuale, essendo, come tale, non opponibile al detto debitore, restato estraneo al procedimento fallimentare, in sede di rivalsa".

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*A cura degli Avv.ti Antonino La Lumia e Claudia Carmicino (Lexalent)

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