Risarcimento del danno, su Twitter può scattare la diffamazione
Il post non esime l'autore dal necessario rispetto della continenza espressiva in quanto non può concretizzare una manifestazione del pensiero irresponsabile sol perché veicolata tramite il mezzo prescelto
L'uso di una piattaforma come Twitter, o altre equivalenti, implica l'osservanza del limite intrinseco del giudizio che si posta in condivisione, il quale, come ogni giudizio, non può andar disgiunto dal contenuto che lo contraddistingue e dalla forma espressiva, soprattutto perché tradotto in breve messaggio di testo per sua natura assertivo o scarsamente motivato e il post in Twitter non esime l'autore dal necessario rispetto della continenza espressiva in quanto non può concretizzare una manifestazione del pensiero irresponsabile sol perché veicolata tramite il mezzo prescelto. Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 16 maggio 2023, n. 13411.
Preliminarmente, sul punto è necessario comprendere il rapporto che intercorre tra il diritto di critica e la diffamazione.
Il diritto di critica e la diffamazione
Il diritto di critica è esplicitato dall'articolo 21 della Costituzione Italiana, e in particolare al primo comma viene sancito che tutti hanno il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.
Tuttavia, è importante non confondere il diritto di critica con il diritto di cronaca, infatti quest'ultimo consiste nella narrazione di avvenimenti attraverso un'opinione oggettiva.
Il diritto di critica, invece, non ha come solo obiettivo quello di informare, ma attribuisce valutazioni personali e giudizi su fatti veri o ragionevolmente tali in considerazione del prestigio della fonte che lo cita.
In merito alla diffamazione, bisogna riportarsi all'articolo 595 del Codice penale, il quale stabilisce che chiunque comunicando con più persone offende l'altrui reputazione, è punto con la reclusione secondo i termini di legge.
In tale contesto, il diritto di critica può, in alcune condizioni, offendere legittimamente la reputazione, ma vi deve essere un interesse dell'opinione pubblica alla conoscenza non del fatto in sé, ma del giudizio sullo stesso.
È opportuno precisare, infatti, che il diritto di critica in virtù della sua natura di diritto di libertà, può essere utilizzato come scriminante ai sensi dell'articolo 51 del Codice penale, rispetto al reato di diffamazione, purché venga esercitato in considerazione dei limiti della veridicità dei fatti, della pertinenza delle ragioni/opinioni e della morigeratezza espressiva.
Il caso esaminato
La vicenda tra origine dal ricorso della Consob al Tribunale di Roma contro Tizio chiedendone la condanna al risarcimento dei danni da diffamazione, sostenendo che a partire dal 2012, Tizio in qualità di presidente di Alfa, aveva messo in atto una campagna denigratoria mediante comunicati stampa su Twitter tesi a ingenerare nell'opinione pubblica il dubbio che la Consob agisse col fine di difendere gli interessi dei soggetti vigilati, in collusione con taluni operatori del mercato finanziario colpevoli di gravi illeciti.
Il Tribunale adito a seguito delle varie osservazioni aveva ritenuto meritevoli di accoglimento i motivi della Consob con la conseguente condanna al risarcimento danni per Tizio.
Avverso tale sentenza Tizio presentava appello lamentando che il Giudice non si era avveduto che la diffamazione era giustificata dal suo diritto di critica.
La Corte d'Appello di Roma alla luce delle diverse osservazioni non ha accolto l'appello riconoscendo fondata la pretesa risarcitoria per il danno da diffamazione.
Avverso la sentenza della Corte d'Appello di Roma, Tizio ha proposto ricorso per cassazione illustrato da quattro motivi.
Al fine della nostra analisi ci focalizzeremo sul primo motivo che denuncia la violazione ovvero falsa applicazione di norma di diritto o della Costituzione., artt. 21, 51 e 595 c.p. 2043 c.c. per omessa considerazione del contesto entro cui le dichiarazioni erano state rese tramite pubblicazione di tweet.
In particolare, Tizio Assume che la sentenza abbia valutato le affermazioni estrapolandole dal contesto, così da trattarle in maniera atomistica, mentre le stesse si sarebbero dovute valutare anche tenendo conto della piattaforma su cui erano state pubblicate e del metodo informativo a essa sotteso.
In questa prospettiva le frasi avrebbero dovuto considerarsi libera espressione di un pensiero critico rivolto in modo generico all'attività istituzionale svolta.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione, con la citata ordinanza 16 maggio 2023 n. 13411 ha ritenuto non meritevoli di accoglimento i quattro motivi ed ha rigetto il ricorso di Tizio.
In particolare, la Suprema Corte, ha voluto ricordare che il diritto di critica, anche in ambito latamente politico, sebbene consenta il ricorso a toni aspri e di disapprovazione più pungenti e incisivi rispetto a quelli comunemente adoperati nei rapporti tra privati, è pur sempre condizionato dal limite della continenza intesa come correttezza formale dell'esposizione e non eccedenza dai limiti di quanto strettamente necessario per il pubblico interesse.
In conclusione, gli ermellini, rigettando il ricorso di Tizio, hanno appurato che è infondato affermare che nell'attuale contesto sociale l'utilizzo di un social-network, e segnatamente di Twitter, consentendo di esprimere e condividere brevi ma incisivi messaggi di testo, imponga una valutazione dei medesimi in modo meno rigoroso quanto al necessario rispetto dei noti limiti che circondano l'esercizio del diritto di critica.