Reati a querela, l’aggravante contestata a cavallo della riforma Cartabia radica la procedibilità d’ufficio
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 24370 depositata oggi, affermando che, per via della assenza di attività processuale, la pubblica accusa non aveva possibilità di assumere l’iniziativa necessaria per adeguare l’imputazione alle nuove regole
La stretta della riforma Cartabia sui reati a procedibilità d’ufficio, con il conseguente proscioglimento in assenza di querela, non può applicarsi al caso in cui la contestazione dell’aggravante da parte del Pm (che rende il reato ancora procedibile d’ufficio) sia avvenuta a cavallo dell’entrata in vigore della riforma ed in particolare in un periodo di stasi giurisdizionale a cause dei diversi rinvii disposti dal giudice.
Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza n. 24370 depositata oggi, accogliendo il ricorso del Pg presso la Corte di appello di Catania contro la sentenza del Tribunale di Siracusa che aveva dichiarato non doversi procedere per difetto di querela nei confronti di un uomo imputato per il reato di furto di energia elettrica.
Per l’accusa il Tribunale avrebbe illegittimamente ritenuto tardiva, in quanto effettuata successivamente alla scadenza del termine fissato dall’art. 85 Dlgs n. 150 del 2022 senza che la persona offesa avesse presentato querela, la contestazione supplettiva svolta dal PM all’udienza del 29 novembre 2023 (ai sensi dell’art. 517 c.p.p.) relativa all’aggravante (art. 625 n. 7 c.p.) della destinazione al pubblico servizio dell’energia elettrica sottratta dall’imputato, circostanza dalla cui contestazione discendeva la procedibilità d’ufficio del reato.
E la Quinta Sezione penale gli ha dato ragione. Infatti, si legge nella sentenza, il processo a carico dell’imputato era stato fissato, con decreto del 10 ottobre 2022, per l’udienza del 29 novembre 2023, nel corso della quale il Pm ha proceduto alla contestazione dell’aggravante idonea a determinare la procedibilità di ufficio. È dunque da escludere che il titolare dell’azione penale abbia avuto modo di procedere alla contestazione tempestiva nella pendenza del termine assegnato dall’art. 85 Dlgs n. 150 del 2022 per proporre la querela in conseguenza del mutato regime di procedibilità del reato.
“Negare dunque, come ha fatto il Tribunale ritenendo ‘tardiva’ la contestazione supplettiva, gli effetti di tale legittimo atto propulsivo del pubblico ministero, in ragione dell’operatività della causa di improcedibilità ‘ora per allora’, anche in casi, come quello in esame, nei quali - in ragione della assenza assoluta di attività processuale da un momento antecedente alla entrata in vigore della riforma Cartabia (30 dicembre 2022) ad un momento successivo a quello di maturazione effettiva della nuova causa di improcedibilità (30 marzo 2023), per rinvii disposti dal giudice - la pubblica accusa non aveva possibilità alcuna di assumere l’iniziativa necessaria per adeguare l’imputazione alle nuove regole, è frutto di una interpretazione irragionevolmente discriminatoria e in conflitto col dovere, costituzionalmente imposto, del titolare dell’azione penale di esercizio e proseguimento della stessa azione”.
Va dunque ribadito, prosegue la decisione, il principio per cui è affetta da nullità assoluta, la sentenza di proscioglimento per carenza della condizione di procedibilità del reato, nel caso in cui il giudice abbia consentito l’interlocuzione delle parti solo sulla questione della procedibilità, ritenendo irrilevante, poiché tardiva, la modifica dell’imputazione da parte del pubblico ministero, dovendo il giudice tenere conto della contestazione suppletiva di un’aggravante che renda il reato procedibile di ufficio, nonché valutare le sopravvenienze istruttorie acquisite nel corso del giudizio (n. 14710/2024).
Conseguentemente la sentenza impugnata è stata essere annullata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Siracusa, considerato che, a seguito della validità della contestazione suppletiva, il giudice doveva disporre la notifica del verbale dell’udienza all’imputato non presente, notifica la cui omissione ha determinato una nullità che avrebbe comportato, in sede d’appello, l’annullamento della sentenza.