Civile

Resta vietata la delega all’amministratore che è proprietario

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di Augusto Cirla

Il divieto di conferire delega all’amministratore per partecipare all’assemblea vale anche se questi è condomino dello stabile che amministra, in quanto proprietario di una unità immobiliare. Il principio non cambia, dato che si trova in una pur potenziale situazione di conflitto di interessi: da un lato è mandatario della collettività ed è chiamato, come tale, a rendere annualmente conto della sua gestione, a eseguire le decisioni deliberate dall’assemblea e, in generale, a svolgere tutte le attribuzioni previste dalla legge; dall’altro, invece, vota nelle assemblee chiamate a deliberare sul suo operato, a confermarlo nell’incarico o a revocarlo.

Lo ha stabilito il Tribunale di Roma che, con la sentenza 9889 pubblicata il 13 maggio scorso (giudice D’Avino), ha dichiarato l’annullabilità della delibera di scissione dell’unico condominio in due autonomi condomini assunta dall’assemblea anche con il voto determinante espresso dall’amministratore, quale portatore di delega conferita da un condomino assente.

La contestazione
La delibera era stata impugnata censurando, tra l’altro, il difetto di quorum con cui si era deciso di sciogliere l’unico condominio e di costituire un supercondominio per la gestione dei beni rimasti in comune, considerato che, nonostante la presenza in assemblea, di persona o per delega, di tutti i parteciparti al condominio, la delibera aveva ottenuto il favore di poco più della metà del valore millesimale dell’edificio. Da qui la contestazione della validità della delega conferita all’amministratore, in base alla quale aveva espresso il voto a favore dello scioglimento. Infatti, l’articolo 67 delle disposizioni attuative del Codice civile, modificato dalla riforma del condominio (legge 220/2012), vieta ai condomini di conferire delega all’amministratore per la partecipazione a qualunque assemblea

La difesa del condominio, rappresentato peraltro dallo stesso amministratore portatore della delega contestata, ha sostenuto che il divieto dell’articolo 67 delle disposizioni attuative del Codice civile non era stato violato in quanto l’amministratore rivestiva anche la qualità di condomino; dunque, in questa sua veste e in base al diritto di ogni condomino di intervenire in assemblea anche a mezzo di un proprio rappresentante, questi aveva manifestato il voto in vece del suo delegante.

La sentenza
L’argomentazione non ha però convinto il Tribunale di Roma. Per il giudice, il divieto di delega all’amministratore, che in passato era applicabile solo nei casi di reale conflitto di interessi e di sicura divergenza tra ragioni personale del votante e contrari interessi del condominio, oggi, dopo la riforma del 2012, vale sempre, anche quando l’amministratore è condomino dell’edificio da lui stesso amministrato: «le ragioni di incompatibilità e di prevenzione che giustificano l’astratta imposizione ex lege», si legge nella sentenza, non vengono meno per il solo fatto che l’amministratore rivesta la qualità di condomino .

La sentenza non perde l’occasione per evidenziare la natura di contratto di mandato della delega, la non rilevabilità d’ufficio di eventuali conflitti tra delegante e delegato, i loro obblighi inerenti l’incarico e le conseguenze della delega al fine sia della valida costituzione dell’assemblea, sia dell’impugnativa prevista dall’articolo 1137 del Codice civile. Si sofferma infine sul concetto di «prova di resistenza» della votazione, intesa come verifica del raggiungimento o meno del quorum dopo avere escluso dal computo il voto espresso dal condomino falsamente rappresentato.

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