Psicologi: esercizio abusivo per il guru della psico-setta Arkeon
Per il reato di esercizio abusivo della professione di psicologo non serve un metodo, bastano un fine e un presupposto: la diagnosi e la cura dei disturbi psichici. La Corte di cassazione, partendo da questo principio, conferma la condanna del guru fondatore della psico-setta Archeos per associazione a delinquere ed esercizio abusivo della professione di psicologo. La Suprema corte, con la sentenza 39339 ha, prima di tutto affermato il diritto dell’Ordine degli psicologi di costituirsi parte civile nel processo, respingendo l’obiezione sul punto del ricorrente. La costituzione è, infatti, possibile quando non si fonda solo sulla lesione degli interessi morali della categoria, ma anche sul danno patrimoniale che deriva, pur se indirettamente, ai professionisti dalla concorrenza sleale della persona non abilitata. E per i giudici era certamente concorrenza sleale ed esercizio abusivo della professione «il percorso di sviluppo e conoscenza personale» propagandato nei seminari di Archeon. Percorsi che, secondo la difesa, altro non erano che un’evoluzione del Reiki, la pratica spirituale usata come terapia alternativa ai mali del corpo e della mente. I giudici di appello avevano verificato, che i frequentatori si rivolgevano all’”associazione” con la speranza di risolvere i loro problemi psicologici attraverso la psicoterapia. Un “sostegno” che i “maestri” non negavano «andando a scandagliare nella sfera più intima e nascosta degli adepti insinuando atroci sospetti sul loro passato». Da una relazione tecnica della Procura del Tribunale di Bari, emerge che, secondo i “maestri” erano in genere i genitori a trasmettere valori perversi ai figli, quasi sempre la madre che, in quanto donna, era dedita a relazioni prevalentemente perverse. L’unica funzione nobile riconosciuta al gentil sesso era quella di essere una terra fertile destinata a dare vita al figlio del Guerriero.
Il risultato di una “introspezione” tanto “illuminata” non era la ricercata serenità ma uno sconvolgimento e gravi rischi per la stabilità psichica dei frequentatori dei seminari. Non stupisce la costituzione di parte civile degli psicologi. La Cassazione afferma che l’articolo 348 del Codice penale, sull’esercizio abusivo della professione, è una norma in bianco, da combinarsi con le altre che regolano le professioni per le quali è prevista l’abilitazione. Chiarito che per fare lo psicologo serve una specifica laurea o una laurea in medicina e chirurgia, più i dovuti corsi di specializzazione, i giudici negano che sia necessario, per contestare il reato, l’uso di modalità particolari, scientificamente collaudate o meno. Basta infatti che la condotta abbia come presupposto la diagnosi e come fine la cura. La norma è tesa, infatti, ad evitare che la salute psichica del paziente sia messa a rischio da chi può “manipolarla” danneggiandola.
Il danno per l’Ordine degli psicologi era evidente dall’esame della struttura e del modus operandi di Arkeos. Passaparola, volantini, “pubblicità” via internet, presentazioni gratuite dei corsi: tutto era finalizzato a raccogliere più partecipanti possibile per massimizzare i profitti. Gli adepti dopo aver «investito un rilevante capitale» nei seminari, restavano legati al gruppo anche nella speranza di far fruttare anche loro, una volta diventati finalmente maestri, il titolo rilasciato dal guru. Il tutto dimostra «sia il dolo del delitto-fine in esame che quello di associazione a delinquere».
Corte di cassazione – Sentenza 39229/2017