Professionisti in società solo con Stp
Per poter svolgere la professione in forma societaria, i professionisti appartenenti a Ordini o Albi professionali devono necessariamente ricorrere alla società tra professionisti (Stp, legge 183/2011) e non possono utilizzare un tipo societario “ordinario”. È quanto afferma il ministero dello Sviluppo Economico nella sua nota prot. n. 415099 del 23 dicembre 2016 (nello specifico, riguardante gli odontoiatri, ma si tratta di riflessioni estensibili a tutte le professioni “protette”).
Secondo il Mise, solo la cornice normativa della Stp fornisce «puntuali parametri volti ad equilibrare e contemperare i contrastanti interessi (l’interesse all’efficienza e allo sviluppo della concorrenza, da una parte; l’interesse a tutelare l’affidamento del cliente nel momento in cui riceve servizi connotati da particolare delicatezza e “sensibilità” dall’altra) che nella fattispecie si confrontano. Parametri che, ovviamente, verrebbero completamente a mancare ove si ammettesse la possibilità di svolgere le medesime attività protette nella forma di generiche società commerciali».
Le società di persone o di capitali ordinarie (non organizzate cioè nella forma della Stp) possono quindi essere utilizzate non per il diretto svolgimento della professione protetta ma come:
a) società “di mezzi”, preordinate ad apprestare le strumentazioni materiali (immobili, arredamenti, macchinari, personale, servizi accessori) per l’esercizio d’una attività professionale; con la società di servizi il professionista stipula dunque un contratto al fine di avvalersi dei servizi della società stessa, la cui esistenza trae pertanto legittimità (si veda sul punto la sentenza di Cassazione n. 5656/1992) dalla constatazione che, rimanendo in tal caso il professionista l’unico soggetto direttamente in contatto con la propria clientela, egli soltanto fornisce la prestazione professionale, mentre alla società di mezzi compete solo un semplice ruolo organizzativo dello studio professionale;
b) società preordinate a offrire un prodotto diverso e più complesso rispetto all’opera dei singoli professionisti che pur vi operano (come potrebbe essere, ad esempio, l’esercizio di una clinica rispetto alle prestazioni di un medico o quello delle società di engineering rispetto alla prestazione di un ingegnere); esse conseguono la loro legittimità (si vedano le sentenze di Cassazione n. 566/1985, 1405/1989 e 7738/1993) dal rilievo che l’aspetto organizzativo e capitalistico risulta del tutto prevalente rispetto all’esercizio delle attività professionali “protette” che vengono svolte nel loro ambito.
In entrambi i casi non viene dunque compromesso il carattere personalissimo che deve caratterizzare la prestazione professionale né, in definitiva, il prestigio stesso che la professione “protetta” deve avere per meritare la fiducia del pubblico: cioè nessuno di quei valori a tutela dei quali la legge vieta l’esercizio delle “professioni protette” nelle forme della ordinaria società commerciale.
La nota del Mise n. 415099 è rilevante anche perché, oltre ad affermare il principio secondo cui la libera professione in forma societaria richiede necessariamente la forma della Stp, conferma alcuni altri aspetti relativi all’esercizio collettivo della professione da parte di soggetti iscritti a Ordini e Albi professionali; più precisamente, si ribadisce che:
anche a valle della legge 183/2011 e al cospetto dell’abrogazione della legge 1815/1939 (e cioè l’unica norma civilistica che nel nostro sistema legittimava l’esercizio associato della libera professione), è tuttora possibile per i professionisti unirsi sotto forma di «associazione professionale» o «studio associato»;
la legge 183/2011 consente che qualsiasi tipologia societaria possa essere conformata quale Stp, e quindi l’abito della società tra professionisti può essere indifferentemente cucito sulla società semplice, sulla Snc, sulla società in accomandita semplice e per azioni, sulla Srl, sulla Spa e sulla società cooperativa; evidentemente, dall’adozione di ciascuna di queste tipologie discende l’applicazione della specifica disciplina disposta dal Codice civile per ognuna di esse.
Ministero dello Sviluppo Economico - Nota prot. n. 415099 del 23 dicembre 2016