Piercing of corporate veil e l'abuso della personalità giuridica alla luce della nuova formulazione del novellato art. 2086 II° comma del Codice Civile
Il secondo comma dell'articolo 2086 del Codice Civile, così come introdotto dal D. Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, potrebbe offrire interessanti sviluppi a fronte del problema dell'abuso della personalità giuridica, ed in particolare a fronte di quelle condotte colpose e negligenti dei soci che vanno a ledere gli interessi dei creditori
Tra le maggiori questioni che hanno coinvolto il diritto societario negli ultimi anni, di particolare rilievo è di certo quella riguardante l'ipotesi dei soci di controllo che fanno uso della propria società provvista di responsabilità limitata, al fine di perseguire i loro interessi personali piuttosto che quelli facenti capo alla società nel suo insieme, tutto ciò in pregiudizio ai creditori sociali.
Tale rischio ha indotto dottrina e giurisprudenza a sviluppare molteplici teorie volte a risolvere quello che possiamo intendere come un abuso della personalità giuridica, un problema derivante da quel contrasto che intercorre tra una rigida interpretazione del principio della responsabilità limitata da una parte ed ogni senso di ragionevole giustizia ed equità dall'altra.
Queste teorie sono internazionalmente note con il nome metaforico di piercing the corporate veil, ossia "perforamento del velo societario", prendendo poi connotazioni autoctone a seconda dell'ordinamento di provenienza.
Nello specifico, la questione che si tenta di risolvere con tali teorie di matrice sia dottrinale che giurisprudenziale, è quella relativa al fatto se si debba o meno accettare il riconoscimento di uno "scudo societario", così come formalmente previsto dalla legge, anche a favore di quei soci che fanno uso della propria responsabilità limitata al mero fine di esimersi dai propri debiti ed obblighi personali.
Dottrina e giurisprudenza italiana hanno spesso fatto riferimento al fenomeno del "veil piercing" in relazione al problema dell'"abuso della personalità giuridica. Nel nostro ordinamento sono molteplici le teorie sviluppate per far fronte a tale problematica, molte delle quali connotate da elaborazioni di particolare astrattezza se si fa un confronto con gli altri ordinamenti. Tra le molteplici teorie formulate nel corso degli anni, si citano ad esempio, la dottrina dell'imprenditore occulto, quella che fa uso del concetto di società di fatto, di amministratore di fatto, di socio gestore e quella realizzata attraverso una revisione critica del concetto stesso di persona giuridica.
Tuttavia, tra questo ampio repertorio dottrinale, non sono state molte le teorie formalmente accettate. Autorevole giurisprudenza si è principalmente limitata a riconoscere l'applicabilità solo di quelle costruzioni dottrinali che fanno riferimento ai concetti di socio gestore e di società occulta o di fatto, secondo la quale i soci dovrebbero essere esenti da qualsivoglia responsabilità, essendo invece gli amministratori i soli soggetti responsabili in virtù dei loro poteri gestori.
Vale la pena sottolineare che le due teorie di cui si è appena fatta menzione, sarebbero tra le poche ad essere formalmente accettate in quanto, attraverso le stesse, non si andrebbe a verificare un vero e proprio superamento della personalità giuridica, disapplicando in tal modo il principio della responsabilità limitata dei soci, ma piuttosto, si andrebbe a configurare una responsabilità dei soci, parallela a quella normalmente identificabile e limitata alle loro proprie partecipazioni. Tale responsabilità parallela sarebbe attribuibile a quel socio che pone in essere condotte ritenute abusive sulla scorta dei propri poteri di controllo e gestione sulla società (caso del socio gestore) o in virtù del suo status di socio di una terza entità de facto priva di responsabilità limitata (caso della società occulta o de facto).
Su tale quadro generale, si innesta oggi anche un'altra e nuova formulazione di natura legislativa e per il momento ancora sprovvista di rilevanti interpretazioni giurisprudenziali. Si tratta del novellato secondo comma dell'articolo 2086 del Codice Civile, così come introdotto dal D. Lgs. 12 gennaio 2019 n. 14, che potrebbe offrire interessanti sviluppi a fronte del problema dell'abuso della personalità giuridica, ed in particolare a fronte di quelle condotte colpose e negligenti dei soci che vanno a ledere gli interessi dei creditori. In particolare, tale nuova disciplina, sembrerebbe estendere ai soci, parte di quei doveri normalmente gravanti sugli amministratori in virtù delle loro funzioni di governance societaria.
Nella specie, graverebbe ora sugli stessi soci il "dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa", anche (ma non solo) al fine "della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale", oltre al dovere "di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale".
A fronte della presente disamina, è lecito domandarsi in quale fattispecie di responsabilità potrebbero incorrere i soci che omettano di eseguire i suddetti doveri.
Attribuire in fatti ai soci l'incombenza di questi obblighi, potrebbe in un certo senso far intendere estesa agli stessi, parte della responsabilità che in passato è stata comunemente attribuita ai soli amministratori.
Di nuovo e sulla scorta delle teorie del socio gestore e della società occulta o di fatto, come già formate da autorevole giurisprudenza, anche con riguardo al novellato secondo comma dell'articolo 2086 potrebbero innescarsi improntati sviluppi sul piano del riconoscimento di una responsabilità parallela del socio che, oltre a rispondere nei limiti della sua propria partecipazione societaria, potrà essere assoggettato ad altro tipo di responsabilità, qualora non ottemperi al dovere di instituire gli opportuni assetti o di attivarsi per l'adozione degli strumenti previsti per il superamento della crisi nonché recupero della continuità aziendale.
Con tali premesse, ci si potrebbe di conseguenza chiedere di quale natura e tipo debba considerarsi in tal caso la responsabilità del socio. Di certo apparrebbe prematura e azzardata qualsivoglia previsione in tal senso, ma non va esclusa è la possibilità di poter disporre di una interpretazione in chiave analogica che prende in considerazione la già disciplinata responsabilità degli amministratori, soprattutto in virtù dell'articolo 2394 del codice, esercitabile dal curatore con l'opportuna azione di responsabilità a norma dell'articolo 146 della Legge fallimentare (oggi Art. 255. del Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza) . (1)
In attesa che la giurisprudenza venga investita della fattispecie e si pronunci a riguardo, è certo che il nuovo II° comma dell'articolo 2086 del Codice Civile, ha aperto lo spiraglio per nuove prospettive con riguardo alla responsabilità dei soci a fronte di una sempre più dubbia concezione di autonomia patrimoniale perfetta.
Un sensibile contributo alle soluzioni potrebbe essere ricavato dalla lettura critica della fattispecie già affrontata in altri ordinamenti, segnatamente quello statunitense, inglese, cinese e tedesco, nei quali, l'eccessivo controllo del socio, quale presupposto essenziale per realizzare una condotta abusiva, ha portato all'adozione di vari rimedi, scalfendo appunto il principio dell'autonomia patrimoniale perfetta, strettamente legata alla personalità giuridica delle società di capitali.
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*LLM China University of Political Science and Law
(1) Con tali premesse, lo sforzo della giurisprudenza dovrebbe consistere nell'assimilare gli obblighi predisposti agli amministratori, cosi come previsti dall'articolo 2394, inerenti alla conservazione ed integrità del patrimonio sociale, con i nuovi obblighi incombenti sui soci, previsti dall'articolo 2086 e consistenti come già detto nel dovere di istituire gli opportuni assetti e di attivarsi per l'adozione degli strumenti previsti per il superamento della crisi nonché recupero della continuità aziendale.