Pregiudizialità tecnica, sospensione solo facoltativa dopo la sentenza di primo grado della causa pregiudicante
Lo ribadisce la Cassazione e sezioni unite con la sentenza n. 21763/2021
Laddove sussista un rapporto di pregiudizialità tecnica tra due controversie, i principi generali desumibili dagli articoli 111 Cost. e 6 Cedu impongono di restringere l'ambito di operatività della sospensione necessaria. Pertanto, una volta che la causa pregiudicante sia decisa con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio nella causa pregiudicata non è obbligatoria, ex articolo 295 c.p.c., ma può essere adottata, a seguito dell'istanza di prosecuzione ex articolo 297 c.p.c., in via facoltativa, ex articolo 337, comma 2, c.p.c.. Ad affermarlo sono le Sezioni unite della Cassazione con la sentenza n. 21763/2021, confermando così la scelta compiuta dalle stesse Sezioni unite con la precedente sentenza n. 10027/2012.
Il quesito
La vicenda che offre il destro ai giudici di legittimità di ritornare sullo spinoso tema della sospensione in caso di rapporto di pregiudizialità tra giudizi riguarda un giudizio di opposizione all'intimazione di sfratto e quello relativo alle pretese risarcitorie formulate dagli opposti, proprietari dell'immobile, per i danni patiti dal cedimento del lastrico solare sovrastante l'immobile, i quali avevano convenuto in giudizio (anche) gli stessi soggetti chiamati in causa nel giudizio di opposizione.
Dopo la sospensione del giudizio di opposizione in attesa della definizione di quello risarcitorio, ritenuto pregiudicante, giungeva la decisione di primo grado di quest'ultimo, con accoglimento delle pretese attoree e risarcimento dei danni. Presentata istanza di riassunzione da parte degli opponenti, il Tribunale confermava la sospensione, in quanto la sentenza della causa pregiudicante era stata impugnata.
Si poneva così la questione della obbligatorietà o meno della sospensione del giudizio pregiudicato in pendenza di giudizio della causa pregiudicante. Per mezzo di regolamento di competenza la soluzione del dilemma veniva affidata alle Sezioni unite che, nonostante la non ammissibilità di tale mezzo di impugnazione, ritengono di dover fornire una risposta ad una questione di massima importanza ex articolo 363 comma 3 cod. proc. civ..
La conferma della facoltatività della sospensione
Ebbene, con una decisione - che sembra più un trattato che una sentenza – la Suprema corte analizza nel dettaglio il quadro normativo, i diversi orientamenti delle giurisprudenza prima e dopo il precedente del 2012, le differenti posizioni della dottrina, finendo per confermare l'orientamento già espresso nella precedente sentenza a Sezioni unite, ritenuta un giusto bilanciamento tra diverse esigenze. La soluzione sistematicamente più coerente e più razionale è per il Collegio quella di ritenere obbligatoria la sospensione fin tanto che la causa pregiudicante pende in primo grado. Negli ulteriori sviluppi processuali, invece, si configurerà «la possibilità di sciogliere il vincolo necessario della sospensione ove una parte del giudizio pregiudicato si attivi per riassumerlo e sempre che il giudice non reputi opportuno mantenere lo stato di sospensione», facendo però ricorso all'esercizio del potere facoltativo di sospensione.
Di qui, pertanto, l'affermazione del seguente principio di diritto: «salvi i casi in cui la sospensione del giudizio sulla causa pregiudicata sia imposta da una disposizione normativa specifica, che richieda di attendere la pronuncia con efficacia di giudicato sulla causa pregiudicante, quando fra due giudizi esista un rapporto di pregiudizialità tecnica e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato non può ritenersi obbligatoria ai sensi dell'art. 295 c.p.c. (e, se sia stata disposta, è possibile proporre subito istanza di prosecuzione in virtù dell'art. 297 c.p.c., il cui conseguente provvedimento giudiziale è assoggettabile a regolamento necessario di competenza), ma può essere adottata, in via facoltativa, ai sensi dell'art. 337, comma 2, c.p.c., applicandosi, nel caso del sopravvenuto verificarsi di un conflitto tra giudicati, il disposto dell'art. 336, comma 2 c.p.c.».