Casi pratici

Responsabilità dell'insegnante in caso di danno da fatto illecito dei propri allievi

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di Tiziana Cantarella

LA QUESTIONE

Entro quali limiti sono responsabili la scuola e gli insegnanti in caso di danno da fatto illecito dei propri allievi? Chi è responsabile in caso di danni cagionati dall'allievo a se stesso?

La questione della responsabilità degli insegnanti e precettori nei confronti dei propri alunni trova la propria fonte normativa nell' art. 2048 c.c., in base al quale i precettori e coloro che insegnano un mestiere o un'arte sono responsabili del danno cagionato dal fatto illecito dei loro allievi e apprendisti nel tempo in cui sono sotto la loro vigilanza.
La presunzione di responsabilità può essere superata fornendo la dimostrazione che il soggetto preposto alla sorveglianza non abbia potuto impedire il verificarsi del danno, nonostante la predisposizione delle necessarie cautele, provando che la vigilanza sia stata esercitata nella misura dovuta, anche attraverso la preventiva adozione di concrete misure organizzative e disciplinari idonee a evitare una prevedibile situazione di pericolo.
In giurisprudenza si ritiene che la presunzione di responsabilità di cui all'art. 2048 c.c. non è assoluta, come se si trattasse di responsabilità oggettiva, ma configura una responsabilità soggettiva aggravata in ragione dell'onere incombente all'insegnante o al precettore di fornire la prova liberatoria, onere che risulta assolto in relazione all'esercizio da accertarsi in concreto di una vigilanza adeguata all'età e al normale grado di comportamento dei minori loro affidati (Cass. 23 luglio 2003, n. 11453, Cass. 31 marzo 2017, Cass. 31 gennaio 2018).

Il precettore
Deve essere qualificato "precettore" il soggetto al quale l'allievo è affidato per ragioni di educazione e di istruzione, sia nell'ambito di una struttura scolastica (come avviene per il maestro), sia in virtù di un autonomo rapporto privato (qual è quello che intercorre con un institore) sempre che l'affidamento, se pur limitato ad alcune ore del giorno o della settimana, assuma carattere continuativo e non sia meramente saltuario.
Per potersi configurare una responsabilità a carico dell'insegnante è quindi necessaria la costanza di un rapporto di affidamento continuativo che implichi un obbligo di vigilanza da parte del precettore o dell'institore.


L'obbligo di vigilanza per i danni cagionati da terzi
La Corte di Cassazione si è più volte pronunciata in ordine alla natura dell'obbligo di vigilanza incombente sugli insegnanti nei confronti dei propri alunni, in caso di danni provocati da terzi.
Si afferma che il dovere di vigilanza dell'insegnante per il danno subito dall'allievo obbligo la cui estensione va commisurata all'età e al grado di maturazione raggiunto dagli allievi in relazione alle circostanze del caso concreto presuppone che l'allievo gli sia stato affidato.
Pertanto colui che agisce per ottenere il risarcimento deve dimostrare che l'evento dannoso si è verificato nel tempo in cui l'alunno era sottoposto alla vigilanza dell'insegnante, restando indifferente che invochi la responsabilità contrattuale per negligente adempimento dell'obbligo di sorveglianza o la responsabilità extracontrattuale per omissione delle cautele necessarie, suggerite dall'ordinaria prudenza, in relazione alle specifiche circostanze di tempo e di luogo, affinché sia salvaguardata l'incolumità dei discenti minori.
Sulla base di queste valutazioni il giudice di legittimità ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso la responsabilità dell'amministrazione scolastica con riguardo al ferimento con arma da fuoco di un minore da parte di un nomade con il quale aveva avuto un litigio il giorno precedente, in quanto avvenuto in un cortile antistante la scuola, non adibito a esclusivo uso della stessa, essendo transitabile e accessibile da terzi per il parcheggio di autoveicoli, neppure rilevando l'uso di tale luogo per la sosta dei ritardatari, dal momento che era stato accertato che l'alunno ferito aveva deliberatamente deciso di non entrare a scuola alla prima ora, ma di allontanarsi dal cortile per recarsi in un vicino bar (Cass. 4 maggio 2005, n. 2272).
In un caso di aggressione da parte di un cane incustodito all'interno dell'area scolastica, la Corte di Cassazione ha ritenuto che l'accoglimento della domanda di iscrizione, con la conseguente ammissione dell'allievo a scuola, determina l'instaurazione di un vincolo negoziale dal quale sorge a carico dell'istituto l'obbligazione di vigilare sulla sicurezza e l'incolumità dell'allievo nel tempo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni e, quindi, di predisporre gli accorgimenti necessari affinché nei locali scolastici non si introducano persone o animali che possano arrecare danno agli alunni; ne consegue che, in caso di danno da lesioni causate dall'aggressione di un cane incustodito nei locali e pertinenze scolastiche, l'attore deve provare che tale danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto , mentre l'amministrazione ha l'onere di dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa a essa non imputabile , essendo stati predisposti gli accorgimenti idonei a evitare l'accesso di terzi (Corte d'Appello di Milano, 16 giugno 2015, n. 2544; Cass. 15 febbraio 2011, n. 3680).
Presso i giudici di merito a fronte di una richiesta di risarcimento dei danni riportati da uno studente di scuola media per essere stato colpito al volto da un pugno inferto da un compagno di classe durante l'orario scolastico e alla presenza di professori deputati al controllo degli alunni, essendo il minore affidato al momento del sinistro agli insegnanti della scuola, è stata esaminata la responsabilità sancita dall'art. 2048 c.c. sotto il profilo della possibile carenza nell'attività educativa.
In particolare è essenziale, in primo luogo, che venga stabilita la rilevanza delle modalità del fatto lesivo in relazione alla responsabilità regolata dall'art. 2048 c.c., cosicché qualora la ricostruzione delle suddette modalità non denoti il mancato rispetto delle regole di convivenza civile vigenti nel contesto sociale della scuola escludendo quindi la natura illecita della condotta riferita al danneggiante, deve respingersi l'applicabilità dell'art. 2048 c.c.
Qualora, in concreto, si considerino alunni di scuola media, dotati di età e di livello di maturità tale da rendere legittima l'aspettativa da parte dell'insegnante di un certo grado di autocontrollo e di rispetto delle regole, il livello di vigilanza richiesto dal docente non è tale da rendere assolutamente indispensabile la sua presenza in aula, con la conseguenza che, se anche l'insegnante si sia trovata al momento dell'accadimento appena fuori l'aula oppure nelle sue strette vicinanze, non sarebbe stata in ogni caso configurabile una omessa vigilanza di alunni, idonea a fondare un giudizio di responsabilità nei confronti del docente e, per esso, del Ministero dell'istruzione (Trib. Milano 9 aprile 2009).
Al pari è stata esclusa la responsabilità dell'organizzazione scolastica nel caso di danno conseguito a uno scontro tra studenti nel corso di una partita di calcetto , in quanto non si configura un fatto illecito posto in essere dallo studente bensì un evento verificatosi nel corso di un'ordinaria azione di gioco, a causa di un normale fallo di gioco posto in essere allo scopo di impossessarsi della palla; trattasi di un evento sì prevedibile nel corso di una partita di calcio, ma in alcun modo prevenibile o evitabile dall'organizzatore quand'anche fosse stato presente al momento dell'urto (Trib. Bologna 20 ottobre 2010, n. 2041).

Responsabilità e minore età
In dottrina è sorto il dibattito sulla circoscrivibilità o meno della responsabilità ex art. 2048 comma 2 c.c. alla minore età dell'allievo.
Una parte delle dottrina appare orientata nel limitare la responsabilità dei precettori al solo fatto illecito commesso dall'allievo minore in quanto il precettore è considerato il continuatore dell'autorità paterna sull'allievo, il quale si sostituisce ai genitori nel periodo in cui il minore è sottoposto alla sua custodia.
Conseguentemente si ritiene che l'obbligo di vigilanza a carico del precettore sia stato previsto, al pari dei genitori, proprio in ragione dell' immaturità degli allievi (Franzoni).
Altra parte, invece, ritiene di poter estendere la responsabilità del precettore anche nelle ipotesi di fatto illecito commesso da maggiorenne.
A tale proposito si opera una distinzione tra i casi in cui l'attività didattica ha rappresentato semplicemente l' occasione per la commissione di un illecito, e i casi in cui l' evento dannoso è a essa strettamente collegato , in quanto verificatosi nel tentativo dell'allievo di attuare gli insegnamenti ricevuti .
In tali ipotesi il precettore tenuto alla sorveglianza dovrà risarcire il danno cagionato dall'alunno maggiorenne (Corsaro).


La concorrente responsabilità dei genitori
Nell'ipotesi di fatto illecito commesso da un minore capace di intendere e di volere nei confronti di altro minore, è configurabile la "culpa in educando" e la "culpa in vigilando".
Pertanto la responsabilità dei genitori o precettori ex art. 2048 cit. viene a concorrere con la responsabilità del minore. L'affidamento del minore alla custodia di terzi solleva il genitore dalla presunzione di colpa "in vigilando" (dal momento che dell'adeguatezza della vigilanza esercitata sul minore risponde il precettore cui lo stesso è affidato), ma non anche da quella di colpa "in educando", rimanendo comunque i genitori tenuti a dimostrare, per liberarsi da responsabilità per il fatto compiuto dal minore in un momento in cui lo stesso si trovava soggetto alla vigilanza di terzi, di avere impartito al minore stesso un'educazione adeguata a prevenirne comportamenti illeciti (Cass. 26 giugno 2001 n. 8740; Cass. 21 settembre 2000, n. 12501).


Il danno cagionato dall'alunno a se stesso
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, già con sentenza n. 9346 del 2002, ribadita poi da Sez. Unite
n. 26972 del 2008, avevano affermato, componendo il contrasto giurisprudenziale formatosi sul punto, che nel caso di danno cagionato dall'alunno a se stesso la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante non ha natura extracontrattuale, bensì contrattuale.
Fra allievo e istituto scolastico con l'accoglimento della domanda di iscrizione e con la conseguente ammissione dello stesso alla scuola si instaura, infatti, un vincolo negoziale, dal quale sorge, a carico dell'istituto, l'obbligazione di vigilare sulla sua sicurezza e incolumità nel periodo in cui questi fruisce della prestazione scolastica in tutte le sue espressioni, anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso.
Nell'ipotesi di danni arrecati dall'allievo a se stesso il riferimento è ai principi generali della responsabilità contrattuale ex art. 1218 c.c.
Ciò rilevato, pertanto, qualora l'evento dannoso subito dall'alunno non possa intendersi quale conseguenza di un fatto illecito del terzo, si ritiene che la responsabilità dell'istituto scolastico e dell'insegnante abbia non già natura extracontrattuale, bensì contrattuale.
L'obbligo di vigilanza si esplica anche al fine di evitare che l'allievo procuri danno a se stesso; e che quanto al precettore dipendente dell'istituto scolastico tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale, un rapporto giuridico, nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel quadro del complessivo obbligo di istruire ed educare, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, onde evitare che l'allievo si procuri da solo un danno alla persona.


Conseguenze in ordine all'onere probatorio
La ricorrenza di un'ipotesi di responsabilità di tipo contrattuale comporta poi in ordine all'onere probatorio che, nelle controversie instaurate per il risarcimento del danno da autolesione nei confronti dell'istituto scolastico e dell'insegnante, l'attore dovrà soltanto provare , ai sensi dell'art. 1218 c.c., che il danno si è verificato nel corso dello svolgimento del rapporto, mentre sarà onere dei convenuti dimostrare che l'evento dannoso è stato determinato da causa agli stessi non imputabile (Tribunale di Caltanissetta, 6 febbraio 2019, n. 63; Cass. 3 marzo 2010, n. 5067). Tra insegnante e allievo si instaura, per contatto sociale , un rapporto giuridico nell'ambito del quale l'insegnante assume, nel più ampio quadro dell'obbligo di educare ed istruire, anche uno specifico obbligo di protezione e vigilanza, al fine di evitare che l'alunno procuri a se stesso un pregiudizio. In un recente caso, sulla base delle suesposte considerazioni, alla luce delle risultanze istruttorie e della ricostruita dinamica del sinistro occorso alla minore, la quale rovinava a terra procurandosi delle lesioni mentre correva verso lo scivolo durante l'attività ricreativa , il giudice di merito ha concluso per la responsabilità del convenuto istituto scolastico, derivante dall'inadempimento alla obbligazione di omessa vigilanza gravante sugli insegnanti, tanto più in caso di tenera età della vittima (di soli quattro anni), e nell'ambito del contesto in cui è avvenuto il fatto (attività ricreativa) che imponeva un controllo ancora più incisivo (Trib. Bari 23 maggio 2011, n. 1787; In tal senso si v. Tribunale di Potenza, 8 maggio 2018, n. 458).

La posizione della dottrina
In dottrina si è osservato che in dette ipotesi sembra insufficiente la tutela giuridica accordata in materia di responsabilità extracontrattuale, in quanto si perderebbe in una troppo generica responsabilità dai difficili contorni, ma appare comunque problematico l'inquadramento del danno nell'ambito della responsabilità contrattuale perché trattasi di una fattispecie nella quale manca il fulcro centrale del rapporto obbligatorio, caratterizzato dalla prestazione (Castronovo).
Si riconoscono quindi, al di là della prestazione, obblighi ulteriori gravanti sulle parti del rapporto, quali "i doveri di protezione" che oltre a essere autonomi e a trascendere dalla prestazione, consentono di colmare le lacune tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale.
In tal modo è possibile apprestare tutela a interessi particolarmente meritevoli di protezione in quanto esposti maggiormente a occasioni di danno (Canaris, Di Maio).
Si afferma la natura legale degli obblighi di protezione in quanto, nell'ambito delle obbligazioni in generale, il rapporto non si esaurisce solo nella prestazione, ma concorre tutta una serie di obblighi la cui lesione viene regolata secondo lo stesso modello che presiede l'inadempimento (Castronovo).


Il riconoscimento del danno morale
II riconoscimento della tutela risarcitoria del danno non patrimoniale, in tutte le sue forme, definitivamente affermato dalla Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26972 del 2008, consente la risarcibilità del danno non patrimoniale del quale il danno morale è una componente anche nell'azione di responsabilità contrattuale.
La responsabilità degli insegnanti delle scuole statali
L'art. 61 della legge n. 312/1980 prevede, al comma 1, che «la responsabilità patrimoniale del personale direttivo, docente, educativo e non docente della scuola materna, elementare, secondaria e artistica dello Stato e delle istituzioni educative statali per i danni arrecati direttamente all'amministrazione in connessione a comportamenti degli alunni è limitata ai soli casi di dolo o colpa grave nell'esercizio della vigilanza sugli alunni stessi».
Inoltre, il comma 2 dispone che tale limitazione si applica anche alla responsabilità del predetto personale verso l'amministrazione che risarcisca il terzo dei danni subiti per il comportamento degli alunni sottoposti alla vigilanza. Salvo rivalsa nei casi di dolo o colpa grave, l'amministrazione si surroga al personale medesimo nelle responsabilità civili derivanti da azioni giudiziarie promosse da terzi. Pertanto tale disposizione esclude in radice la possibilità che gli insegnanti statali siano direttamente convenuti da terzi nelle azioni di risarcimento danni da culpa in vigilando, quale che sia il titolo contrattuale o extracontrattuale dell'azione.
La legittimazione passiva dell'insegnante, quindi, è esclusa, non solo nel caso di azione per danni arrecati da un alunno ad altro alunno (nella quale sia invocata, nell'ambito di un'azione di responsabilità extracontrattuale, la presunzione di cui all'art. 2048 c.c., comma 2), ma anche nell'ipotesi di danni arrecati dall'allievo a se stesso (ipotesi, questa, da far valere secondo i principi della responsabilità contrattuale, ai sensi dell'art. 1218 c.c.).
Fermo restando che in entrambi i casi, qualora l'amministrazione sia condannata a risarcire il danno al terzo o all'alunno autodanneggiatosi, l'insegnante è successivamente obbligato in via di rivalsa soltanto ove sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa grave, limite, quest'ultimo, operante verso l'amministrazione ma non verso i terzi (Cass. 3 marzo 2010, n. 5067; Cass., Sez. Unite, 27 giugno 2002, n. 9346).


La legittimazione passiva del Ministero della pubblica istruzione
Il personale docente degli istituti statali di istruzione superiore si trova in rapporto organico con l'amministrazione statale e non con il singolo istituto, con la conseguenza che, per effetto dell'art. 61 della legge 11 luglio 1980, n. 312, sono riferibili direttamente al Ministero della pubblica istruzione i comportamenti, anche illeciti, posti in essere dagli insegnanti del suddetto personale docente, sicché sussiste la legittimazione passiva di detto Ministero nelle controversie relative agli illeciti ascrivibili a "culpa in vigilando" degli stessi docenti.
In particolare, in tema di responsabilità civile degli insegnanti per omessa vigilanza (e, quindi, anche nell'eventualità in cui questa omissione sia consistita nella circostanza di aver delegato la funzione stessa a un terzo), la sottrazione degli insegnanti statali alle conseguenze dell'applicabilità nei loro confronti della presunzione stabilita dall'art. 2048, comma secondo, c.c., nei giudizi di danno per "culpa in vigilando" è attuata dall'indicato art. 61 della legge n. 312 del 1980, non sul piano sostanziale, ovvero incidendo sull'operatività dello stesso art. 2048, comma secondo, c.c. nei menzionati giudizi, ma esclusivamente sul piano processuale, mediante l'esonero dell'insegnante statale dal processo, nel quale l'unico legittimato passivo è il Ministero della pubblica istruzione (Cass. 29 aprile 2006, n. 10042; Cass. Civ., 6 novembre 2012, n. 19158; Tribunale Catania, sez. III, 2 gennaio 2019, n. 483); nei confronti del predetto Ministero continuerà ad applicarsi, nei casi di danno provocato da un alunno a un altro alunno, la presunzione di responsabilità prevista dalla norma citata, mentre la prova del dolo o della colpa grave dell'insegnante rileva soltanto ove l'amministrazione eserciti, successivamente alla sua condanna, l'azione di rivalsa nei confronti del medesimo (Cass. 11 febbraio 2005, n. 2839).


La responsabilità degli insegnanti delle scuole private
Diversamente dalle scuole statali, è pacifica la legittimazione passiva delle scuole e del personale docente delle scuole private. Allorché, in relazione al danno a un terzo cagionato dal fatto illecito dell'allievo, sia stata affermata la responsabilità dell'insegnante di scuola privata ex art. 2048 c.c. per mancata dimostrazione dell'inevitabilità dell'evento dannoso, sussiste la responsabilità indiretta dell'istituto scolastico con il quale detto insegnante intratteneva il rapporto di lavoro, responsabilità che, traendo fondamento dalla rigorosa previsione dell'art. 2049 c.c., non ammette prova liberatoria da parte del datore di lavoro, sul quale grava il rischio di impresa (Cass. 18 luglio 2003, n. 11241).


Considerazioni conclusive
Dall'esame della fattispecie, coordinata con i risultati giurisprudenziali appare evidente che la responsabilità dei precettori e degli insegnanti nei confronti dei propri allievi è stata oggetto, nel tempo, di un'interpretazione sempre più estensiva. Considerata l'enorme divergenza tra contesto sociale in cui si è sviluppato l'impianto normativo e quello attuale, nel quale il medesimo impianto deve essere applicato nella sua immutata formulazione, occorre prestare particolare attenzione al livello di maturità e consapevolezza del minore, dal quale può emergere un'eventuale, concorrente responsabilità dei genitori per non aver dotato il ragazzo di quegli elementi di discernimento utili per distinguere ciò che è lecito da ciò che non lo è. In quest'ottica di giudizio deve essere valutata la responsabilità del personale scolastico, al quale non può essere addossata per intero la responsabilità del percorso educativo dell'allievo.
LA SELEZIONE GIURISPRUDENZIALE