Penale

Reato di maltrattamenti per i genitori che prospettano e usano violenza fisica sui figli

Non si tratta di abuso dei mezzi di correzione in quanto le botte e il sistematico clima di paura non rientrano nell'educazione

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di Paola Rossi

L'uso della violenza verso i figli conduce diretti all'imputazione per maltrattamenti in famiglia in danno di minori e non alla fattispecie tra virgolette meno grave dell'abuso dei mezzi di correzione. Infatti, la violenza non è contemplata tra i metodi educativi leciti. Così la Corte di cassazione, con la sentenza n. 7518/2021, ha confermato la condanna di entrambi i genitori per il reato di maltrattamenti in danno della figlia dodicenne e di riflesso nei confronti della più piccola di tre anni, che assisteva al clima di paura e violenze riparandosi dietro la figura della sorella "più grande". Il contesto famigliare era connotato da disagi sociali gravi dovuti in primis allo stato di alcolismo del padre e alle cattive condizioni di salute della madre. Il punto centrale della difesa dei due ricorrenti sta nel puntare il dito contro la capacità di testimoniare della loro figlia dodicenne e la sua attendibilità. In pratica una palese richiesta di riconsiderare nel merito la vicenda, ciò che non può avvenire in sede di legittimità. La Cassazione ha comunque fatto rilevare che l'attendibilità della testimonianza della ragazzina era semmai supportata e non smentita dal fatto che ella avesse riportato anche fatti non negativi sulla condotta dei genitori. E con lo stesso argomento la Cassazione chiarisce che, dove la bambina ha dimostrato di comprendere lo stato di difficoltà in cui si trovavano i propri genitori, non viene meno la veridicità delle accuse di violenza contenute nella sua testimonianza, anzi ciò dimostrerebbe l'equilibrio emotivo e quindi l'attendibilità della piccola testimone. Dal narrato riportato nella sentenza emerge un atteggiamento di duro regime verso la bambina cui non sarebbero stati concessi i giusti tempi di svago e di serenità a fronte della prospettazione genitoriale di un suo obbligo quotidiano di occuparsi della casa e della sorella minore a meno di venire punita o malmenata. La vicenda prende luce dalle confidenze fatte dalla bambina alla propria insegnante. E anche sul punto la Cassazione contrasta il ricorso che voleva far rilevare discrepanze tra tali confidenze e quanto dichiarato in sede di incidente probatorio: un narrato praticamente sovrapponibile, a meno di poche irrilevanti differenze. Lo stesso discorso per le altre testimonianze, non oculari, dove tra la conferma delle accuse vi erano anche passaggi favorevoli al giudizio sugli imputati. Ma senza che venisse meno l'accertamento del reato.

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