Amministrativo

Riforma degli appalti: con i nuovi criteri restyling per il Codice e linee guida targate Anac

di Salvatore Mezzacapo

E' stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale n. 23 dello scorso 29 gennaio la cosiddetta delega appalti, legge 28 gennaio 2016 n. 11 recante « Deleghe al Governo per l'attuazione delle direttive 2014/23/UE, 2014/24/UE e 2014/25/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sull'aggiudicazione dei contratti di concessione, sugli appalti pubblici e sulle procedure d'appalto degli enti erogatori nei settori dell'acqua, dell'energia, dei trasporti e dei servizi postali, nonché per il riordino della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture».

Processo di integrazione europea della disciplina in tema di appalti - Un'altra tappa, rilevante anche se verosimilmente non quella finale, di un lungo percorso che, a partire dagli anni 70, vede la disciplina dei contratti pubblici oggetto di un processo di integrazione europea, il cui ultimo snodo è appunto rappresentato dalle citate direttive del 2014. Queste ultime, a loro volta, sono il frutto di un lavoro iniziato nel gennaio del 2011 con la pubblicazione da parte della Commissione del Libro verde, intitolato « Modernizzazione della politica dell'UE in materia di appalti pubblici. Per una maggiore efficienza del mercato europeo degli appalti ».

È opinione largamente condivisa quella per cui le nuove direttive, pur ancora largamente e in certo senso anche tradizionalmente ispirate al tema della concorrenza intesa come accesso a questo speciale mercato di tutti gli operatori (a tal fine operando per assicurare loro condizioni di parità, trasparenza e imparzialità), registrano anche la presenza e il rilievo di temi ulteriori, dalla tutela dell'ambiente alla garanzia di misure sociali e del lavoro, oltre al chiaro favor per la partecipazione delle piccole e medie imprese. Va semplicemente poi ricordato che le tre direttive si applicano solo ai contratti con importo pari o superiore a determinate soglie e riscrivono per la quarta volta la normativa europea sui contratti pubblici e sostituiscono la direttiva 2004/18/Ce e la direttiva 2004/17/Ce, che vengono conseguentemente abrogate.

Torna utile ricordare, per quanto necessariamente e inevitabilmente in maniera sommaria, alcuni tra i punti in assoluto caratterizzanti le direttive del cui recepimento si tratta che, quanto alla direttiva sugli appalti pubblici, sono l'ampliamento del novero delle procedure di aggiudicazione e, relativamente ai criteri di aggiudicazione, la netta preferenza nei confronti dell'offerta economicamente più vantaggiosa, peraltro accompagnata dalla previsione di nuove modalità per la relativa individuazione. Va pure segnatala una forte spinta in direzione della semplificazione delle procedure con specifico riferimento al ricorso allo strumento della autodichiarazione e al potenziamento del meccanismo del cosiddetto soccorso istruttorio, così come merita di essere richiamata la nuova attenzione al rispetto degli obblighi in materia di diritto ambientale, sociale e del lavoro nonché il rafforzamento degli obiettivi della lotta ai conflitti di interesse, alla corruzione e ai favoritismi.
Si tratta ora di verificare, sia pure per sommi, il percorso del recepimento di cui è questione e, a ben considerare, l'“impostazione” data dalla legge delega al processo di recepimento. A cominciare dai termini assegnati dal legislatore delegante.

Per l'adozione del “decreto di recepimento delle direttive” è assegnato al Governo il termine del prossimo 18 aprile (essendo le direttive del cui recepimento si tratta entrate in vigore il 17 aprile 2014) e per l'adozione del “decreto di riordino”, cioè il decreto legislativo per il riordino complessivo della disciplina vigente in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture, il termine del 31 luglio 2016.

In verità, la stessa legge delega lascia la facoltà al governo, che si spera venga esercitata per evidenti ragioni di organicità e sistematicità della disciplina, di adottare un unico decreto legislativo per le materie di che trattasi. In detta eventualità, la procedura per l'adozione dell'unico decreto è ovviamente quella che la stessa legge delega stabilisce nell'ipotesi “ordinaria” dell'adozione di due decreti.
Innanzitutto, nell'esercizio della delega, la legge vuole che, a monte, il governo coordini, sentita l'Anac, lo svolgimento delle consultazioni delle principali categorie di soggetti pubblici e privati destinatari della nuova normativa. Quindi, quanto alla procedura, è prevista l'espressione di un parere sul testo del governo da parte del Consiglio di Stato e della Conferenza unificata, tenuti tuttavia a pronunciarsi entro venti giorni dalla trasmissione del testo nonché una pronuncia delle Commissioni parlamentari competenti, che si pronunciano entro trenta giorni dalla trasmissione. Di rilievo la previsione per cui l'inutile decorso dei ricordati termini consente al Governo di adottare il/i decreto/i anche in mancanza dei detti pareri.

Devesi rilevare, con specifico riferimento al prescritto parere delle Commissioni parlamentari, che ove questo indichi talune disposizioni come non conformi ai princìpi e criteri direttivi della legge delega, il Governo, con le proprie osservazioni e con eventuali modificazioni, ritrasmette il testo alle Camere per il parere definitivo delle Commissioni parlamentari competenti, da esprimere entro quindici giorni dall'assegnazione, decorso il quale il decreto legislativo può essere comunque emanato. Si tratta di un meccanismo che deroga alla consolidata prassi del «doppio parere parlamentare», poiché appunto non comporta l'espressione di un nuovo parere da parte delle Commissioni parlamentari.
Nel caso in cui si opti appunto per l'unico decreto, il varo di questo determina l'abrogazione del codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006 n. 163. Quanto all'ambito applicativo, ai sensi del sesto comma dell'articolo 1 della delega, l'attuazione delle tre direttive in questione è disciplinata dalle regioni a statuto speciale e dalle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi desumibili dalle disposizioni della delega medesima, che costituiscono norme fondamentali di riforma economico-sociale. Si tratta di soggetti che, com'è noto, hanno competenza legislativa in molteplici materie elencate nei rispettivi statuti speciali e nelle norme di attuazione, anche se la competenza “esclusiva” si esplica – secondo le esatte diciture contenute negli statuti stessi - “in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonché delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica”.
In ogni caso, la vigente formulazione dell'articolo 4 del Codice dei contratti disciplina in modo dettagliato l'applicazione delle norme sugli appalti pubblici alle autonomie speciali. Per certi versi più significativa la disposizione di cui al successivo comma 7 la quale dispone che « Gli organi costituzionali stabiliscono nei propri ordinamenti modalità attuative dei princìpi e criteri direttivi previsti dalla presente legge nell'ambito delle prerogative costituzionalmente riconosciute », essendo la materia dell'evidenza pubblica nell'uso di risorse finanziarie e della tutela della concorrenza disciplinata dalle camere con regolamenti interni.

Legge 28 gennaio 2016 n. 11

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©