Responsabilità enti: se il reato presupposto è prescritto, confisca sui beni della società solo se si verifica il vantaggio
Il giudice, se il reato presupposto commesso dalla persona fisica è prescritto, non può ordinare la confisca delle quote sociali e dei beni della società nell'ambito di un procedimento per la responsabilità amministrativa dell'ente, senza determinare il vantaggio per la compagine. La Corte di cassazione, con la sentenza 52470, accoglie il ricorso di una Srl condannata a pagare una sanzione di 60 mila euro e nei confronti della quale era stata confermata la confisca delle quote sociali e del capannone industriale. La Cassazione annulla, senza rinvio, sia la sentenza del Tribunale di primo grado sia la sentenza di appello per la violazione del diritto di difesa della Società a responsabilità limitata. La Suprema corte ricorda, infatti, che il Dlgs 231/2001 (articolo 39 e 40) prevede come condizione per la partecipazione dell'ente collettivo al procedimento a suo carico, una formale e valida costituzione. Requisito escluso quando, come nel caso esaminato, la persona fisica autore del reato nomina un difensore di sua fiducia, facendo così scattare un evidente conflitto di interessi, perché l'indagato o l'imputato nel reato presupposto non può nominare il legale dell'ente chiamato a “difendersi” per la responsabilità nell'illecito amministrativo.
L'inosservanza dell'articolo 39, dunque, fa scattare l'inefficacia di tutte le attività svolte dal rappresentante incompatibile. Per la Cassazione resta valida la richiesta di rinvio a giudizio da parte del Pm, regolarmente eseguita nella mani del rappresentante legale della società. Né ricorre – spiegano i giudici – l'ipotesi della decadenza della contestazione perché, all'epoca, i reati da cui dipendeva l'illecito amministrativo non erano ancora prescritti. La Cassazione precisa che, in tema da responsabilità da reato degli enti, l'intervenuta prescrizione del reato presupposto dopo la contestazione dell'illecito all'ente non ne determina l'estinzione, dal momento che il termine rimane sospeso fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il procedimento nei confronti della persona giuridica. Detto questo però non può accadere quanto avvenuto nel caso esaminato, in cui la corte d'Appello con una stringata esposizione, ha richiamato gli argomenti esposti nella decisione di primo grado in merito alla responsabilità dell'imputato per due episodi di truffa aggravata, affermando che erano stati commessi a vantaggio della società. Il tutto senza indicare specifici elementi a supporto della conclusione raggiunta e senza considerare che i reati erano già stati dichiarati prescritti in primo grado, circostanza che ha indotto il giudice a rendere una motivazione meno esauriente.
Il giudice deve invece procedere all'accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica, nel cui interesse e nel cui vantaggio l'illecito fu commesso. Operazione che non può però “prescindere da una verifica, quantomeno incidentale, della sussistenza del fatto reato”. Nel caso in esame, conclude la Suprema corte, mancano due elementi a supporto della confisca per equivalente: la determinazione dell'illecito vantaggio dell'ente, che potrebbe non coincidere con il profitto ricavato dalla persona fisica, e l'indicazione del valore dell'immobile sottoposto a confisca, mai citato nelle sentenze di merito.
Corte di cassazione - Sezione II -Sentenza 21 novembre 2018 n.52470