Penale

Responsabilità medica, resta la colpa

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di Riccardo Borsari

A meno di un anno dall’entrata in vigore della riforma della responsabilità sanitaria (legge 24/17, la cosiddetta Gelli-Bianco), le Sezioni unite della Cassazione sono state chiamate a risolvere un delicato contrasto giurisprudenziale sorto in seno alla IV Sezione penale circa il perimetro applicativo della nuova disciplina e i correlati profili di diritto intertemporale. La riforma, infatti, ha abrogato la previgente disciplina (legge 189/12 “Balduzzi”) e ha introdotto nel Codice penale l’articolo 590 sexies, sulla cui interpretazione è scaturita una profonda difformità di vedute, specie con riferimento alla punibilità dell’errore del sanitario nel momento esecutivo.

In sintesi, alla stregua di un primo orientamento (sentenza 28187/2017) la disciplina previgente risulta più favorevole, in quanto esclude la rilevanza penale delle condotte caratterizzate da colpa lieve in contesti regolati da linee guida e buone pratiche accreditate, mentre quella sopravvenuta ha eliminato la distinzione tra colpa lieve e grave ai fini dell’attribuzione della responsabilità penale, dettando, al contempo, un’articolata disciplina sulle guidelines, parametro di valutazione della colpa per imperizia in tutte le sue manifestazioni. Questa pronuncia, in particolare, nell’ambito di un approccio critico verso la riforma, evidenzia l’impossibilità di fondarsi sull’interpretazione letterale della disposizione, onde evitare gravi pregiudizi al diritto alla salute e seri dubbi di legittimità costituzionale.

Ma la sentenza propone anche una lettura che, muovendo dal dato letterale, non manchi di valorizzare le finalità della legge e riconosca al sanitario la pretesa a vedere il proprio comportamento giudicato alla stregua delle medesime direttive impostegli, non indugiando in automatismi e, per converso, riconoscendo la non rilevanza ai fini della non punibilità delle condotte che non risultino disciplinate in quel contesto regolativo (come, appunto, le ipotesi di errore nell’esecuzione).

L’opposto indirizzo (sentenza 50078/2017), invece, ritiene più favorevole la Gelli-Bianco, che prevede una causa di esclusione della punibilità del sanitario alle condizioni dell’articolo 590 sexies del Codice penale, nel solo caso di imperizia, «indipendentemente dal grado della colpa».Tale indirizzo individua l’unica residua ipotesi di rilevanza penale dell’imperizia sanitaria nell’assecondamento di linee guida inadeguate al caso concreto, mentre non sarebbe punibile il medico che abbia applicato in maniera imperita le linee guida prescelte (incorrendo, pertanto, in un errore in executivis). Questa opzione interpretativa è fondata sulla ritenuta individuazione della volontà legislativa di favorire la posizione del medico in caso di imperizia, rispetto alla colpa per negligenza ed imprudenza.

Stante la difficoltà di comporre queste divergenze interpretative, non rimaneva che affidarsi alle Sezioni Unite: se, infatti, da un lato la sentenza 28187, mossa dall’intento di recuperare la nuova fattispecie rispetto ai dubbi di legittimità costituzionale derivanti dalla interpretazione letterale, prospettava una lettura restrittiva al punto da comportarne una quasi sostanziale inapplicabilità, la sentenza 50078, dall’altro lato, pareva eccessivamente appiattita sulle intenzioni del legislatore.

A quanto risulta dalla informazione provvisoria sulla pronuncia resa all’udienza pubblica dello scorso 21 dicembre le Sezioni unite hanno almeno in parte assunto un punto di vista differente e indicato i casi nei quali il sanitario potrà essere considerato penalmente responsabile. Ciò accadrà allorquando:

• la colpa (anche “lieve”) si esplichi in un ambito differente rispetto a quello della perizia (quindi negligenza o imprudenza);

• per il caso di imperizia si sia in presenza di un errore rimproverabile (per colpa anche “lieve”) nell’individuazione e nella scelta di linee guida o buone pratiche che non risultino adeguate alle specificità del caso concreto;

• si sia in presenza di un rimproverabile errore (per colpa anche “lieve”) esecutivo dell’atto medico ove nel caso concreto non siano disponibili linee guida né buone pratiche clinico-assistenziali;

• si sia in presenza di un errore esecutivo rimproverabile e qualificabile in termini di colpa grave laddove esistano linee guida o, in mancanza, buone pratiche clinico-assistenziali adeguate alle specificità del caso e a cui il sanitario si sia attenuto, tenuto conto del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche.

A una primissima lettura le Sezioni Unite sembrerebbero dunque tuttora inclini ad attribuire rilevanza al grado della colpa, riconoscendo l’operatività dell’articolo 590-sexies, 2° comma, del Codice penale nei soli casi di imperizia in cui vi sia un lieve errore esecutivo di linee guida o, in mancanza, di buone pratiche clinico-assistenziali adeguate alle specificità del caso concreto. Sembrerebbe in via di accantonamento quell’interpretazione letterale del nuovo articolo 590 sexies che, come paventato dalla sentenza 28187, depotenzierebbe la tutela della salute, escludendo la punibilità del medico che, pur avendo cagionando un evento lesivo per imperizia, in qualche momento della relazione terapeutica abbia comunque fatto applicazione di direttive qualificate, anche se estranee al momento topico in cui l’imperizia lesiva si sia realizzata.

Sezioni unite - Informazione provvisoria n. 31 - 21 dicembre 2017

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