Civile

Rafforzati divieto di ritorsione e tutela dell’identità dei whistleblower

Nullo il licenziamento legato a segnalazioni e divulgazioni regolate dalla normativa. Alleggerito l’onere probatorio in capo al segnalante in ambito processuale

di Angelo Zambelli

Il Dlgs 24/2023, attuativo della direttiva europea sul whistleblowing, opera un cambio di rotta sul tema, oggi centrale nell’ordinamento e prima, invece, ritagliato in soli tre commi di una disposizione focalizzata su tutt’altro, poiché inserita nel Dlgs 231/2001 relativo alla responsabilità da reato degli enti.

L’intervento normativo, si inserisce tra i molti che costituiscono quella che ormai può essere definita una vera e propria tendenza alla trasparenza del legislatore nazionale, sull’onda di una forte spinta dell’Unione europea in questo senso: incentivando la segnalazione di illeciti, infatti, si favorisce un controllo diffuso della legalità in azienda, in un'ottica di maggiore trasparenza gestionale. Il nuovo Dlgs ha dovuto occuparsi di creare le condizioni affinchè ciò possa avvenire, secondo tre direttrici.

In primo luogo, è stato modificato l’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo della normativa. Il catalogo delle violazioni che possono essere oggetto di segnalazione non è più limitato, infatti, all’elenco dei reati-presupposto del Dlgs 231/2001, ma comprende le violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’ente privato (con alcune esclusioni specificate nel decreto).

Sotto un profilo soggettivo, il Dlgs 24/2023 ha agito sulla platea degli enti tenuti al rispetto della disciplina del whistleblowing, rendendola per la prima volta obbligatoria su larga scala nel settore privato (per il dettaglio si veda la scheda allegata in fondo a questo articolo). Si registra altresì l’estensione del perimetro della protezione offerta, prevista non più solo in favore del whistleblower vero e proprio, ma anche di persone che hanno in qualche modo “facilitato” la segnalazione o, ancora, di chi ha effettuato una divulgazione pubblica, senza passare dai canali di segnalazione interni o esterni (sebbene solo nel rispetto di certe condizioni).

Secondariamente, la nuova normativa ha agito sulla procedura di segnalazione, specificando nel dettaglio i requisiti per la predisposizione e la gestione del canale interno e prevedendo anche un coinvolgimento dei sindacati. È stato, poi, aggiunto un canale di segnalazione esterno presso l’Anac.

A ben vedere, la direttrice più importante è quella relativa all’approfondimento della tutela offerta al whistleblower (e agli altri soggetti equiparati). Il focus della protezione rimane quello garantito dalla normativa precedente, incentrato sulla tutela della riservatezza dell’identità del segnalante e sul divieto di ritorsioni (con riflessi altresì processuali, quali l’alleggerimento dell’onere probatorio in capo al segnalante). Tali profili vengono, però, maggiormente valorizzati (si veda la scheda), financo modificando l’articolo 4 della legge 604/1966 sul licenziamento.

Si registrano anche profili di novità rispetto al precedente quadro normativo, con la predisposizione di un sistema sanzionatorio volto a rendere effettiva la disciplina, oltre che con la previsione dell’offerta di misure di sostegno (consistenti in informazioni, assistenza e consulenze sulla disciplina in materia di whistleblowing) da parte di enti del Terzo Settore.

Dal 15 luglio 2023 (data di entrata in vigore della normativa), sarà possibile valutare se il nuovo decreto avrà costituito una vera rivoluzione o soltanto un aggravamento della burocrazia aziendale.

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