Procedimento lavoro: il mancato rispetto del termine tra notifica e udienza produce nullità
La violazione del termine non minore di venticinque giorni, che deve decorrere tra la data di notifica dell'atto di appello e la data dell'udienza di discussione configura un vizio della notificazione che produce nullità e impone l'ordine di rinnovazione della notificazione stessa in applicazione dell'articolo 291 del codice di procedura civile solo in difetto di costituzione dell'appellato. Lo ha chiarito la Cassazione con sentenza n. 31077 del 30 novembre 2018. Il vizio, precisano i giudici della sezione Lavoro, resta invece sanato da detta costituzione, ancorché effettuata al solo scopo di far valere la nullità, salva la facoltà dell'appellato di chiedere, all'atto della costituzione, un rinvio dell'udienza per usufruire dell'intero periodo previsto dalla legge ai fini di un'adeguata difesa.
La decisione in esame ha anche richiamato la consolidata giurisprudenza di legittimità in materia di licenziamento disciplinare, ricordando che l'immediatezza della contestazione si configura quale elemento costitutivo del diritto di recesso del datore di lavoro, in quanto la non immediatezza della contestazione o del provvedimento espulsivo induce ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia soprasseduto al licenziamento ritenendo l'addebito non grave o comunque non meritevole della massima sanzione (Cassazione, sentenza n. 19115/2013).
Nel caso in cui sussista un rilevante intervallo di tempo tra i fatti contestati e l'esercizio del potere disciplinare, a causa della complessità dell'organizzazione aziendale e della conseguente mancanza di un contatto diretto tra il dipendente e la persona titolare dell'organo abilitato a esprimere la volontà imprenditoriale di recesso, si è precisato che detta tempestività deve essere valutata in relazione al tempo necessario per acquisire conoscenza della riferibilità del fatto, nelle sue linee essenziali, al lavoratore medesimo, la cui prova è a carico del datore di lavoro.
Cassazione – Sezione Lavoro – Sentenza 30 novembre 2018 n. 31077