Risarcibile il danno da omessa contribuzione solo al raggiungimento dell'età pensionabile
E la Cassazione con l'ordinanza 27014/2022 precisa che da quel momento decorre la prescrizione
Quando il danno da omessa contribuzione consista nelle perdita della pensione, esso non può considerarsi realizzato e non è, pertanto, risarcibile prima che il lavoratore abbia raggiunto l'età pensionabile. Solo da questo momento, pertanto, e non prima, può decorrere la prescrizione, in aderenza alla lettera dell'articolo 2935 Cc, sia nell'eventualità il danno derivi da un inadempimento contrattuale (omesso pagamento dei contributi) sia nell'ipotesi lo stesso costituisca la conseguenza di un fatto colposo o doloso contra ius (nella specie: erronea cancellazione dalla liste di collocamento obbligatorio), atteso che l'unica differenza tra le due azioni consentite al danneggiato è la durata del termine perché maturi la prescrizione, mentre non esiste alcuna ragione logica e giuridica che giustifichi la fissazione di un diverso exordium praescriptionis. Questo il principio espresso dalla Sezione III della Cassazione con l'ordinanza 14 settembre 2022 n. 27014.
I precedenti
Sulla prima parte della massima, nello stesso senso - ricordata in motivazione nella pronunzia in rassegna - e, in particolare, per l'affermazione che il diritto al risarcimento del danno per omessa od irregolare contribuzione assicurativa, di cui al secondo comma dell'articolo 2116 Cc, sorge nel momento in cui si verifica il duplice presupposto della inadempienza contributiva del datore di lavoro e della perdita totale o parziale della prestazione previdenziale; da tale momento, pertanto, e non da quello in cui sia maturata la prescrizione dei contributi dovuti, decorre la prescrizione di tale diritto, restando irrilevante, a questo effetto, l'emanazione del provvedimento definitivo di rifiuto della prestazione assicurativa da parte dello istituto previdenziale a causa della constatata deficienza (o insufficienza) contributiva, trattandosi di un atto meramente dichiarativo, riferito ad un'obbligazione che deriva unicamente dalla legge in presenza di determinati presupposti, Cassazione, sez. un., sentenza 18 dicembre 1979, n. 6568, in 6568, in Giustizia civile, 1980, I, p.585, nonché in Giurisprudenza italiana, 1980, I, 1, c. 806, con nota di Galligani G., Un meditato ripensamento delle sezioni unite civili della cassazione.
Nello stesso senso - il danno subito dal lavoratore per la perdita della pensione, derivata dall'omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro ex articolo 2116 Cc, si verifica al raggiungimento dell'anzianità pensionabile, con la conseguenza che da tale momento decorre il termine decennale di prescrizione del diritto al risarcimento, fermo restando, peraltro, che - completata la fattispecie produttiva del danno - il lavoratore è tenuto a provare di aver chiesto vanamente al datore di lavoro la costituzione della rendita vitalizia di cui all'art. 13, legge 12 agosto 1962, n. 1338, dovendosi ritenere, diversamente, che abbia concorso con la propria negligenza a cagionare il danno medesimo, che può essere, conseguentemente, ridotto od escluso ai sensi dell'art. 1227 Cc - Cassazione, sentenza 11 settembre 2013, n. 20827.
I due requisiti per il risarcimento
Analogamente, in molteplici occasioni si è precisato, in sede di legittimità:
- il diritto del lavoratore al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione assicurativa, a norma dell'art. 2116, secondo comma, Cc, sorge sul duplice presupposto dell'inadempienza contributiva del datore di lavoro e della perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale od assistenziale e, pertanto, la prescrizione di esso - anche nell'ipotesi d'inadempienza contributiva per compensi accertati con successiva sentenza di condanna - decorre dal momento in cui si è verificata detta perdita, restando irrilevante l'emanazione del provvedimento negativo della prestazione da parte dell'istituto previdenziale, atteso che esso ha natura meramente dichiarativa (e non costitutiva) della perdita (totale o parziale) del diritto alla prestazione, Cassazione, sentenza 15 febbraio 1985, n. 831 e non è valorizzabile neppure ai fini della conoscenza, da parte del lavoratore, dell'inadempimento contributivo, stante l'obbligo del datore di lavoro, ai sensi dell'art. 38 della legge n. 153 del 1969, di comunicare al lavoratore, entro il 31 marzo di ogni anno, gli importi versati all'INPS nell'anno precedente, Cassazione, sentenza 19 dicembre 1991, n 13715;
- il diritto del lavoratore al risarcimento del danno per omessa o irregolare contribuzione assicurativa, sorge nel momento in cui si verifica la perdita totale o parziale della prestazione previdenziale, tanto che solo da tale momento (e non da quello in cui si è maturata la prescrizione dei contributi) decorre la prescrizione del relativo diritto, e dallo stesso momento diviene esperibile la correlativa azione giudiziaria, perché la responsabilità del datore di lavoro si fonda sul duplice presupposto dello inadempimento contributivo e della conseguente perdita, totale o parziale, della pensione, Cassazione, sentenze 15 febbraio 1988, n. 1622; 19 febbraio 1986, n. 993, ove la precisazione che tale principio è applicabile sia alle ipotesi di rapporti di lavoro ininterrottamente intercorsi tra le parti, sia alle ipotesi di rapporti di lavoro separati e distinti, intercorsi con lo stesso o con diversi datori di lavoro; 21 gennaio 1986, n. 374 e 22 ottobre 1985, n. 5187, secondo le quali è irrilevante il momento in cui sia maturata la prescrizione dei contributi dovuti.
Niente transazione prima dell'età pensionabile
Sempre al riguardo si è ritenuto, altresì:
- in tema di omissioni contributive, l'azione attribuita al lavoratore dall'articolo 2116 Cc per il conseguimento del risarcimento del danno patrimoniale - consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante - presuppone che siano maturati i requisiti per l'accesso alla prestazione previdenziale e postula l'intervenuta prescrizione del credito contributivo; ne consegue che prima del perfezionamento dell'età pensionabile, in presenza di diritti non ancora entrati nel patrimonio del creditore, sussiste l'impossibilità di disporre validamente della posizione giuridica soggettiva inerente al diritto al risarcimento del danno pensionistico, Cassazione, sentenza 8 giugno 2021, n. 15947, in Lavoro nella giurisprudenza, 2021, p. 1136 (con nota di Torsello L., Riflessioni sul diritto alla integrità contributiva), che ha cassato la decisione che aveva ritenuto che il diritto al risarcimento del danno pensionistico potesse essere oggetto di una transazione intervenuta prima del raggiungimento dell'età pensionabile da parte del dipendente. (Nello stesso senso, in tema di omissioni contributive, il presupposto dell'azione risarcitoria attribuita al lavoratore dall'articolo 2116 Cc è costituito dall'intervenuta prescrizione del credito contributivo, poiché, una volta che si siano realizzati i requisiti per l'accesso alla prestazione previdenziale, tale situazione determina l'attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile, consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante, Cassazione, sentenza 30 ottobre 2018, n. 22660);
- il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, ai sensi dell'art. 2116, comma 2, Cc, per omessa o irregolare contribuzione assicurativa sorge non nel momento in cui contributi assicurativi omessi (totalmente o parzialmente) avrebbero dovuto essere versati o alla data di cessazione del rapporto di lavoro, né in quello in cui sia maturata la prescrizione dei contributi medesimi, bensì nel momento in cui viene ad esistenza il duplice presupposto della fattispecie risarcitoria di cui alla citata norma, e cioè l'inadempimento contributivo del datore di lavoro, divenuto irreversibile, e, con l'avveramento dello evento protetto dall'Assicurazione (età pensionabile o Invalidità), la perdita, totale o parziale, della prestazione previdenziale. La prescrizione decennale di tale diritto inizia a decorrere dal momento in cui, verificatosi l'evento assicurato, l'istituto previdenziale abbia, con provvedimento definitivo, negato, in tutto o in parte, la prestazione assicurativa, la cui perdita (totale o parziale), avente natura costitutiva della fattispecie risarcitoria, resta accertata dal detto provvedimento; Cassazione, sentenza 4 giugno 1988, n. 3790, in Mass. giur. lavoro, 1988, p, 847, con nota di Fontana A., Prescrizione del diritto al risarcimento del danno ex art. 2116, secondo comma, cod. civ.: ancora un contrasto in seno alla giurisprudenza della cassazione;
- la prescrizione del diritto del lavoratore al risarcimento del danno, per il caso di omesso od irregolare versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali da parte del datore di lavoro, decorre dal momento in cui, oltre alla inadempienza contributiva, si sia verificata la perdita, totale o parziale, della prestazione assicurativa, e pertanto, trattandosi di pensione di vecchiaia, dal compimento dell'età pensionabile, ancorché il rapporto di lavoro continui, Cassazione, sentenza 22 luglio 1976, n. 2931;
- l'azione del lavoratore nei confronti del datore di lavoro per i danni conseguenti all'omesso o parziale pagamento dei contributi assicurativi, prevista dall'articolo 2116 Cc, va distinta per contenuto e presupposti dalla azione diretta alla tutela della posizione assicurativa e si prescrive nel termine di dieci anni, i quali decorrono dal momento in cui l'istituto di previdenza ha rifiutato di corrispondere in tutto o in parte le prestazioni previdenziali previste dalla legge, e non già dal momento della cessazione del rapporto di lavoro o da quello dell'avvenuta prescrizione dei contributi evasi, Cassazione, sentenza 10 agosto 1977, n. 3700.
Il ruolo dell'ente previdenziale
Per ulteriori riferimenti cfr.:
- nel senso che in caso di omesso versamento di contributi da parte del datore di lavoro, l'ordinamento non prevede un'azione dell'assicurato volta a condannare l'ente previdenziale alla regolarizzazione della sua posizione contributiva, nemmeno nell'ipotesi in cui l'ente previdenziale, che sia stato messo a conoscenza dell'inadempimento contributivo prima della decorrenza del termine di prescrizione, non si sia tempestivamente attivato per l'adempimento nei confronti del datore di lavoro obbligato, residuando unicamente in suo favore la facoltà di chiedere all'Inps la costituzione della rendita vitalizia ex articolo 13 della legge n 1338 del 1962 ed il rimedio risarcitorio di cui all'articolo 2116 c.c. Né tale ultima azione è impedita dalla cancellazione della società datrice di lavoro dal registro delle imprese, determinandosi in tale ipotesi un fenomeno successorio in forza del quale l'obbligazione della società non si estingue, ma si trasferisce ai soci, che ne rispondono nei limiti di quanto riscosso a seguito della liquidazione o illimitatamente a seconda che, pendente societate, fossero responsabili per i debiti sociali in via limitata o illimitata, Cassazione, sentenza 10 marzo 2021, n. 6722;
- per la precisazione che nel caso di omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro che sia stato dichiarato fallito e di prescrizione del corrispondente diritto di credito spettante all'ente previdenziale, il prestatore di lavoro non può più avanzare domanda di condanna alla costituzione di una rendita vitalizia ex articolo 13 della legge n. 1338 del 1962, ma soltanto insinuarsi al passivo del fallimento a titolo di risarcimento del danno per equivalente, ai sensi dell'art. 2116, comma 2, Cc, per una somma pari alla riserva matematica liquidata dall'ente previdenziale, restando in questo caso irrilevante il mancato raggiungimento dell'età pensionabile da parte del danneggiato, Cassazione, ordinanza 29 dicembre 2017, n.31184;
- per il rilievo che il danno subito dal lavoratore per la perdita della pensione, derivata dall'omessa contribuzione previdenziale da parte del datore di lavoro ex articolo 2116 Cc, si verifica al raggiungimento dell'anzianità pensionabile, con la conseguenza che da tale momento decorre il termine decennale di prescrizione del diritto al risarcimento, fermo restando, peraltro, che - completata la fattispecie produttiva del danno - il lavoratore è tenuto a provare di aver chiesto vanamente al datore di lavoro la costituzione della rendita vitalizia di cui all'art. 13, legge 12 agosto 1962, n. 1338, dovendosi ritenere, diversamente, che abbia concorso con la propria negligenza a cagionare il danno medesimo, che può essere, conseguentemente, ridotto od escluso ai sensi dell'art. 1227 Cc, Cassazione, sentenza 11 settembre 2013, n. 20827.
In termini generali - ricordata in motivazione nella pronunzia in rassegna - per l'affermazione che in tema di prescrizione del diritto al risarcimento del danno, posto che essa, sia nel caso di responsabilità extracontrattuale che contrattuale, non può iniziare a decorrere prima del verificarsi del danno di cui si chiede il risarcimento, Cassazione, sentenze 5 dicembre 2011, n. 26020, che ha ritenuto, pertanto, che ove il danno consegua all'accoglimento giudiziale di una pretesa altrui, la prescrizione stessa inizia a decorrere soltanto dalla data del passaggio in giudicato di detto accoglimento ovvero dalla data in cui è emesso un provvedimento giudiziale suscettibile di essere posto in esecuzione; 22 luglio 2005, n. 15504 e 12 dicembre 2003, n. 18995.