Penale

Reati tributari, Società schermo e sequestro

La pronuncia oggetto di commento (Cassazione 34956/2020) offre interessanti spunti di riflessione in merito al tema del sequestro

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di Mattia Miglio, Paolo Comuzzi


La vicenda può essere così descritta: il Tribunale di Firenze rigetta la richiesta di riesame di un provvedimento di sequestro che "… era finalizzato alla confisca per equivalente del profitto del reato continuato di cui all'art. 2 d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74 commesso da altre persone (…), nell'esercizio dell'impresa individuale …, negli anni 2016, 2017 e 2018. La misura è' stata espressamente disposta ed eseguita anche sulle quote della … Srl intestate all'odierno ricorrente e sui beni di proprietà della stessa … Srl - soggetti entrambi estranei ai reati ipotizzati - sul rilievo che si trattasse di valori e beni nella disponibilità dell'indagato …".

In sostanza abbiamo un provvedimento di sequestro che si estende su beni che non sono immediatamente riferibili all'indagato ma, questo il punto, che si assumono essere comunque nella sua disponibilità.

Nel presentare ricorso per cassazione, la difesa deduceva i seguenti rilievi:

1) da un lato, si rilevava che il ricorrente - attestando così la sua qualifica di socio vero - aveva effettuato dei finanziamenti alla società (la S.r.L.) le cui quote erano oggetto del sequestro; 2) sotto altro versante, la S.r.L. le cui quote erano oggetto di sequestro non poteva considerarsi come un mero "…"apparato societario fittizio/interposto, utilizzato dal … per schermare le proprie disponibilità patrimoniali/economiche frutto dei reati di frode fiscale", asserendo che "…Del tutto improprio, del resto, era il tentativo di applicare il concetto della "società schermo" ad una società estranea alla commissione di qualsiasi delitto, trattandosi di concetto elaborato dalla giurisprudenza unicamente per le società utilizzate dal proprio amministratore per commettere delitti e per "schermare" nei propri patrimoni gli illeciti profitti così conseguiti, vale a dire per ipotesi ben diverse da quella in esame, pacifico essendo che nessun profitto di reato era stato conseguito mediante illecite modalità di amministrazione della (omissis) Srl tale da trasmigrare nel patrimonio di quest'ultima …".


Come si può leggere, la Cassazione respinge tale impostazione e conferma le conclusioni raggiunte dai giudici di merito: la S.r.l. deve ritenersi di proprietà dell'indagato (e non del ricorrente), dal momento che il ricorrente era " … già dipendente dell'impresa individuale [del soggetto indagato – ndr] di fatto al primo riconducibile, è stato ritenuto, in forza di un serio ed articolato compendio indiziario (cfr. pagg. 2 e 3 del provvedimento impugnato), quale suo mero prestanome, non solo nel ricoprire la formale veste di amministratore della Società, ma anche quale apparente socio che l'avrebbe costituita e che era intestatario delle relative quote. La S.r.L., presentata ai clienti della … - che era gravata da pesanti debiti fiscali - come semplice "variazione della ragione sociale" della ditta individuale, ne proseguì, quale nuovo soggetto giuridico, l'attività di destinataria di commesse di noti marchi di moda, consentendo così all'indagato … di aggirare le pretese da parte dell'amministrazione finanziaria convogliando i profitti, anche illeciti, ed il valore dell'azienda di … nel patrimonio del nuovo soggetto giuridico…".

Proseguendo la disamina, la Suprema Corte conferma la natura di società schermo dela s.r.l. rispetto all'allocazione delle risorse economiche dell'indagato e provenienti dagli illeciti fiscali a questo contestati: si legge infatti che "i beni aziendali ed i valori economici e finanziari della S.r.L. sono stati ritenuti, già dal g.i.p., riconducibili all'indagato … per essere stato utilizzato uno schermo societario fittizio/interposto volto ad occultare, anche attraverso il ricorso al prestanome quale intestatario delle quote della Srl unipersonale, disponibilità economico-patrimoniali invece riferibili al suddetto [indagato – ndr]…, «provenienti dall'attività imprenditoriale svolta con successo ed esentasse all'insegna …" (pag. 3 dell'ordinanza, che richiama sul punto il decreto di sequestro) ed allocate in capo al nuovo soggetto societario, dal medesimo di fatto amministrato, «che si configura come un espediente fraudolento per aggirare la pretesa dell'amministrazione finanziaria» …".

Sempre in relazione alla nozione di "società schermo", la Cassazione poi prende spunto dalla nota sentenza Gubert, affermando che tale sentenza ha ammesso " «la confisca per equivalente di beni della persona giuridica per reati commessi dai suoi organi nella sola ipotesi in cui la persona giuridica stessa sia in concreto priva di autonomia e rappresenti un mero schermo attraverso cui l'amministratore agisce come effettivo titolare», ciò che nella specie è stato efficacemente argomentato con riguardo ai rapporti tra … (indagato – ndr) e la sua "creatura" S.r.L….".

Prendendo spunto da tale considerazione, si legge così che "il ricorrente erra, di fatti, allorquando afferma che indispensabile presupposto del richiamo a tale schema sia che l'amministratore abbia commesso il reato che origina il profitto della cui confisca si tratti (eventualmente preceduta da sequestro preventivo) nell'ambito della gestione di quella società-schermo, circostanza, questa, che pacificamente non ricorre nel caso di specie e che il giudice del merito cautelare non ha mai sostenuto …".

Ragion per cui, "non v'è, per contro, alcuna ragione che impedisca di farne applicazione laddove la confisca per equivalente è riferita al profitto di un reato che l'amministratore e sostanziale titolare della società-schermo abbia commesso in una diversa veste, vale a dire quale amministratore di altra società, ovvero indipendentemente dallo svolgimento di funzioni amministrative di enti: ciò che conta, cioè, non è il legame tra commissione del reato ed operatività della società-schermo, ma la riferibilità di quest'ultima e dei beni e valori del suo patrimonio al soggetto, chiamato a subire la confisca per equivalente del profitto del reato da lui commesso, che di quelle utilità abbia la concreta disponibilità quale amministratore (anche soltanto di fatto) dell'ente, attraverso il quale, come mero soggetto interposto, l'autore del reato opera nella realtà economica …".

Ne consegue quindi che "il principio di diritto affermato dalla sentenza Gubert, cioè, impedisce che uno schermo societario meramente fittizio valga ad escludere la riconducibilità al reo di beni ed utilità formalmente e fittiziamente intestati a quel soggetto giuridico e di cui il medesimo comunque "ha la disponibilità" nel senso richiesto dall'art. 322 ter cod. pen. (e, oggi, dall'art. 12 bis d.lgs. 74 del 2000) ".

In conclusione, appare chiaro che il tentativo di occultamento dei beni nell'ambito del patrimonio di una nuova e diversa persona giuridica non costituisce ostacolo all'applicazione del sequestro quando le evidenze fattuali siano in grado di dimostrare che la disponibilità del patrimonio stesso è comunque rimasta nelle mani dell'autore dei reati tributari; e ciò senza che sia neppure necessario che il reato tributario venga commesso nella qualità di amministratore della società che si è deciso di utilizzare per occultare i beni.

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