Amministrativo

Respinti i ricorsi delle Regioni sul decreto sicurezza

di Giovanni Negri

Inammissibili. La Corte costituzionale “boccia” i numerosi ricorsi presentati dalle Regioni sul decreto sicurezza. Non sono state compromesse le competenze regionali. Discorso diverso per il potere sostitutivo dei prefetti rispetto alle prerogative di Comuni e Province: in questo caso la violazione esiste e la norma (articolo 28 del decreto n. 113 del 2018) è incostituzionale.

Le motivazioni della pronuncia arriveranno solo tra qualche settimana, tuttavia, nel comunicato diffuso ieri sera, la Corte annuncia il verdetto contrario ai ricorsi presentati dalle Regioni Calabria, Emilia Romagna, Marche Toscana e Umbria che contestavano la violazione diretta o indiretta delle loro competenze.

La Consulta, che precisa come resta «impregiudicata» qualsiasi valutazione sulla legittimità costituzionale dei contenuti delle norme impugnate, ha ritenuto che lo Stato ha rispettato invece le proprie competenze in materia di asilo, immigrazione, condizione giuridica dello straniero e anagrafi.

Nel mirino delle Regioni erano infatti finite le disposizioni del decreto su permessi di soggiorno, iscrizione all’anagrafe dei richiedenti asilo e Sprar. In particolare, a non convincere, c’era la sostituzione del permesso di soggiorno per motivi umanitari con una pluralità di fattispecie individuate in maniera meticolosa: le previsioni specifiche di permesso di soggiorno per “casi speciali”, circoscritti e tassativi, sarebbero cioè insufficienti, per le Regioni, «ad assicurare la copertura dell’intera area di accoglienza dovuta in esecuzione degli obblighi costituzionali, sovranazionali e internazionali di tutela».

Come pure, nel riformare il sistema Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), gestito dagli enti locali, il decreto sicurezza ha escluso i richiedenti asilo, destinandoli ai centri di accoglienza a gestione governativa. La nuova disciplina avrebbe compromesso così le facoltà delle Regioni di disciplinare le forme dell’assistenza.

E ancora, le Regioni avevano denunciato la previsione per cui il permesso di soggiorno per richiesta di asilo costituisce documento di riconoscimento ma non anche titolo per l’iscrizione anagrafica. Ne deriverebbe, affermavano i ricorsi, il divieto di accesso ai servizi erogati da Regioni ed enti locali per i quali la residenza costituisce invece un presupposto indispensabile.

Accolte invece le perplessità sulla sostituzione dei prefetti agli amministratori locali nel porre rimedio alle situazioni illecite gravi e ripetute nel tempo in quegli enti locali sospettati di infiltrazioni da parte della criminalità organizzata ma per i quali non è stato decreto lo scioglimento.

Comunicato stampa della Corte costituzionale – 20 giugno 2019

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