Penale

Pornografia minorile, prima della Convenzione di Lanzarote contano le modalità della ripresa

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Francesco Machina Grifeo

Ai fini della commissione del reato di pornografia minorile - nel caso mediante video registrazioni – per i fatti commessi prima dell'inasprimento della fattispecie codicistica, avvenuta nel 2012, a seguito del recepimento della Convenzione di Lanzarote, non si può eludere l'accertamento in concreto delle modalità di ripresa degli organi genitali dei minori. Lo ha chiarito la Corte di cassazione, sentenza n. 17803 di ieri, accogliendo con rinvio il ricorso di un uomo condannato a 8 anni e 2 mesi dalla Corte di appello di Messina.

Per la Terza Sezione penale infatti: "In tema di pornografia minorile, la definizione introdotta nell'articolo 600-ter del codice penale dall'art. 4, comma primo lett. h) della legge n. 172 del 1° ottobre 2012 - ratifica ed esecuzione della Convenzione di Lanzarote del 25 ottobre 2007 - si caratterizza per il suo maggior rigore rispetto a quella precedente desunta dalla legge n. 46 del 1° marzo 2002 di ratifica del Protocollo opzionale alla Convenzione sui diritti dell'infanzia stipulato a New York il 6 settembre del 2000, in quanto si contenta della rappresentazione ‘per scopi sessuali' degli organi genitali del minore e non esige più l'esibizione lasciva degli stessi".
"Pertanto – prosegue la decisione -, essa non può trovare applicazione nelle fattispecie realizzatesi prima dell'entrata in vigore della legge n. 172 del 2012".

Ed i fatti oggetto del presente giudizio sono anteriori alla modifica normativa, in quanto commessi fino al novembre 2010. Ragion per cui, prosegue la decisione, "risulta essenziale un accertamento concreto ed in fatto (non effettuato dalla sentenza impugnata) sulla strumentazione utilizzata per la realizzazione dei filmati e delle foto e sui momenti di effettiva ripresa dei minori, che non può restare nel vago, essendo l'elemento oggettivo del reato in relazione alla normativa applicabile al tempo dei commessi reati".

A tale conclusione, spiega la Corte, si arriva partendo dalle dichiarazioni contrastanti dei minori sulla partecipazione del ricorrente e sulla stessa realizzazione dei filmati. Inoltre, prosegue la sentenza, "si deve anche rilevare che nessun filmato o foto risultano rinvenuti (anche dalle perquisizioni e dai sequestri di strumentazione all'imputato)". È stato così disposto un nuovo giudizio presso la Corte di appello di Reggio Calabria.

I giudici rammentano poi che dopo la decisione a Sezioni Unite n. 51815/2018, "ai fini dell'integrazione del reato di produzione di materiale pedopornografico non è richiesto l'accertamento del concreto pericolo di diffusione di detto materiale".
E se l'articolo 7 della CEDU non consente l'applicazione retroattiva dell'interpretazione giurisprudenziale di una norma penale nel caso in cui il risultato interpretativo non era ragionevolmente prevedibile nel momento in cui la violazione è stata commessa; tuttavia la stessa decisione delle Sezioni unite citata (n. 51815/2018) esclude nel caso la sussistenza di overruling. Deve rilevarsi, scriveva infatti la Corte, che il problema dell'overruling in malam partem non viene comunque in rilievo, essendo ormai generalizzato il pericolo di diffusione del materiale realizzato utilizzando minorenni". "Con la conseguenza che l'esclusione di tale pericolo quale presupposto per la sussistenza del reato non determina in concreto un ampliamento dell'ambito di applicazione della fattispecie penale, essendo completamente mutato il quadro sociale e tecnologico di riferimento ed essendo parallelamente mutato anche il quadro normativo sovranazionale e nazionale".

Corte di cassazione - Sentenza 10 giugno 2020 n. 17803

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