Civile

Rito sommario, incostituzionale l'inammissibilità della domanda riconvenzionale se pregiudiziale e di competenza collegiale

di Andrea Alberto Moramarco

In tema di rito sommario di cognizione, se «con la domanda riconvenzionale sia proposta una causa pregiudiziale a quella oggetto del ricorso principale e la stessa rientri tra quelle in cui il tribunale giudica in composizione collegiale», il giudice adito deve poter disporre il mutamento del rito fissando l'udienza di cui all'articolo 183 cod. proc. civ.. Ad affermarlo è la Corte costituzionale con la sentenza n. 253, depositata il 26 novembre, dichiarando l'illegittimità costituzionale dell'articolo 702-ter comma 2 ultimo periodo cod. proc. civ., che impone, invece, al giudice adito di dichiarare inammissibile la domanda riconvenzionale.

La vicenda
La controversia da cui trae origine la questione di legittimità costituzionale prende le mosse da un ricorso ex articolo 702-bis cod. proc. civ., con il quale gli eredi nominati in un testamento olografo agivano nei confronti del proprio genitore che possedeva i beni devoluti in successione agli stessi, chiedendone la restituzione. Costituitosi in giudizio, il genitore domandava però in via riconvenzionale l'accertamento della nullità del suddetto testamento, rivendicando la propria qualità di erede in virtù di precedente testamento pubblico.
Il Tribunale di Termini Imerese constatava però che la causa introdotta dal convenuto era di competenza del tribunale in composizione collegiale e che la stessa aveva carattere pregiudiziale rispetto alla domanda introdotta dagli attori. Ai sensi dell'articolo 702-ter comma 2 ultimo periodo cod. proc. civ., il giudice avrebbe dovuto però dichiarare inammissibile la domanda riconvenzionale, aprendo la strada ad una decisione separata delle due cause dagli esiti potenzialmente differenti, in contrasto con il principio di ragionevolezza, ex articolo 3 Cost., e con il diritto di difesa, di cui all'articolo 24 Cost. Di qui la richiesta di intervento della Consulta, non potendo il Tribunale addivenire ad una diversa interpretazione che evitasse la dichiarazione di inammissibilità, a fronte della chiara formulazione letterale della norma.

Il procedimento sommario di cognizione
La Corte costituzionale condivide il ragionamento del giudice remittente e ritiene, innanzitutto, rilevante la questione di legittimità sollevata, per via del carattere pregiudiziale sul piano tecnico giuridico della domanda riconvenzionale e del fatto che la stessa, ex articolo 50-bis comma 1 n. 6 cod. proc. civ., compete al tribunale in composizione collegiale, dinanzi al quale non è possibile procedere con il rito sommario di cognizione.
Ciò posto, i Giudici delle leggi si soffermano sul ruolo che nell'ordinamento svolge sin dalla sua introduzione (Legge 69/2009) il rito sommario di cognizione, quale alternativa al processo ordinario, caratterizzato da celerità, speditezza, semplicità sul piano istruttorio. Si tratta, cioè, di un «binario processuale più agile», riservato alle controversie connotate da maggiore semplicità, la cui disciplina consente al giudice di passare all'altro binario, ovvero il processo ordinario di cognizione, qualora le difese svolte dalle parti richiedano una istruzione non sommaria. A tale facoltà discrezionale, nota la Consulta, corrisponde in via del tutto speculare la possibilità per il giudice di transitare dal rito ordinario a quello sommario, valutata la complessità della lite e dell'istruzione probatoria, così come previsto dall'articolo 183-bis cod. proc. civ.. In tale contesto normativo, secondo i giudici costituzionali, deve essere vagliata la norma censurata.
Ebbene, laddove l'articolo 702-ter comma 2 ultimo periodo cod. proc. civ. prevede la dichiarazione di inammissibilità della domanda riconvenzionale poiché di competenza del tribunale in composizione collegiale, «pone una conseguenza sproporzionata e, quindi, irragionevole ex articolo 3 Cost., rispetto al pur legittimo scopo perseguito dal legislatore». Difatti, la causa pregiudicata sarebbe trattata con rito sommario, mentre quella pregiudicante con quello ordinario, con invitabili inconvenienti fino «all'estremo del conflitto di giudicati».

La facoltà dell'autorità giudiziaria nella scelta del rito
La regola della inammissibilità della domanda convenzionale soggetta a riserva di collegialità dà luogo così ad una conseguenza eccessiva e irragionevole, impedendo poi al giudice del procedimento sommario di «valutare la complessità risultante dall'ampliamento del thema disputatum e dalle difese svolte dalle parti», e di mutare così il rito fissando l'udienza di cui all'articolo 183 cod. proc. civ. In altri termini, ciò che la norma censurata impedisce è il «controllo dell'autorità giudiziaria nella scelta del rito più adatto per la definizione della controversia in primo grado», così come previsto sia dall'articolo 183-bis che dall'articolo 702-ter comma 5 cod. proc. civ.. La norma censurata, dunque, «imponendo la declaratoria di inammissibilità della domanda riconvenzionale che veicoli una causa attribuita al tribunale in composizione collegiale» non consente al giudice stesso di valutare l'opportunità, in alternativa, di disporre il mutamento del rito.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©

Correlati

Procedimento civile - Rito sommario di cognizione - Inammissibilità della domanda, principale o riconvenzionale, che non rientri tra quelle indicate nell'art. 702 bis codice di procedura civile, vale a dire tra le cause di competenza del tribunale in composizione monocratica - Applicabilità della previsione alla domanda riconvenzionale, anche nel caso in cui sussista un rapporto di pregiudizialità tra la domanda principale e quella riconvenzionale. - Questione di legittimità costituzionale: art. 702 ter, c. 2°, del codice di procedura civile. - Illegittimità costituzionale parziale

Corte Costituzionale