Penale

Riabilitazione, tre anni di buona condotta dall'estinzione anche della pena pecuniaria

Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza, n. 6923 del 2022

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di Francesco Machina Grifeo

I tre anni di "buona condotta" prodromoci alla "riabilitazione" non iniziano se il condannato, pur avendo scontato la reclusione, non ha ancora pagato la pena pecuniaria. Essa infatti costituisce parte della sanzione principale che deve dunque essere integralmente estinta perchè possa decorrere il termine necessario per la concessione della riabilitazione. Né ci si può trincera dietro il fatto che la cartella di pagamento sarebbe arrivata con "colpevole ritardo". Lo ha stabilito la Corte di cassazione, con la sentenza, n. 6923 del 2022, dichiarando inammissibile il ricorso di un uomo contro l'ordinanza del Tribunale di Torino che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile l'istanza di riabilitazione.

Secondo il ricorrente, il Tribunale ha attribuito una rilevanza decisiva alla mancata decorrenza del termine di tre anni dall'estinzione della pena pecuniaria, senza però considerare che egli aveva dato prova di buona condotta e di pieno reinserimento nella comunità, "tanto da provvedere al pagamento della pena pecuniaria non appena ricevuta la cartella di pagamento che era stata colpevolmente notificata a distanza di oltre tre anni dall'esecuzione della pena detentiva".

Per la Prima sezione penale, invece, il tribunale correttamente ha confermato la declaratoria di inammissibilità dell'istanza. L'articolo 179 del codice penale, infatti, al primo comma, stabilisce in modo chiaro che: "la riabilitazione è conceduta quando siano decorsi almeno tre anni dal giorno in cui la pena principale sia stata eseguita o si sia in altro modo estinta, e il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta". Il distacco temporale minimo di almeno tre anni tra estinzione, espiativa o meno, della pena e proposizione della richiesta è quindi previsto "senza lasciare spazio per interpretazioni differenti o per abbreviazioni discrezionali del termine stesso".

E, come chiarito dalla giurisprudenza della Corte, "la pena pecuniaria fa parte della sanzione principale che deve essere integralmente estinta perchè possa decorrere il triennio, preteso dal primo comma dell'articolo 179 codice penale". Nell'ipotesi di applicazione di pena detentiva congiunta a quella pecuniaria, dunque, ai fini del calcolo del termine triennale previsto per la riabilitazione "occorre avere riguardo non solo alla data di espiazione della pena detentiva, ma anche a quella di pagamento della pena pecuniaria, giacché anche quest'ultima contribuisce, allo stesso titolo, a costituire la pena principale del reato".

Tale sistema normativo, conclude la decisione, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non pone dubbi di legittimità costituzionale per contrasto con la "finalità e rieducativa della pena" atteso che "l'impossibilità di accedere al beneficio è ancorato alla mancata espiazione di una porzione della pena, quella pecuniaria per scelta volontaria del condannato che non deve necessariamente attendere l'avvio della procedura coattiva, a me un po adempiervi spontaneamente".

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