Responsabilità

Rafting, l'organizzatore non risponde per l'incidente se ha informato dei pericoli

Ciò che si può richiedere alla società è di fornire adeguate istruzioni e preparazione a tutti i partecipanti, al fine di renderli edotti sui rischi dell'attività

di Andrea Alberto Moramarco

Chi decide di partecipare a una discesa in rafting accetta il rischio di partecipare a una attività sportiva pericolosa. Pertanto, in caso di incidente, non è possibile chiedere il risarcimento dei danni alla società organizzatrice, se questa ha fatto tutto quanto in suo potere per ridurre al minimo il rischio di sinistri, informando tutti i partecipanti dei pericoli dell'attività, istruendoli su quali comportamenti adottare per evitarli e fornendo loro tutto l'equipaggiamento necessario. Questo è quanto emerge dalla sentenza n. 262/2020 del Tribunale di Bolzano.

I fatti - Protagonista della vicenda è una signora tedesca che, durante una sua vacanza in Italia, decideva di partecipare a un discesa in rafting organizzata da una società di eventi. Al termine del percorso, che presentava una media difficoltà, il gommone giunse a un punto di attracco caratterizzato da una riva scoscesa e grossi massi scivolosi. Una volta sbarcati, mentre proseguiva verso il punto di raccolta, la signora scivolò procurandosi una lesione a un braccio. Successivamente l'incidente finiva al vaglio del Tribunale, a cui la donna chiedeva la condanna della società organizzatrice al completo ristoro dei danni subiti. Quest'ultima, tuttavia, negava ogni forma di responsabilità, sostenendo di avere adeguatamente istruito i partecipanti alla gita dei pericoli della disciplina e delle cautele da osservare, nonché fornito a tutti l'equipaggio necessario.

Il rafting è attività pericolosa - Il Tribunale ritiene infondata la pretesa risarcitoria, sottolineando come la società organizzatrice della gita sia esente da ogni responsabilità avendo fatto tutto quanto in suo potere per scongiurare ogni incidente. Ebbene, per il giudice punto di partenza sta nella natura dell'attività sportiva praticata. Il rafting, infatti, è considerato pacificamente dalla giurisprudenza di legittimità come una attività pericolosa, dovendosi percorrere fiumi con caratteristiche torrenziali e con presenza di rapide.
Di conseguenza, deve essere presa in considerazione la disciplina di cui all'articolo 2050 cod. civ., che individua una responsabilità oggettiva dell'esercente l'attività, salvo che questi non provi di aver ridotto al minimo o comunque tentato di evitare il rischio concreto del verificarsi del danno a terzi. Inoltre, nella fattispecie, si aggiunge altresì la responsabilità contrattuale ex articolo 1218 cod. civ., onde spetta al contraente asseritamente inadempiente provare di aver adempiuto correttamente alla propria prestazione.

L'obbligo di informare sui rischi dell'attività - Ciò posto, nel caso di specie, non può pretendersi che obbligazione contrattuale della società organizzatrice sia quella di eliminare totalmente ogni rischio di una attività pericolosa che un soggetto ha liberamente scelto di esercitare. Ciò che si può richiedere alla società è di fornire adeguate istruzioni e preparazione a tutti i partecipanti, al fine di renderli edotti della pericolosità dell'attività, nonché istruirli sui rischi cui potrebbero andare incontro e sui comportamenti da adottare in tali evenienze. Ebbene, proprio questo, secondo il Tribunale, è accaduto nel caso di specie: la società organizzatrice ha fatto tutto quanto previsto per informare la signora sui pericoli dell'attività di rafting in generale, nonché sui rischi connessi allo sbarco nel punto esatto dove è avvenuto l'incidente.
In definitiva, chiosa il giudice, lo scivolamento sui sassi bagnati in riva al torrente rappresenta un rischio che rientra nella normale alea contrattuale che la signora si è assunta nel momento in cui ha deciso di concludere il contratto relativo all'attività pericolosa.

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