Più semplice intercettare nei reati di corruzione
Più semplice usare le intercettazioni nei procedimenti per corruzione, concussione e peculato. È l’effetto dell’articolo 6 del decreto legislativo 216/2017, che ha previsto (richiamando l’articolo 13 del decreto legge 152/1991) l’estensione alle inchieste a carico di pubblici ufficiali indagati per i più gravi reati contro la pubblica amministrazione (puniti con la reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni) delle condizioni e dei presupposti già previsti per l’utilizzo di questo mezzo di ricerca della prova nei procedimenti relativi ai reati di criminalità organizzata.
La medesima disposizione - specificando la portata dell’articolo 4 dello stesso decreto legislativo 216 - ha poi previsto la possibilità di applicare anche nei procedimenti relativi ai reati commessi dai pubblici ufficiali il captatore informatico, vale a dire il virus trojan horse che, inoculato dalla polizia giudiziaria nei dispositivi portatili (pc, tablet e telefonini), li trasforma in apparecchi audio-video-rice-trasmittenti di quanto avviene attorno a chi li possiede.
Si tratta di norme già in vigore dallo scorso 26 gennaio, a differenza delle altre disposizioni della riforma delle intercettazioni, che saranno operative solo dopo il prossimo 25 luglio.
La riforma penale (legge 103/2017) ha delegato il Governo ad adottare provvedimenti per riformare la disciplina delle intercettazioni telefoniche, disciplinare l’uso del captatore informatico (finora ammesso in base alle pronunce dei giudici, come la sentenza 26889/2016 della Cassazione a Sezioni unite) e semplificare le condizioni per l’impiego delle intercettazioni delle conversazioni e delle comunicazioni telefoniche e telematiche nei procedimenti per i più gravi reati dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione.
Nell’attuare la delega, il Governo, con il decreto legislativo 216/2017, ha selezionato i reati rispetto ai quali le nuove norme possono operare, individuandoli in quelli con pena non inferiore nel massimo a cinque anni: gli stessi per i quali, oggi, in base all’articolo 266, comma 1, lettera b, del Codice di procedura penale, sono ammissibili le intercettazioni. A questi reati il decreto legislativo 216 ha esteso lo speciale modello previsto per contrastare i reati di associazione per delinquere, semplice e di stampo mafioso.
In pratica, per i reati di corruzione (nelle diverse declinazioni), concussione, induzione indebita e peculato, è ora sempre possibile impiegare le intercettazioni, telefoniche e ambientali, a condizione che siano presenti sufficienti (e non già gravi, come per gli altri casi) indizi di reato e a condizione che esse siano necessarie (e non già assolutamente indispensabili, come per gli altri casi) ai fini dello svolgimento (e non già della prosecuzione, come per gli altri casi) delle indagini. La durata delle operazioni, a differenza di quanto previsto per le ipotesi ordinarie (fissata sempre in 15 giorni salvo proroga), è di 40 giorni (sempre prorogabili dal Gip).
Non meno significativa è, poi, la previsione che estende ai procedimenti per questi reati la possibilità di intercettare le conversazioni tra presenti che si svolgono nei luoghi di privata dimora attraverso il captatore informatico.
Mentre, però, per le intercettazioni ambientali eseguite nei luoghi privati con gli strumenti tradizionali non è richiesto il fondato motivo che in essi si stia svolgendo attività criminosa, l’intercettazione con il captatore informatico, in base all’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 216/2017, non può essere disposta se non si abbia motivo di ritenere che in quei luoghi si stia svolgendo attività criminosa.
Questo strumento - diffusamente impiegato per il contrasto dei reati di criminalità organizzata - potrebbe rappresentare un’arma potentissima a disposizione delle Procure della Repubblica impegnate nella lotta alla corruzione.