Prove: rilevanza e valutazione probatoria della chiamata in correità
Prove - Chiamata di correo - Valutazione della prova - Chiamata in correità - Rilevanza probatoria - Riscontri esterni - Caratteristiche.
In tema di chiamata in correità, i riscontri dei quali necessita la narrazione, possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente e, quindi, anche da altre chiamate in correità, purché la conoscenza del fatto da provare sia autonoma e non appresa dalla fonte che occorre riscontrare, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioè riguardare non soltanto il fatto-reato, ma anche la riferibilità dello stesso all'imputato, mentre non è richiesto che i riscontri abbiano lo spessore di una prova “autosufficiente” perché, in caso contrario, la chiamata non avrebbe alcun rilievo, in quanto la prova si fonderebbe su tali elementi esterni e non sulla chiamata di correità.
•Corte di cassazione, sezione III, sentenza 28 ottobre 2014 n. 44882
Prove - Chiamata di correo - Chiamata in correità o in reità “de relato” - Assenza di conferma della fonte diretta per impossibilità - Riscontro - Altra chiamata “de relato” - Legittimità - Condizioni.
La chiamata in correità o in reità “de relato”, anche se non asseverata dalla fonte diretta, il cui esame risulti impossibile, può avere come unico riscontro, ai fini della prova della responsabilità penale dell'accusato, altra o altre chiamate di analogo tenore, purchè siano rispettate le seguenti condizioni: a) risulti positivamente effettuata la valutazione della credibilità soggettiva di ciascun dichiarante e dell'attendibilità intrinseca di ogni singola dichiarazione, in base ai criteri della specificità, della coerenza, della costanza, della spontaneità; b) siano accertati i rapporti personali fra il dichiarante e la fonte diretta, per inferirne dati sintomatici della corrispondenza al vero di quanto dalla seconda confidato al primo; c) vi sia la convergenza delle varie chiamate, che devono riscontrarsi reciprocamente in maniera individualizzante, in relazione a circostanze rilevanti del “thema probandum”; d) vi sia l'indipendenza delle chiamate, nel senso che non devono rivelarsi frutto di eventuali intese fraudolente; e) sussista l'autonomia genetica delle chiamate, vale a dire la loro derivazione da fonti di informazione diverse.
•Corte di cassazione, sezioni Unite penali, sentenza 14 maggio 2013 n. 20804
Prove- Disposizioni generali - Valutazione - Dichiarante affetto da patologie psichiatriche - Fattispecie.
La capacità dell'imputato e del testimone di rendere dichiarazioni va valutata in concreto, non in astratto. Ne consegue che soltanto quando il giudice disponga di concreti elementi per stabilire che il dichiarante sia assolutamente incapace di rendere dichiarazioni, opera il divieto di assumerne le dichiarazioni; diversamente, in presenza di una patologia psichiatrica che non renda il dichiarante incapace, le sue dichiarazioni, se valutate con particolare rigore, possono essere ritenute attendibili ed utilizzate a fini probatori. (Fattispecie relativa a dichiarazioni rese da chiamante in reità o correità dedito all'assunzione di sostanze stupefacenti, ma affetto da sintomatologia ritenuta non tale da far dubitare delle sue facoltà mentali).
•Corte di cassazione, sezione II, sentenza 2 aprile 2012 n. 12195
Prove - Chiamata di correo - Valutazione probatoria della chiamata in correità - Requisiti - Indicazione.
Ai fini di una corretta valutazione della chiamata in correità il giudice è tenuto a seguire un preciso ordine logico: a) in primo luogo, deve affrontare e risolvere il problema della credibilità del dichiarante in relazione, tra l'altro, alla sua personalità, alle sue condizioni socio-economiche, al suo passato, ai suoi rapporti con il chiamato in correità, nonché alla genesi, prossima e remota, delle ragioni che lo hanno indotto alla confessione e all'accusa dei coautori e dei complici; b) in secondo luogo, deve verificare l'intrinseca consistenza e le caratteristiche delle sue dichiarazioni, alla luce di criteri quali quelli, ad es., della precisione, della coerenza, della costanza e della spontaneità; c) infine, egli deve procedere all'esame dei riscontri cosiddetti esterni.
•Corte di cassazione, sezione VI, sentenza 7 maggio 2012 n. 16939
Prove - Chiamata di correo - Chiamata in correità o in reità - Valore di prova “ex se” - Esclusione - Riscontri - Necessità - Qualità - Descrizione.
La chiamata in correità o in reità non può di per sè sola costituire prova piena della responsabilità e necessita di riscontri, che possono essere costituiti da qualsiasi elemento o dato probatorio, sia rappresentativo che logico, a condizione che sia indipendente, potendo quindi risolversi in altre chiamate in correità purchè totalmente autonome, ed a condizione che abbia valenza individualizzante, dovendo cioè riguardare non soltanto il fatto reato ma anche la riferibilità dello stesso all'imputato.
•Corte di cassazione, sezione I, sentenza 18 gennaio 2007 n. 1263
Prove - Chiamata di correo - Chiamata in correità - Requisiti - Riscontri esterni individualizzanti - Necessità.
La chiamata in correità posta a fondamento di un'affermazione di responsabilità richiede che il giudice affronti e risolva, anzitutto, il problema della credibilità del dichiarante in relazione, tra l'altro, alla sua personalità, alle sue condizioni socio-economiche, al suo passato e ai suoi rapporti con il chiamato in correità nonché alla genesi e alle ragioni che lo hanno indotto alla confessione e all'accusa dei coautori e complici; in secondo luogo, il giudice deve verificarne l'intrinseca consistenza e le caratteristiche, alla luce di criteri quali, tra gli altri, quelli della spontaneità ed autonomia, precisione, completezza della narrazione dei fatti, coerenza e costanza; infine, egli deve verificare i riscontri esterni, i quali sono realmente rafforzativi della chiamata in quanto siano individualizzanti e, quindi, inequivocabilmente idonei ad istituire un collegamento diretto con i fatti per cui si procede e con il soggetto contro il quale si procede.
•Corte di cassazione, sezione V, sentenza 21 settembre 2006 n. 31442