Penale

Per il trasferimento fraudolento di valori basta l’attribuzione fittizia ad altri

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di Giuseppe Amato

Il reato di trasferimento fraudolento e possesso ingiustificato di valori (previsto dall'articolo 12-quinquies del decreto legge 8 giugno 1992 n. 306, convertito dalla legge 7 agosto 1992 n. 356) integra una fattispecie a concorso necessario caratterizzata dalla necessità del dolo specifico, che può essere commessa anche da chi non sia ancora sottoposto a misura di prevenzione e ancora prima che il relativo procedimento sia iniziato. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 17546 del 6 aprile 2017.

La configurabilità del reato - Per la suaconfigurabilità è sufficiente quindi l'attribuzione fittizia ad altri della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altre utilità, da intendersi in un'accezione ampia, che rinvia non solo alle forme negoziali tradizionalmente intese, ma a qualsiasi tipologia di atto idonea a creare un apparente rapporto di signoria tra un determinato soggetto e il bene, rispetto al quale permanga intatto il potere di colui che effettua l'attribuzione patrimoniale, per conto e nell'interesse del quale essa è operata, e che può legittimamente includere, perciò, anche un'azienda, un'attività imprenditoriale o una società, e ciò con riferimento tanto al momento iniziale dell'impresa quanto a una fase successiva, allorquando in una società sorta in modo lecito si inserisca un socio occulto, che avvalendosi dell'interposizione fittizia persegua le finalità illecite previste dalla norma incriminatrice.

L’attribuzione fittizia della titolarità - Come è noto, il reato previsto dall'articolo 12-quinquies , comma 1, del decreto legge 8 giugno 1992 n. 306, convertito con modificazioni dalla legge 7 agosto 1992 n. 356, è una fattispecie a forma libera, che si concretizza nell'attribuzione fittizia della titolarità o della disponibilità di denaro, beni o altra utilità, realizzata in qualsiasi forma al fine di eludere misure di prevenzione patrimoniali o di contrabbando ovvero per agevolare la commissione di delitti di ricettazione, riciclaggio o reimpiego di beni di provenienza illecita, con la precisazione che l'espressione attribuzione ha una valenza ampia che rinvia non soltanto alle forme negoziali tradizionalmente intese, ma a qualsiasi tipologia di atti idonea a creare un apparente rapporto di signoria tra un determinato soggetto e il denaro, i beni o le altre utilità rispetto alle quali, però, rimane intatto il potere di colui che effettua l'attribuzione o per conto o nell'interesse del quale l'attribuzione è operata. (sezione I, 10 luglio 2007, Brusca e altri; nonché, sezione I, 26 aprile 2007, Di Cataldo).

La condotta di attribuzione, finalizzata a creare una situazione di apparenza giuridica e formale della titolarità e della disponibilità dei beni, del denaro o delle altre utilità non corrispondente alla realtà, presuppone comunque, a tal fine, che il soggetto che procede all'attribuzione stessa, o nell'interesse del quale la medesima è effettuata, sia il reale
dominus, che ricorre ad atti od operazioni simulate per sottrarsi a eventuali provvedimenti ablativi previsti dalla legislazione in tema di misure di prevenzione patrimoniali o per agevolare la commissione di reati connessi alla circolazione di mezzi economici di provenienza illecita. Da ciò deriva che per la configurabilità del reato è necessario accertare l'esatta identità del reale intestatario dei beni, perché solo in tal modo è possibile apprezzare la fittizietà dell'attribuzione, da cui può farsi discendere l'addebito concorsuale a carico sia dell'intestatario reale che di quello fittizio (sezione II, sentenza 15 marzo 2013, Morra e altro).

Assolutamente pacifico, poi, è l'assunto secondo cui il dolo specifico richiesto dalla fattispecie incriminatrice, consistente (fra l'altro) nel fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione, può sussistere non solo quando sia già in atto la procedura di prevenzione, ma anche prima che la procedura sia intrapresa, quando l'interessato possa fondatamente presumerne imminente l'inizio (ancora, sezione I, 26 aprile 2007, Di Cataldo).

Corte di cassazione – Sezione I penale – Sentenza 6 aprile 2017 n. 17546

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