Responsabilità sanitaria, l’istanza di Atp conciliativo radica la competenza
La Cassazione, ordinanza n. 11804 depositata oggi, con un principio di diritto chiarisce anche che non contano mutamenti successivi della legge o dello stato di fatto processuale
Arriva un importante chiarimento sulla competenza nella responsabilità sanitaria regolata dalla legge Gelli Bianco. La Cassazione, ordinanza n. 11804 depositata oggi, afferma che è dirimente (ai fini appunto della competenza) il momento di presentazione della consulenza tecnica conciliativa. Mentre nulla contano eventuali successivi cambi della legge o delle parti o di altre condizioni processuali.
Gli eredi di un uomo deceduto a seguito di un ricovero, intendendo citare in un giudizio risarcitorio sia l’Asl Roma 6 (cui faceva capo la struttura di Frascati) sia il Policlinico Umberto I di Roma, proposero ricorso ex art. 696-bis Cpc dinanzi al Tribunale di Roma, come previsto dall’art. 8, co. 1, della legge n. 24/2017. Espletata la consulenza tecnica preventiva senza arrivare alla conciliazione, poiché la Atp aveva escluso la concorrente responsabilità del Policlinico, i danneggiati presentato ricorso soltanto nei confronti dell’Asl Roma 6 (ex art. 702-bis Cpc) davanti allo stesso Tribunale di Roma. Eccepita l’incompetenza da parte della Asl (a favore di Velletri, in quanto luogo nella cui circoscrizione si trova sia la sede legale dell’Azienda Sanitaria sia l’Ospedale in cui si era verificato l’evento), il Tribunale di Roma gli ha dato ragione affermando la propria incompetenza. Contro questa decisione gli eredi hanno proposto ricorso in Cassazione.
La Terza sezione civile per prima cosa ripercorre il procedimento da seguire. L’art. 8, co. 1 e 2, della legge n. 24 del 2017 - spiega - prescrive che chi intenda esercitare un’azione di risarcimento del danno per responsabilità sanitaria è tenuto a proporre (ex art. 696-bis Cpc) quale condizione di procedibilità una consulenza tecnica conciliativa in ordine all’esistenza del fatto e all’entità del danno, nell’auspicio che le parti possano trovare un accordo.
L’assenza di un provvedimento conclusivo del procedimento a cognizione sommaria, impedisce la sua piena sovrapponibilità con il procedimento ex art. 445-bis cod. proc., ed esclude la configurabilità del giudizio ex art. 8 legge n. 24 del 2017 come procedimento unitario a struttura bifasica; tuttavia - prosegue l’ordinanza - neppure può condividersi la tesi che attribuisce all’ATP conciliativo una finalità esclusivamente deflattiva, senza alcuna connessione funzionale o strumentale con il successivo accertamento di merito.
La finalità conciliativa-deflattiva, infatti, appare addirittura recessiva rispetto alla diversa ratio rappresentata dalla finalità di istruzione preventiva (sebbene non cautelare), in quanto il previo svolgimento del procedimento di cui all’art. 696-bis cod. proc. civ., da espletarsi «dinanzi al giudice competente» (art. 8, comma 1), serve ad anticipare un segmento istruttorio fondamentale per la risoluzione di cause caratterizzate – come quelle in tema di responsabilità sanitaria – da questioni soprattutto tecniche. In questo senso depone anche la previsione per cui ciascuna parte può chiedere che la relazione depositata dal consulente sia acquisita agli atti del successivo giudizio di merito.
In definitiva, spiega la Suprema core, da un lato, la natura strutturalmente non unitaria del giudizio regolato dall’art. 8 della legge n. 24/2017 (che non integra un giudizio unitario bifasico), esclude che la verifica della competenza debba avvenire già nel procedimento a cognizione sommaria con effetto preclusivo in quello a cognizione piena e impone, anzi, che la relativa questione sia discussa in seguito all’introduzione della domanda di merito, previa eccezione del convenuto nella comparsa di risposta, se si tratti di questione di competenza territoriale derogabile; dall’altro lato, la retroazione degli effetti (anche processuali, oltre che sostanziali) della domanda giudiziale (formulata con il deposito del ricorso ex art. 281-undecies Cpc) al momento del deposito del ricorso ex art. 696-bis Cpc, giustificata dal collegamento funzionale tra i due procedimenti, impone di individuare il momento determinativo della competenza in quello della proposizione dell’istanza di ATP conciliativo, non assumendo rilievo mutamenti successivi della legge o dello stato di fatto anche processuale.
Da qui l’enunciazione del seguente principio di diritto: “Il giudizio regolato dall’articolo 8 della legge n. 24/2017 non ha natura di giudizio bifasico strutturalmente unitario ma è composto da due procedimenti distinti (il primo a cognizione sommaria, il secondo a cognizione piena) funzionalmente collegati dalla finalità di anticipazione istruttoria propria dell’istanza di consulenza tecnica preventiva ex art. 696-bis cod. proc. civ.; tale natura, per un verso, esclude che la verifica della competenza debba avvenire già nel procedimento a cognizione sommaria con effetto preclusivo in quello a cognizione piena ed impone, anzi, che la relativa questione sia discussa in seguito all’introduzione della domanda di merito ex art. 281-undecies cod. proc. civ., previa eccezione del convenuto nella comparsa di risposta, se si tratti di questione di competenza territoriale derogabile; per altro verso, stante la “retroazione” degli effetti (non solo sostanziali ma anche processuali) della domanda giudiziale ex art. 281-undecies cod. proc. civ. al deposito del ricorso ex art. 696-bis cod. proc. civ., impone di individuare il momento determinativo della competenza in quello della proposizione dell’istanza di ATP conciliativo, non assumendo rilievo mutamenti successivi della legge o dello stato di fatto anche processuale”.