Civile

Prova civile: sulle domande di chiarimenti rivolte dal giudice al testimone

immagine non disponibile

a cura della Redazione Lex 24

Prova civile - Interrogazione del testimone - Domande di chiarimenti rivolte dal giudice - Limiti - Inosservanza - Nullità della prova - Rilevabilità ad opera della parte interessata - Condizioni.
Il giudice, nell'avvalersi della facoltà di cui all'art. 253, I comma, cod. proc. civ., rivolgendo al teste le domande utili a chiarire i fatti oggetto della sua deposizione, non può, in ogni caso, supplire alle deficienze del mezzo istruttorio proposto ed ammesso, senza, peraltro che, ove detto limite sia stato valicato, la conseguente nullità possa essere rilevata d'ufficio, sicché la parte, ove abbia rinunciato, implicitamente, con il proprio contegno processuale, o esplicitamente, a dolersi dell'inosservanza delle regole relative alla deduzione ed escussione della prova, non può in seguito elevare tale inosservanza a motivo di impugnazione verso la sentenza, che resta sanata per effetto di acquiescenza.
•Corte di cassazione, sezione II, sentenza 12 giugno 2015 n. 12192

Prova civile - Testimoniale - Formulazione di domande utili al chiarimento dei fatti - Facoltà del giudice - Mancato esercizio in assenza di sollecitazione della parte - Conseguenze - Non deducibilità come motivo di impugnazione.
L'articolo 253 cod. proc. civ. riconosce al giudice la facoltà, di ufficio o su istanza di parte, di rivolgere al teste le domande che egli ritiene utili per chiarire i fatti sui quali quest'ultimo è chiamato a deporre, senza che il mancato esercizio di ufficio di tale facoltà (qualora non vi sia stata un'istanza di parte funzionale ad ottenere tali chiarimenti) possa, peraltro, essere oggetto di impugnazione, costituendo essa espressione di un potere meramente discrezionale del giudice.
•Corte di cassazione, sezione III, sentenza 6 aprile 2005 n. 7109

Prova civile - Poteri del giudice - Ammissione della prova - Requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli di prova - Indagine del giudice di merito.
Al fine della ammissione della prova testimoniale, l’indagine del giudice di merito sui requisiti di specificità e rilevanza dei capitoli formulati dalla parte istante, va condotta non soltanto alla stregua della letterale formulazione dei capitoli medesimi, ma anche ponendo il loro contenuto in correlazione agli altri atti di causa ed alle deduzioni dei contendenti, nonché tenendo conto della facoltà di chiedere chiarimenti e precisazioni ai testi, ai sensi dell’art. 253 cod. proc. civ.
•Corte di cassazione, sezione III, sentenza 29 settembre 1995 n. 10272

Prova civile - Poteri del giudice - Prova per testimoni- Domande di chiarimento - Facoltà del giudice di porre domande di chiarimento - Limiti - Superamento dei limiti - Conseguenze.
Il giudice in virtù della facoltà concessa dal II comma dell'articolo 253 cod proc civ può rivolgere al teste, d'ufficio o su istanza delle parti, tutte le domande che ritiene utili a chiarire i fatti sui quali il teste e chiamato a deporre; tale facoltà non può estendersi sino al punto di supplire alle deficienze del mezzo istruttorio proposto ed ammesso. Ove il limite sia stato travalicato, la nullità che potrebbe derivarne non è rilevabile d'ufficio dal giudice. e la parte che implicitamente, con il proprio contegno processuale (o esplicitamente) abbia rinunciato a dolersi dell'inosservanza di regole e formalità relative alla deduzione ed escussione della prova testimoniale, non può successivamente elevare tale inosservanza a motivo di impugnazione verso la sentenza, dovendosi ritenere sanata detta inosservanza per effetto di acquiescenza.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 26 giugno 1976 n. 2401

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©