Civile

Risarcita la “scivolata” sul chicco d'uva caduto dal banco del supermercato

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di Antonino Porracciolo

L'obbligo di risarcire i danni provocati dalla cosa in custodia viene meno solo in presenza del caso fortuito, che va inteso come situazione imprevedibile e inevitabile esterna alla cosa custodita. Lo ribadisce il Tribunale di Perugia (giudice Ilenia Miccichè) in una sentenza dello scorso 27 novembre.

Nell'ottobre 2010 l'attore era scivolato all'interno di un supermercato, vicino l'area di esposizione della frutta; aveva poi chiesto il risarcimento del danno, sostenendo di esser caduto a causa di acqua non segnalata. Dal canto suo, la Spa che gestisce il centro aveva negato che, al momento del sinistro, per terra vi fosse acqua o altro liquido.

Nell'accogliere la domanda, il Tribunale osserva, innanzitutto, che la controversia riguarda la responsabilità per i danni causati da cosa in custodia (articolo 2051 del Codice civile). Una responsabilità che si fonda sui «poteri che la particolare relazione con la cosa attribuisce al custode», ed è esclusa dal caso fortuito, e cioè da un fatto non prevedibile né evitabile. Inoltre, trattandosi di responsabilità extracontrattuale, l'attore deve provare solo il «rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo», mentre il convenuto ha l'onere di dimostrare - prosegue il giudice - «l'esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo a interrompere quel nesso causale».

Nel caso in esame, l'istruttoria aveva dimostrato che l'uomo «era caduto sopra un chicco d'uva», in un punto «poco distante dal banco della frutta». L'attore aveva dunque provato il «nesso causale tra la cosa in custodia (il supermercato) e il danno arrecato a terzi (l'occorso sinistro)». La Spa convenuta, invece, non aveva dimostrato «che il pavimento fosse stato pulito poco prima del fatto», né che, di conseguenza, la caduta si potesse «ricondurre a caso meramente fortuito».

Inoltre, il Tribunale esclude di dover affermare un concorso di colpa del danneggiato (articolo 1227, comma 1, del Codice civile): infatti, nulla consente «di ipotizzare la certa visibilità del chicco d'uva sul pavimento», né, dunque, «un difetto di diligenza in capo all'attore». Così la società convenuta è condannata a risarcire il danno, liquidato in 4.800 euro.

Tribunale di Perugia – Sentenza 27 Novembre 2015

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