Punteggi alterati in graduatoria, contratto nullo anche se il lavoratore è ignaro dell'illecito
Se i punteggi di un concorso pubblico sono stati alterati, determinando così una posizione utile in graduatoria per l'assunzione del lavoratore, il contratto di lavoro sottoscritto è nullo per violazione di norme imperative, a prescindere dalla responsabilità nell'alterazione o della consapevolezza dell'illecito da parte del lavoratore. Ad affermarlo è la Sezione lavoro della Cassazione, con la sentenza n. 20416, depositata ieri.
I fatti - La controversia prende le mosse dal licenziamento irrogato dall'Ama, società operante nel servizio di raccolta rifiuti del Comune di Roma, nei confronti di due dipendenti, la cui posizione in graduatoria utile per l'assunzione era stata alterata, così come accertato con sentenza del Tribunale penale di Roma, poi confermata in appello. In sostanza, i due lavoratori avevano conseguito un punteggio inferiore alla soglia di idoneità e non avrebbero potuto essere assunti, sicché i rispettivi contratti di lavoro dovevano ritenersi nulli.
I giudici di merito, sia in primo che in secondo grado, ritenevano del tutto legittima la decisione della società interamente partecipata dal comune capitolino, in quanto l'alterazione del punteggio aveva violato «i principi di imparzialità, di economicità, di trasparenza e di pari opportunità garantiti dall'art. 35 del TUPI», integrando così una causa di nullità, ex articolo 18 del Dl 112/2008, allora applicabile alla fattispecie. Per i lavoratori, invece, il licenziamento era a tutti gli effetti discriminatorio, dato che non era stato accertato se gli stessi dipendenti avessero partecipato o meno alla alterazione dei punteggi.
La decisione - La questione giunge così in Cassazione, dove i giudici di legittimità sgombrano il campo da ogni dubbio confermando il doppio verdetto di merito. Nello specifico, la Corte spiega che la presunta mancata partecipazione dei ricorrenti alla alterazione dei punteggi non ha alcuna rilevanza ai fini del licenziamento. Difatti, la massima sanzione disciplinare è stata irrogata per violazione di una norma imperativa, ovvero l'articolo 35 del TUPI, norma che impone «l'individuazione del contraente sulla base di una graduatoria formulata all'esito della procedura concorsuale nel rispetto dei criteri imposti dalla legge e dal bando». In sostanza, chiosano i giudici di legittimità, la nullità della procedura concorsuale per violazione di norme imperative di legge costituisce causa di nullità dei contratti sottoscritti in esito a tale procedura indipendentemente dalla circostanza che gli odierni ricorrenti vi abbiano dato causa e a prescindere anche dal fatto che delle irregolarità commesse nella procedura concorsuale abbiano avuto consapevolezza».
Corte di cassazione – Sezione lavoro – Sentenza 29 luglio 2019 n. 20416