Responsabilità degli enti, i paletti della Cassazione su sequestro e confisca
Limiti e condizioni per l’applicazione ai reati dell’elenco 231
Anche nel caso di reati societari il sequestro per equivalente è sempre sussidiario rispetto al sequestro “diretto” del profitto del reato e comunque il valore dei beni oggetto di un sequestro preventivo per equivalente deve essere adeguato e proporzionato al profitto del reato. Può riguardare però anche un’intera azienda se esistono indizi secondo i quali alcuni beni strumentali sono stati utilizzati per commettere il reato. Sono alcuni dei principi ribaditi dalla Cassazione che negli ultimi mesi è tornata più volte sul tema del sequestro e della confisca e sulla loro applicabilità in relazione alla responsabilità degli enti.
Le misure
Sequestro e confisca penali, il primo strumentale alla seconda, costituiscono incisive e temute misure di prevenzione e sanzione nei confronti della criminalità economica. Si tratta di misure cautelari reali volte nella sostanza a negare ai destinatari la disponibilità di beni o valori riconducibili al reato commesso.
In tema di responsabilità degli enti per fatto illecito derivante dai reati previsti dal Dlgs 231/2001, il legislatore ha corredato di peculiarità specifiche questi strumenti ablativi, attribuendovi responsabilità relative all’ente ed al suo vantaggio patrimoniale, anziché all’autore del reato che lo ha perseguito.
Alla confisca, in particolare, è assegnato un ruolo centrale nella lotta alla criminalità d’impresa. Detta misura, peraltro, allorché riconosciuta la responsabilità dell’ente, si spoglia delle caratteristiche vesti preventive o di sicurezza, per indossare esplicitamente quelle punitive.
L’intreccio giuridico tra gli istituti ablativi riservati agli enti collettivi e quelli destinati alle persone fisiche coinvolte nei medesimi fatti delittuosi ha a lungo impegnato dottrina e giurisprudenza, attestate su posizioni talvolta divergenti, nella ricerca di idonee soluzioni ermeneutiche, che hanno condotto a progressivi approdi interpretativi affinatisi nel tempo.
Le indicazioni della Cassazione
A conferma dell’attualità del tema, proprio nei primi mesi di quest’anno la Corte suprema si è ripetutamente occupata di questi argomenti, puntellando, con diverse pronunce, gli ambiti applicativi del sequestro e della confisca connessi ai reati previsti dall’elenco 231.
In particolare, la sezione V penale della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6391 depositata il 18 febbraio 2021, ha ribadito che nell’ipotesi di reati societari compiuti da manager di società o enti in generale, la confisca per equivalente è attuabile esclusivamente in via sussidiaria, solo allorché il prodotto, il profitto, o i beni strumentali al reato siano stati vanamente ricercati ovunque essi si trovino e presso chiunque li detenga e non si sia stato quindi possibile disporre quella diretta.
Così alla luce del predetto principio, è stato annullato il sequestro per equivalente sui beni del condirettore di una banca, per oltre 5 milioni di euro, disposto per aver ostacolato la vigilanza di Bankitalia e per false comunicazioni sociali. A parere dei giudici supremi, infatti, posto che il Codice civile stabilisce un rapporto di sussidiarietà della confisca per equivalente rispetto alla confisca diretta anche nell’ipotesi di reati societari come quello di false comunicazioni sociali, prima di procedere all’apprensione per equivalente dei beni della figura apicale, è sempre necessario verificare la possibilità di rinvenire in via diretta il denaro, quale profitto del reato, anche presso la persona giuridica nel cui ambito sono stati commessi i reati societari.
Con la sentenza n. 8349 del 2 marzo 2021, inoltre, la sezione 6 Penale della Corte di Cassazione ha confermato la legittimità del sequestro preventivo di un’intera azienda, anche nel caso in cui esso sia composto da beni strumentali non destinati ad attività illecita.
Ancora, con la sentenza n. 7038 depositata il 23 febbraio 2021, la sezione 2 Penale della Corte di Cassazione ha ribadito che al fine di evitare che il sequestro “per equivalente” del profitto dei reati tributari, in funzione della successiva confisca, si riveli eccessivo, il valore delle cose sequestrate deve essere adeguato e proporzionale rispetto al profitto lucrato.
Infine, con la sentenza n. 13833 depositata il 14 aprile 2021, i giudici supremi hanno ammesso il sequestro preventivo su un conto corrente di un terzo non coinvolto nel reato tributario ma di cui l’indagato aveva la titolarità di una delega ad operare incondizionatamente. Tale titolarità configura infatti l’ipotesi di disponibilità richiesta dall’articolo 12 bis del decreto legislativo 74/2000 ai fini dell’ammissibilità del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente.
LE INDICAZIONI DEI GIUDICI
1. La priorità è il “diretto”
Anche nel caso di reati societari, come in quello di reati tributari, il sequestro per equivalente e/o misto sono sempre sussidiari rispetto al sequestro “diretto” del profitto del reato: sono quindi utilizzabili solo dopo avere verificato l’impossibilità, anche temporanea, di sottoporre al provvedimento cautelare i beni che, direttamente o indirettamente, siano riferibili al profitto del reato. Cassazione, sentenza 6391/2021
2. Intera impresa
In materia di sequestro preventivo, oggetto della misura cautelare reale può essere anche un’intera azienda, se sussistono indizi secondo i quali anche soltanto alcuni dei beni aziendali, proprio per la loro collocazione strumentale, siano stati utilizzati per la consumazione del reato, a nulla rilevando la circostanza che l’azienda svolga anche normali attività imprenditoriali. Cassazione, sentenza 8349/2021
3. Il requisito della proporzionalità
Il valore dei beni da sottoporre a sequestro preventivo per equivalente deve essere sempre adeguato e proporzionato al profitto (o al prezzo) del reato e il giudice, nel compiere tale verifica, deve fare riferimento alle valutazioni di mercato degli stessi al momento in cui il sequestro viene disposto. Cassazione, sentenza 7038/2021
4. Il conto corrente cointestato
Per disporre un sequestro totalitario finalizzato alla confisca del denaro giacente su un conto corrente cointestato tra l’indagato e un terzo estraneo al reato non bastano meccanismi presuntivi, ma va effettuata una verifica, anche indiziaria, che il conto sia alimentato solo dall’indagato. Altrimenti, il sequestro può riguardare solo la parte di denaro proveniente dall'indagato. Cassazione, sentenza19766/2020
5. Conto corrente di terzi
Il sequestro preventivo su conto corrente di terzi su cui l'indagato ha la delega ad operare è ammesso se tale delega permette all’indagato di operare in modo incondizionato poiché questo configura l’ipotesi di disponibilità richiesta dall'articolo 12 bis del Dlgs 74/00 per l'ammissibilità del sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente, visto che il delegato ha la possibilità di prelevare le somme. Cassazione, sentenza 13833/2021
Coratella Claudio, Mazzucco Manuela - Coratella Studio legale
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