Sanzioni amministrative, responsabilità esclusiva se il proprietario della cosa è un ente
Si tratta di una questione nuova affrontata dalla Cassazione con l'ordinanza 23 ottobre 2020 n. 23310
In tema di sanzioni amministrative il primo comma dell'art. 6 della legge n. 689 del 1981 radica l'obbligo di pagamento della sanzione, in solido con l'autore della violazione, in capo al proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione. Il titolo della responsabilità solidale con il trasgressore principale è pertanto rappresentato esclusivamente dalla proprietà della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione. Quando tale proprietà è imputabile a un ente, la responsabilità solidale grava su quest'ultimo e il tenore letterale del comma in esame non offre alcun argomento che autorizzi a traslare tale responsabilità dall'ente al legale rappresentate del medesimo. Si tratta di una questione nuova affrontata dalla Cassazione con l'ordinanza 23 ottobre 2020 n. 23310.
Essendo una questione inedita non risultano precedenti. Ma sostanzialmente nella stessa ottica della pronunzia in rassegna, peraltro, si veda Cassazione, sentenza 8 agosto 2003, n. 11954, secondo cui il sistema della legge n. 689 del 1981 preserva il principio della natura personale della responsabilità, disciplinando rigorosamente i profili della «imputabilità» (art. 2), dell'«elemento soggettivo» della violazione (art. 3), delle «cause di esclusione della responsabilità» (art. 4), del «concorso di persone» (art. 5); e lo stesso profilo di deroga ad esso apportato attraverso l'istituto della «solidarietà» (art. 6) resta rigorosamente circoscritto e delimitato e la sua disciplina non tollera interpretazioni che, estendendo l'ambito delle fattispecie in essa espressamente contemplate, comportino il mancato rispetto del principio della «riserva di legge», fissato nell'art. 1 e che, facendo applicazione di un tal principio in una fattispecie nella quale era stato reso destinatario di un'ordinanza ingiunzione per avvenuta violazione della disciplina degli orari di chiusura di un'azienda bar ceduta in affitto anche il soggetto mero titolare della licenza di esercizio (ma non gestore e neppure titolare dell'azienda ceduta), siccome parificato, in quanto tale (e cioè in quanto «proprietario» del documento amministrativo rappresentativo della licenza), alla figura del «proprietario della cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione» contemplata dall'art. 6 della legge n. 689 del 1981, la suprema corte, nell'accogliere il ricorso proposto dall'ingiunto avverso la pronuncia del giudice di merito il quale aveva rigettato l'opposizione, ha posto in risalto come nella nozione di «proprietario della cosa che servì o fu destinata» fissata dall'art. 6 legge n. 689 del 1981, non possa farsi rientrare in via di interpretazione estensiva anche la figura del titolare della licenza il quale non risulti al tempo stesso né gestore né proprietario dell'esercizio commerciale.
Per qualche riferimento, nel senso che in materia di sanzioni amministrative per installazione di cartelli pubblicitari senza la prescritta autorizzazione comunale, in base all'art. 23 codice della strada, soggetto responsabile è chi colloca tali cartelli e mezzi pubblicitari; alla responsabilità di questi si aggiunge la responsabilità solidale, ove si tratti di soggetto diverso, del proprietario di tali cartelli, mentre non è solidalmente responsabile, non essendo previsto dalla legge, il soggetto che abbia commissionato la realizzazione della campagna pubblicitaria, Cassazione, sentenza 14 settembre 2006, n. 19787.
Tra le tantissime per il rilievo che in tema di violazione dell'art. 23 codice della strada - che sanziona l'affissione non autorizzata di manifesti pubblicitari lungo le strade - è tenuto al pagamento della sanzione, in solido con l'autore materiale della violazione, anche il partito politico proprietario dei manifesti e beneficiario della relativa propaganda, tenuto conto che l'art. 6, 1º e 3º comma, legge n. 689 del 1981 individua nella proprietà del mezzo usato per la commissione della infrazione, e nel rapporto oggettivo e funzionale della condotta tenuta con l'interesse ovvero gli scopi di una persona giuridica o di un ente di fatto, i titoli stessi della solidarietà del proprietario o di detti enti con l'autore della violazione, indipendentemente dalla identificazione della persona fisica che ha commesso materialmente la violazione, Cassazione, sentenza 28 giugno 2006, n. 15000, che ha confermato la decisione del giudice di pace che aveva ritenuto in via presuntiva che il partito politico che aveva proposto opposizione avverso numerosi verbali di contestazione di violazioni dell'art. 23 codice della strada per affissione non autorizzata di manifesti pubblicitari in suo favore fosse il proprietario dei manifesti affissi, stabilendo che esso era tenuto al pagamento della sanzione per non aver fornito la prova di una condotta positiva dei suoi dirigenti o responsabili, volta a impedire l'abusiva affissione di detti manifesti.
Per la precisazione che in tema di sanzioni amministrative, la responsabilità solidale del proprietario della cosa utilizzata per la consumazione dell'illecito non è connessa a una colpa nella scelta dell'affidatario, ma ha la sola funzione di garantire il pagamento della sanzione pecuniaria, atteso che il proprietario non risponde quale coautore dell'illecito, Cassazione, sentenza 13 luglio 2001, n. 9520.
Sul problema della responsabilità delle persone giuridiche, in caso di sanzioni amministrative, per il rilievo che le sanzioni amministrative rientrano tra quelle sanzioni repressive per le quali è richiesta, oltre alla capacità di intendere e volere, la colpa o il dolo e da ciò consegue che una persona giuridica non possa mai considerarsi autore della violazione alla quale la legge riconnetta dette sanzioni, si richiama Cassazione, sentenza 5 luglio 1999, n. 6055, secondo cui la persona giuridica ai sensi dell'art. 6 legge n. 689 del 1981, è solo obbligata in via solidale per le violazioni commesse dal suo rappresentante o dai suoi dipendenti, con diritto di regresso nei confronti degli stessi, ma trattasi di una responsabilità distinta da quella dell'autore dell'illecito, e, per essere fatta valere, richiede, a norma dell'art. 14 legge n. 689 del 1981, un'autonoma contestazione; ne deriva, altresì, che la persona giuridica sia tenuta, ex lege, solo in via solidale con l'autore dell'illecito, al pagamento della sanzione, ma sempre che la violazione da parte di quest'ultimo le sia stata tempestivamente contestata, ma non nella qualità di autore dell'illecito, bensì di corresponsabile del pagamento della sanzione; da tutto ciò consegue che, fermo il profilo per cui il proprietario di un automezzo soggetto all'obbligo dell'uso del cronotachigrafo, che abbia consegnato al conducente i fogli di registrazione per l'apparecchio, già di per sé non risponde del loro mancato inserimento ove tale omissione si sia svolta al di fuori dell'ambito del suo possibile controllo, anche in ogni altro caso, la sanzione per la violazione dell'art. 8 decreto legge n. 16 del 1987 non possa, in alcun modo essere irrogata alla persona giuridica titolare della licenza o dell'autorizzazione al trasporto di cose, ma solo al suo legale rappresentante, il quale risponderà personalmente di tale omissione, mentre la persona giuridica sarà obbligata solo in via solidale con lui, al pagamento della sanzione in questione.
In termini generali, il proprietario della cosa che servì a commettere violazioni comportanti l'applicazione di sanzioni amministrative ai sensi dell'art. 1 legge n. 689 del 1981 è obbligato, in solido con l'autore della violazione, al pagamento della somma dovuta anche nell'ipotesi in cui quest'ultimo non sia stato identificato, posto che la ratio di tale responsabilità solidale (prevista dall'art. 6 legge stessa) non è quella di far fronte a situazioni di insolvenza dell'autore della violazione, bensì quella di evitare che la violazione resti impunita quando sia impossibile identificare con certezza tale ultimo soggetto e sia, invece, facilmente identificabile il proprietario della «cosa che servì o fu destinata a commettere la violazione», Cassazione, sentenza 19 dicembre 1996, n. 11350 (nella specie, il sindaco di un comune ingiunse il pagamento di una somma di danaro a titolo di sanzione amministrativa al proprietario di un appartamento, per non avere questi dato comunicazione della concessione in locazione dell'appartamento stesso per uno dei mesi estivi, omettendo così di adempiere a un'ordinanza sindacale che regolamentava l'utilizzazione degli immobili destinati al fitto estivo o stagionale di non residenti; l'ingiunto propose opposizione, sostenendo che le persone rinvenute dai verbalizzanti nell'appartamento vi si trovavano al solo fine di concordare la stipulazione di un contratto di locazione per il successivo mese; stipulazione che, poi, non avvenne; il pretore annullò l'ingiunzione, osservando che l'infrazione era stata addebitata al proprietario dell'immobile, senza che nell'ordinanza fosse fornita alcuna indicazione circa l'identità dell'autore materiale della trasgressione, privando, così, il proprietario stesso della possibilità di fornire la prova liberatoria espressamente riservatagli dalla legge; la suprema corte, enunciando il principio di diritto di cui alla massima, ha cassato la sentenza pretorile impugnata).