Penale

Responsabilità 231: è configurabile una responsabilità dell'OdV sotto il profilo penale, civile e professionale?

Il corretto ed efficace svolgimento di tali compiti rappresenta un presupposto indispensabile per l'esonero della responsabilità dell'Ente, appare fondamentale individuare quali responsabilità gravino sui membri di tale organismo in caso di commissione di un reato presupposto consumato durante il periodo di sua vigilanza

di Francesca Di Muzio, Sonia Rosolen e Luca Andretta *

Premessa

L'Organismo di Vigilanza è un pilastro fondamentale nel sistema introdotto dal d.lgs. 231/2001, avendo il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli e di curarne il loro aggiornamento. Poiché il corretto ed efficace svolgimento di tali compiti rappresenta un presupposto indispensabile per l'esonero della responsabilità dell'Ente, appare fondamentale individuare quali responsabilità gravino sui membri di tale organismo in caso di commissione di un reato presupposto consumato durante il periodo di sua vigilanza. Diverse e molto pesanti potrebbero infatti essere le conseguenze, soprattutto economiche, gravanti in capo all'ente, determinate da una non corretta condotta dell'OdV.

Considerazioni in tema di responsabilità penale dell'OdV

Al di fuori delle ipotesi di concorso nel reato ai sensi dell'art. 110 c.p., si potrebbe ipotizzare astrattamente una responsabilità di tipo penale in capo ai membri dell'OdV per omessa o insufficiente vigilanza da parte degli stessi, qualora fosse possibile riconoscere in capo all'OdV una posizione di garanzia ai sensi dell'art. 40, c. 2 c.p., caratterizzata dall'obbligo giuridico di impedire la commissione dei reati presupposto di cui al d.lgs. 231/2001 da parte di soggetti apicali o sottoposti dell'ente di riferimento.

L'esistenza di una posizione di garanzia presuppone, da un lato, l'obbligo giuridico di impedire l'evento e, dall'altro, il riconoscimento di poteri impeditivi. Il d.lgs. 231/2001, e specificatamente gli artt. 6 e 7, non sembrano tuttavia riconoscere in capo all'OdV un obbligo di tipo impeditivo, che difficilmente potrebbe trovare fondamento in una fonte contrattuale (come l'incarico attribuito ai membri dell'OdV), non ritenendo possibile la creazione, in via contrattuale, di nuovi obblighi penalmente sanzionabili, ma solo l'eventuale trasferimento di obblighi e responsabilità connesse a una specifica posizione di garanzia.

Circa l'esistenza di poteri impeditivi, si evidenzia come all'OdV siano stati normativamente attribuiti esclusivamente i poteri di iniziativa e controllo previsti dall'art. 6 d.lgs. 231/2001, che si estrinsecano nel dovere di verifica del rispetto delle procedure di cui l'ente si è dotato e nel dovere di segnalare eventuali violazioni o aree di rischio all'organo amministrativo o ad altri soggetti individuati dal modello adottato dall'ente.

Compito dell'OdV è infatti quello di assicurare l'effettività e l'osservanza dei modelli organizzativi adottati, attraverso meccanismi di segnalazione interna. All'OdV non sono attribuiti - ne potrebbero tantomeno essere facilmente attribuibili dal punto di vista giuridico - poteri sanzionatori o disciplinari nei confronti dei destinatari del Modello o comunque poteri di intervento diretto (anche attraverso attività di segnalazione all'esterno) volti ad impedire la commissione di reati.

Considerazioni in tema di responsabilità civile dell'OdV

In caso di commissione di un reato presupposto potrebbe al più configurarsi una responsabilità di tipo civile in capo all'OdV, per inadempimento dell'incarico conferito, qualora venisse accertato il mancato rispetto dei compiti ad esso assegnati dal d.lgs. 231/2001 o dal Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dalla Società o ancora dall'incarico ad esso conferito.

Ciò, ad esempio, nel caso in cui l'OdV non si sia attivato per eseguire le verifiche programmate, non si sia attivato per accertare il rispetto, da parte delle varie funzioni, dei flussi informativi e delle procedure relative all'area di commissione del reato, non abbia comunicato all'organo amministrativo eventuali violazioni delle procedure richiamate dal modello ovvero situazioni considerate a rischio di commissione del reato presupposto o ancora eventuali carenze del modello (es. mancato aggiornamento del modello, mancata valutazione dei rischi di commissione del reato, mancata adozione di protocolli preventivi, etc.).

Va precisato che la commissione di un reato non comporta automaticamente la responsabilità contrattuale dell'Organismo di Vigilanza.

Pertanto, la società che intenda attivarsi nei confronti dell'OdV sarà tenuta a provare da un lato di aver posto l'OdV nelle condizioni di assolvere realmente ai complessi e delicati compiti di cui la legge lo investe e dall'altro a comprovare l'inadempimento dell'Organismo di Vigilanza.

Si ritiene che l'inadempimento possa essere valutabile secondo il parametro della diligenza professionale ai sensi dell'art. 1176, c. 2 cc. In via ipotetica, potrebbe inoltre, se sussistente, essere risarcito anche il danno cagionato all'ente dal mancato adempimento dei compiti dell'OdV.

Non si ritiene configurabile invece una responsabilità di tipo extracontrattuale nei confronti dei terzi lesi dal reato presupposto. Se nella nozione di fatto illecito possono astrattamente farsi rientrare le condotte omissive, purché riconducibili, secondo il nesso di causalità, all'evento dannoso, deve comunque esistere un vero e proprio obbligo giuridico di impedire l'evento dannoso, ovvero di impedire il consumarsi di uno dei reati presupposto da parte di un apicale o un sottoposto dell'ente.

Se è vero che in ambito civilistico l'obbligo giuridico di impedire l'evento può nascere, oltre che da una norma di legge o da una clausola contrattuale, anche da una specifica situazione che esiga una determinata attività a tutela di un diritto altrui, quest'ultima fattispecie appare configurabile solo nel caso in cui il soggetto obbligato, pur consapevole del pericolo cui è esposta la situazione giuridica soggettiva vantata dal terzo, si astenga dall'intervenire pur avendo il potere di impedire che la situazione di pericolo si traduca in una concreta lesione.

Si ritiene tuttavia che difficilmente l'OdV abbia un potere di impedire che una situazione di pericolo si traduca in una concreta lesione per il terzo.

Previsione di sanzioni "disciplinari" in capo all'OdV

L'Organismo di Vigilanza può essere considerato un destinatario del Modello ed è pertanto opportuno prevedere una parte del sistema disciplinare dedicato allo stesso.Nei confronti dei membri interni dell'OdV troveranno applicazione le sanzioni e i principi previsti nel contratto nazionale collettivo applicabile; nei confronti dei membri esterni dell'OdV sarà necessario prevedere specifiche sanzioni a livello contrattuale.

Si pensi ad esempio all'applicazione di penali (in caso di mancata effettuazione delle riunioni periodiche o in caso di mancato rispetto dei flussi informativi previsti dal modello) sino alla risoluzione del contratto per inadempimento contrattuale. Si rileva che l'organo di vertice ha il potere e dovere di verificare l'operato dell'OdV attraverso il monitoraggio dei flussi informativi.

L'OdV infatti è tenuto a rendere conto del proprio operato all'organo che lo ha nominato non solo attraverso i flussi informativi "standard" previsti dal Modello, che dovrebbero comunque includere la possibilità di segnalare con immediatezza situazioni considerate a rischio di commissione di eventuali reati presupposto, ma anche rispondendo ad eventuali richieste formulate dell'organo amministrativo concernenti le tipologie di verifiche svolte (più complesso invece riferire in maniera specifica in merito ad eventuali segnalazioni ricevute dall'OdV).

Possibili soluzioni metodologiche per rendere meno discrezionale il vaglio di omessa/insufficiente vigilanza

Una possibile soluzione metodologica per rendere meno discrezionale il vaglio di omessa/insufficiente vigilanza potrebbe consistere nel verificare preliminarmente:

1 se l'OdV ha eseguito delle verifiche in relazione all'area di commissione del reato e con che periodicità;

2) se sussistono specifiche ragioni che hanno determinato l'OdV a non eseguire o eseguire limitate verifiche in relazione a quell'area.

Solo successivamente andrebbero valutate più in dettaglio le tipologie di verifiche svolte.

Non potrebbe infatti essere contestata una insufficiente vigilanza da parte dell'Organismo di Vigilanza qualora sussistessero valide ragioni per non aver eseguito specifiche verifiche in quell'area (es. nel Modello l'area di rischio è stata considerata del tutto residuale, l'OdV risulta essere stato nominato solo da qualche settimana, etc.). Va precisato che, ad oggi, non sussistono pronunce di condanna nei confronti dei membri di un OdV per omessa o insufficiente vigilanza

Considerazioni conclusive

Appare configurabile una responsabilità dell'Organismo di Vigilanza in caso di commissione di un reato presupposto consumato durante il periodo di sua vigilanza, indipendentemente dal riconoscimento di una responsabilità da reato degli Enti in capo alla Società, solo in caso di concorso nel reato ex art. 110 c.p., non in caso di omessa o insufficiente vigilanza dell'OdV. Non sussiste infatti in capo a quest'ultimo una posizione di garanzia, data la mancanza di un obbligo giuridico di impedire l'evento e l'assenza di poteri impeditivi.In caso di commissione di un reato presupposto potrebbe al più configurarsi una responsabilità di tipo civile in capo all'OdV, per inadempimento dell'incarico conferito, qualora venisse accertato il mancato rispetto dei compiti ad esso assegnati dal d.lgs. 231/2001 o dal Modello di organizzazione, gestione e controllo adottato dalla Società o ancora dall'incarico ad esso conferito. La società sarà comunque tenuta a provare l'inadempimento dell'Organismo di Vigilanza, valutabile secondo il parametro della diligenza professionale, nonché, se sussistente, il danno cagionato dal mancato adempimento dei propri compiti. Una possibile soluzione metodologica per rendere meno discrezionale il vaglio di omessa/insufficiente vigilanza potrebbe consistere nel verificare preliminarmente se l'OdV ha eseguito delle verifiche in relazione all'area di commissione del reato e con quale periodicità e se sussistono specifiche ragioni che hanno determinato l'OdV a non eseguire o eseguire limitate verifiche in relazione a quell'area. Si ritiene infine che l'OdV debba rendere conto del proprio operato all'organo che lo ha nominato non solo attraverso i flussi informativi "standard" previsti dal Modello, che dovrebbero comunque includere la possibilità di segnalare con immediatezza situazioni considerate a rischio di commissione di eventuali reati presupposto, ma anche rispondendo ad eventuali richieste formulate dell'organo amministrativo concernenti le tipologie di verifiche svolte (più complesso invece riferire in maniera specifica in merito ad eventuali segnalazioni ricevute dall'OdV).L'Organismo di Vigilanza può essere considerato un destinatario del Modello ed è opportuno prevedere una parte del sistema disciplinare dedicato allo stesso.

-LINEE GUIDA PER LA COSTRUZIONE DEI MODELLI DI ORGANIZZAZIONE, GESTIONE E CONTROLLO AI SENSI DEL DECRETO LEGISLATIVO 8 GIUGNO 2001, N. 231, giugno 2021, pg. 72-74

" Il sistema disciplinare rispetto ai sottoposti
Nel caso di violazioni del codice etico e delle procedure con esso stabilite occorre che il sistema disciplinare distingua la violazione posta in essere dal lavoratore autonomo da quella del lavoratore subordinato. Con riferimento ai lavoratori autonomi, connotati dalla mancata sottoposizione al potere disciplinare, si potrebbero prevedere clausole contrattuali che impongono loro il rispetto del modello e del codice etico e che ne sanzionino le violazioni, anche con la risoluzione del contratto nei casi più gravi. Per quanto riguarda i lavoratori subordinati, è necessario coordinare le previsioni del Decreto 231 con il tessuto normativo di fonte legislativa, giurisprudenziale e contrattuale che caratterizza il potere disciplinare del datore di lavoro, a partire dall'art. 7 dello Statuto dei Lavoratori, da cui deriva il principio di tipicità sia delle violazioni che delle sanzioni. Al principio di tipicità delle violazioni si accompagna l'onere di dare un'adeguata pubblicità preventiva alle fattispecie punibili, mediante inclusione nel codice disciplinare e affissione del codice nelle bacheche. La giurisprudenza prevalente considera insostituibile questa forma di pubblicità, con la sola eccezione delle violazioni che, per la loro gravità, fondano il proprio disvalore "non già nelle fonti collettive o nelle determinazioni dell'imprenditore, bensì nella coscienza sociale quale minimum etico" (così Cass., 13 settembre 2005, n. 18130) e che comunque portano alla sanzione del licenziamento per giusta causa, ai sensi dell'art. 2119 c.c. e non dell'art. 7 dello Statuto. Per quanto concerne le sanzioni conservative, resta indispensabile la previsione da parte del codice disciplinare e la relativa pubblicità. In relazione al rischio di reati in materia di sicurezza e salute dei lavoratori, sarà opportuno inserire nel regolamento disciplinare aziendale o altrimenti indicare come vincolanti per i lavoratori anche i principali obblighi posti dall'articolo 20 del decreto 81 del 2008. Dal principio di tipicità delle sanzioni deriva poi, di regola, l'impossibilità di utilizzare a fini disciplinari lo ius variandi che l'art. 2103 c.c. attribuisce al datore di lavoro. Ad eccezione dell'espressa previsione da parte di disposizioni di legge (come la legge 27 marzo 2001 n. 97, relativa ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche) o della contrattazione collettiva applicabile in concreto, l'utilizzo disciplinare dello ius variandi datoriale - ed in generale l'applicazione di sanzioni atipiche - è ritenuto illegittimo perché contrastante con gli "obblighi di predeterminazione e tipicità previsti dal quinto comma dell'articolo 7" dello Statuto. Sempre a proposito del concetto di tipicità, è opportuno rammentare che tutti i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro (di seguito CCNL) contengono disposizioni relative al codice disciplinare volte a evidenziare, con una formulazione piuttosto generica, violazioni e relative sanzioni. Ne deriva che, in fase di redazione del sistema disciplinare del modello organizzativo, è necessario armonizzare le relative previsioni con quelle del CCNL.
(..)

Il sistema disciplinare relativo ai terzi
Al fine di rafforzare l'osservanza di quanto previsto dal decreto 231 da parte dei terzi con i quali l'ente intrattiene rapporti, il sistema disciplinare deve dotarsi di misure specifiche, che tengano conto dell'estraneità di questi soggetti all'attività dell'impresa.
Si possono ipotizzare sanzioni quali la diffida al puntuale rispetto del modello, l'applicazione di una penale o la risoluzione del contratto che lega l'impresa al terzo, a seconda della gravità della violazione contestata.
Per rendere vincolanti nei confronti dei terzi contraenti i principi etico-comportamentali attesi e legittimare l'applicazione di eventuali misure in caso di loro violazione o mancata attuazione, occorre inserire nel contratto apposite clausole, volte a prevedere la dichiarazione della controparte di astenersi dal porre in essere comportamenti che possano integrare una fattispecie di reato contemplata dal decreto 231, nonché l'impegno a prendere visione delle misure definite dall'ente (ad es. Modello, Codice Etico), al fine di promuovere anche l'eventuale definizione di ulteriori e più efficaci strumenti di controllo.
La clausola, così come sopra strutturata, potrebbe essere utilmente integrata con la previsione di rimedi (quali ad esempio la sospensione o la risoluzione del contratto) volti a sanzionare le violazioni degli obblighi assunti. Ė, in ogni caso, opportuno precisare che, qualora si richiedano alla controparte comportamenti o condotte previsti dal proprio modello organizzativo, è fondamentale che tali prescrizioni siano messe a conoscenza della controparte. Non è infatti pensabile richiedere a terzi di attenersi a principi e misure non debitamente oggetto di pubblicità"
.

- PRINCIPI CONSOLIDATI PER LA REDAZIONE DEI MODELLI ORGANIZZATIVI E L'ATTIVITA' DELL'ORGANISMO DI VIGILANZA E PROSPETTIVE DI REVISIONE DEL D.LGS. 8 GIUGNO 2001 N. 231", dicembre 2018, pg. 40-41


"2.6. Nuove funzioni e profili di responsabilità
Ancorchè, anche in tema di responsabilità dell'OdV, la normativa vigente non abbia fornito indicazioni specifiche, la dottrina e la giurisprudenza generalmente escludono che i membri dello stesso rivestano una posizione di garanzia di tipo attivo, con la conseguenza di escludere l'attribuzione di una responsabilità di natura penale in capo ai suoi membri. La loro responsabilità resterebbe, dunque, eventualmente quella di natura civilistica derivante dal mandato ricevuto. Andrebbe, a tal proposito, chiarito meglio l'ambito dei poteri dell'OdV, anche esplicitandolo in maniera puntuale dal punto di vista normativo (infra). Come in precedenza sottolineato, infatti, l'Organismo dovrebbe configurarsi quale organo di staff del Consiglio di amministrazione, deputato ad un controllo di livello subordinato e privo di reali poteri gestionali o impeditivi. Inoltre, è da rilevare che con le nuove norme di cui al D.Lgs. 90/2017 sono venuti meno gli obblighi antiriciclaggio riferibili ai componenti dell'OdV, restando comunque salva la vigilanza generale sulla prevenzione dei reati di cui all'art. 25-octies del D.Lgs. 231/2001. È dunque opportuna un'attenta riflessione in punto di attribuzione di doveri e poteri all'OdV, poiché da un lato si assiste alla venuta meno di taluni obblighi come sopra specificato, mentre dall'altro si assiste ad una tendenza inversa, rappresentata, ad esempio, dalle indicazioni dell'ANAC in relazione al ruolo dell'Organismo nelle società a partecipazione pubblica, come meglio evidenziato di seguito"
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SELEZIONE GIURISPRUDENZIALE
INSUSSISTENZA DELLA RESPONSABILITA' PENALE IN CAPO ALL'ODV

Tribunale di Milano, Sez. II, 7 aprile 2021, n. 10748
«l'Organismo di Vigilanza – pur munito di penetranti poteri di iniziativa e controllo, ivi inclusa la facoltà di chiedere e acquisire informazioni da ogni livello e settore operativo della Banca avvalendosi delle competenti funzioni dell'istituto – ha sostanzialmente omesso i dovuti accertamenti (funzionali alla prevenzione dei reati, indisturbatamente reiterati), nonostante la rilevanza del tema contabile, già colto nelle ispezioni di Banca d'Italia (di cui l'OdV era a conoscenza) e persino assurto a contestazione giudiziaria […] assistendo inerte agli accadimenti e limitandosi a insignificanti prese d'atto nella vorticosa spirale degli eventi (dalle allarmanti notizie di stampa sino alla débâcle giudiziaria) che un più accorto esercizio delle funzioni di controllo avrebbe certamente scongiurato. Così, purtroppo, non è stato e non resta che rilevare l'omessa (o almeno insufficiente) vigilanza da parte dell'organismo, che fonda la colpa di organizzazione di cui all'art. 6 d.lgs. n. 231/01».

Cassazione pen., Sez. I, 20 gennaio 2016, n. 18168
"Desta perplessità la configurazione di una responsabilità in capo ai componenti dell'Organismo di Vigilanza basata sul non aver loro portato a conoscenza del Consiglio di Amministrazione le asserite manchevolezze che avrebbero afflitto i cantieri navali: le perplessità sono causate da una inevitabile contraddizione nella quale la ricostruzione della vicenda sembra avvilupparsi, poiché, se - seguendo appunto l'ipotesi di accusa - i citati membri dell'Organismo di Vigilanza nulla avevano riferito ai membri del Consiglio di Amministrazione, è ben difficile ipotizzare una responsabilità in capo a questi ultimi per non avere adottato le cautele che le situazioni di pericolo avrebbero richiesto.
Parimenti, occorre prendere atto che il ricorso non precisa quali fossero le carenze e le manchevolezze che sarebbero state dolosamente ignorate dai membri dell'Organismo di Vigilanza: né, in particolare, il ricorso afferma che siffatte imprecisate manchevolezze avrebbero riguardato le ceste utili per la sollevazione dei tubi (..)
L'invocata responsabilità cui fa riferimento il ricorso non poteva dunque essere del Consiglio di Amministrazione, i cui compiti non si dilatano sino a decidere se, nell'ambito di una singola operazione di carico di tubi, andasse utilizzata una cesta; e parimenti nemmeno poteva gravare siffatto obbligo sui componenti dell'Organismo di Vigilanza"
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*A cura degli avv.ti Francesca Di Muzio, Partner 24 ORE Avvocati , Sonia Rosolen e Luca Andretta

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