Civile

Revocatoria fallimentare, va accertata la percentuale della sproporzione tra prezzo d’acquisto e di mercato

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di Andrea Alberto Moramarco

In materia di revocatoria fallimentare, il presupposto della sproporzione tra le prestazioni, in relazione a una vendita immobiliare, non può ritenersi sussistente nell'ipotesi in cui il prezzo di acquisto dell'immobile si discosti dal suo valore effettivo nella misura del 15/20%. Tale percentuale esprime, infatti, la forbice che si registra nelle normali oscillazioni del mercato immobiliare. In tal caso, la vendita è sottratta alla revocatoria, nonostante il prezzo sia inferiore a quello di mercato. Questa regola è stata applicata dalla Corte d'appello di Napoli nella sentenza 3473/2015 nella quale si è però accertata la sproporzione del prezzo di una compravendita.

La vicenda - La controversia era sorta in seguito all'azione revocatoria proposta, ex articolo 67 della Legge fallimentare, dalla curatela del fallimento di una società nei confronti di una donna cui la stessa società aveva venduto un anno prima della dichiarazione del fallimento una villa di tre piani, dotata di garage, tavernetta e giardino, per la cifra di 700 milioni di lire. La curatela sosteneva che il prezzo pagato era notevolmente inferiore al valore effettivo di mercato, mentre l'acquirente convenuto affermava di non essere stato a conoscenza dello stato di dissesto finanziario dell'impresa e che il prezzo pagato era “basso” a causa degli ingenti lavori di ristrutturazione necessari per il completamento dell'immobile.

In primo grado i giudici avevano respinto la domanda in quanto dalla stima del cespite fatta dal c.t.u., ai sensi della legge sull'equo canone, non risultava una sproporzione del prezzo. In particolare, secondo il Tribunale il prezzo pagato non poteva considerarsi anomalo in quanto rientrante nella forbice di oscillazione del 20/25% accettata dalla giurisprudenza.

La decisione - In appello il verdetto viene ribaltato. Innanzitutto, per la Corte è pacifica l'applicazione nel caso di specie dell'orientamento «tendente a ritenere giustificato (e quindi escludente la sproporzione) un prezzo di acquisto di un immobile che si discosti dal suo valore effettivo nella misura del 15/20%, percentuale che esprimerebbe la forbice rappresentata dalle normali oscillazioni del mercato immobiliare, per effetto delle quali un atto di vendita potrebbe essere considerato “normale” anche se il suo prezzo fosse inferiore nella misura suindicata al valore reale in quel certo momento economico». Nel caso di specie, tuttavia, la sproporzione supera tale percentuale.

Per i giudici, infatti, il calcolo del valore dell'immobile effettuato dal c.t.u. e fatto proprio dal Tribunale è sbagliato in quanto facente riferimento alla legge sull'equo canone, legge cioè avente una diversa finalità, mentre avrebbe dovuto farsi riferimento ai criteri di calcolo delle superfici commerciali. Applicando tali criteri il prezzo di mercato dell'immobile venduto sale sino a più di 1 miliardo. E a fronte di una evidente sproporzione, «sarebbe stato onere della convenuta dimostrare l'esistenza, al momento dell'atto di trasferimento, di circostanze di significato univoco, tali da far ritenere a una persona di ordinaria prudenza e avvedutezza che l'imprenditore venditore si trovasse in una normale situazione di esercizio dell'impresa».

Corte d'Appello di Napoli - Sezione I BIS civile - Sentenza 24 agosto 2015 n. 3473

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