Amministrativo

Ricorso collettivo al Tar, inammissibile se c'è conflitto d'interessi anche solo "potenziale"

Con la sentenza 7632/2021 il Tar Lazio ha chiarito che la proposizionedi un'impugnativa collettiva è soggetta al rispetto di precisi requisiti

di Pietro Alessio Palumbo

Nel processo amministrativo la proposizione del ricorso collettivo rappresenta una deroga al principio generale secondo il quale ogni domanda fondata su un interesse meritevole di tutela deve essere proposta dal singolo titolare con separata azione. Con la sentenza 7632/2021 il Tar Lazio ha chiarito che la proposizione contestuale di un'impugnativa collettiva da parte di più soggetti, sia essa rivolta contro uno stesso atto ovvero contro più atti tra loro connessi, è soggetta al rispetto di precisi requisiti, alcuni di segno positivo, altri di segno negativo. I primi consistono nell'identità delle posizioni sostanziali e processuali dei ricorrenti, essendo necessario che le domande giurisdizionali siano identiche nell'oggetto, che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e che vengano censurati per gli stessi motivi. I secondi, invece, sono rappresentati dall'assenza di una situazione di conflittualità di interessi, anche solo "potenziale" o "velata", per effetto della quale l'accoglimento della domanda di una parte dei ricorrenti sarebbe razionalmente incompatibile con quella degli altri. Il tutto al fine di poter ragionevolmente considerare una pluralità di ricorrenti quale "unica parte processuale seppur soggettivamente complessa".

Non basta l'"apparenza"
Secondo il Tar capitolino il ricorso collettivo è inammissibile nel caso in cui sia proposto avverso il medesimo provvedimento da parte di soggetti diversi, con posizioni giuridiche "apparentemente" comuni tuttavia nei fatti, confliggenti. Ciò priva il giudice della possibilità di controllare la concreta e individuale pretesa vantata da ciascuno di essi. Il ricorso collettivo proposto da una pluralità di soggetti è dunque ammissibile solo ove non sussista un contrasto di tornaconto, evidente o eventuale ovvero ipotetico, tra i ricorrenti. E in ogni caso – si badi - è onere di parte ricorrente specificare le condizioni legittimanti e l'interesse di "ciascuno" dei reclamanti: possibili "zone d'ombra" del ricorso impediscono il sindacato sul reale interesse al ricorso in considerazione di una omogeneità e non ostilità reciproca dei "vantaggi" a cui aspirano i singoli.

La "concreta" inconciliabilità degli interessi
Nel caso affrontato dal Giudice amministrativo romano l'impugnativa collettiva era stata proposta da ben 65 ricorrenti. Alla stregua delle censure dedotte l'interesse primario a ricorso era sostanzialmente volto a contestare l'intera procedura in questione con una specifica domanda di annullamento della stessa. Ha osservato il Tar che in tali casi può accadere che seppur quale interesse "immediato" e comune la posizione soggettiva di più ricorrenti sia volta a ottenere l'annullamento della procedura con sua rinnovazione, tuttavia soltanto alcuni riescono effettivamente a conseguire l'utilità derivante dall'accoglimento della domanda mentre altri non ne conseguono alcuna, potendo persino subire un vero e proprio danno o pregiudizio. Nella vicenda le posizioni dei ricorrenti collettivi, ad analisi attenta, risultavano disomogenee, anzi, a ben vedere in inconciliabilità reciproca poiché se era vero che tutti aspiravano all'annullamento dei provvedimenti impugnati era altrettanto vero e incontrovertibile che l'eventuale accoglimento delle pretese di taluni avrebbe "potuto" ledere le aspirazioni dei restanti reclamanti.

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