Riforma Orlando, appello del Pg solo se c’è intesa con il Procuratore
Le Sezioni unite, con la sentenza 21716, chiariscono anche che l’acquiescenza del procuratore della Repubblica al provvedimento non può essere riferita anche al Pm che abbia presentato le conclusioni nel giudizio di primo grado
La legittimazione del procuratore generale a proporre appello, in seguito all’acquiescenza del procuratore della Repubblica, dipende dalle intese o dalle altre forme di coordinamento previste dal Codice di rito penale. Norme che impongono al Pg di acquisire tempestivamente notizie sulle determinazioni del procuratore della Repubblica in merito all’impugnazione della sentenza. Le Sezioni unite, con la sentenza 21716, nel far luce sulla disciplina delle impugnazioni penali, disegnata dalla riforma Orlando (Dlgs 11/2018) chiariscono anche che l’acquiescenza del procuratore della Repubblica al provvedimento, non può essere riferita anche al Pubblico ministero che abbia presentato le conclusioni nel giudizio di primo grado. Inoltre, in assenza delle condizioni per presentare appello (articolo 593 bis, comma 2 del Codice di procedura penale) il procuratore generale non può fare ricorso per Cassazione né immediato né ordinario.
Queste le risposte, sollecitate dalla sezione remittente, che aveva segnalato una giurisprudenza ondivaga. Il Supremo consesso detta punti fermi guardando alla ratio della riforma che, con l’inserimento dell’articolo 593-bis nel Codice di rito, voleva evitare al giudice di secondo grado di essere chiamato a decidere su più atti di appello, presentati contro la stessa sentenza di primo grado, da più organi dell’ufficio del pubblico ministero. Le Sezioni unite affermano che, se lo scopo è evitare la somma delle impugnazioni, si raggiunge chiarendo che il Pg, presso la Corte d’Appello deve «promuovere le intese ed esercitare la funzione di verifica in maniera tale da definire quale dei due uffici di procura presenterà l’atto di impugnazione».
Una soluzione, coerente con il sistema penale, che supera anche gli inconvenienti temuti dalla dottrina e dalla giurisprudenza, sul contestuale decorso dei termini per impugnare sia per il Pg sia per il procuratore.
Il tavolo è sgombrato anche dal dubbio che la legittimazione del Pg possa essere condizionata dalle iniziative eventualmente assunte dal pubblico ministero, che nel giudizio di primo grado aveva presentato le conclusioni. Anche in questo caso i giudici decidono guardando alla riforma del 2018 che non ha inciso in alcun modo sulla legittimazione ad impugnare del Pm.
In linea con la finalità perseguita dalla legge del 2018 anche l’inappellabilità in Cassazione per il Pg, in assenza delle condizioni. Il ricorso alla Suprema corte è precluso sia se ordinario sia per saltum. Ancora una volta perché il fine è deflazionare il lavoro del giudice di appello attraverso un razionale coordinamento delle iniziative degli uffici di procura di primo e secondo grado.