Amministrativo

Se il processo dura troppo il magistrato rischia una condanna della Corte dei Conti

La Corte dei Conti di Genova ha qualificato come gravemente colposa la condotta del magistrato, anche se ha riconosciuto l'eccessivo carico di lavoro presso l’ufficio di sua appartenenza

di Pietro Alessio Palumbo

Con la sentenza n. 43 del 9 maggio scorso la sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Liguria ha chiarito che la Costituzione non contempla per i magistrati uno status di assoluta “irresponsabilità” pur quando si tratti di esercizio delle funzioni riconducibili alla più rigorosa e stretta nozione di giurisdizione.

A ben vedere il magistrato deve essere indipendente da poteri e da interessi estranei alla giurisdizione ma resta “soggetto alla legge”. Alla Costituzione innanzi tutto, che sancisce, ad un tempo, il principio d'indipendenza ma anche quello di responsabilità, al fine di assicurare che la posizione super partes del magistrato non sia mai disgiunta dal corretto esercizio della sua alta funzione. Ne deriva, pertanto, l’effettiva conciliabilità dell'indipendenza della funzione giudiziaria con la responsabilità nel suo esercizio; non solo con quella civile e penale, ma anche con quella amministrativa nelle sue diverse forme.

La vicenda all’esame della Corte dei conti

La disciplina in tema di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole di durata del processo, dispone che il decreto di accoglimento della domanda venga comunicato al procuratore contabile, ai fini dell'eventuale avvio del procedimento di responsabilità. Tale disposizione esplicita una ipotesi di danno arrecato all’erario che ha erogato l’indennizzo per il ritardo. E dal ritardo può derivare, secondo un’autonoma valutazione della Corte dei conti, una fonte di responsabilità amministrativa.

I profili di responsabilità amministrativa secondo il Collegio ligure

Su queste basi, nella vicenda, il Collegio ligure ha ritenuto sussistenti i presupposti per l’affermazione della responsabilità amministrativo-patrimoniale del magistrato coinvolto, condannandolo ai relativi danni in favore del Ministero della Giustizia.

La Corte aveva riconosciuto la irragionevole durata del processo. Svolta dalla Procura regionale l’attività istruttoria di competenza, e ravvisati profili di responsabilità erariale a titolo di colpa grave, veniva emesso un rituale invito a dedurre nei confronti del magistrato coinvolto. La Procura regionale, dopo aver preso posizione sulle deduzioni difensive degli invitati, aveva contestato un’anomala durata del processo. In particolare la Procura sottolineava che, come rilevato dalla Corte d’appello, il giudizio in questione non era contrassegnato da speciale complessità o da particolare rilevanza economica. Su questi presupposti il giudizio si era caratterizzato per una durata oggettivamente eccessiva, connotata da ampi rinvii sostanzialmente ingiustificati; con conseguente dilatazione temporale dei tempi di definizione.

Il principio dell'indipendenza del magistrato è volto a garantire l'imparzialità del giudice, assicurandogli una posizione di terzietà che escluda qualsiasi, anche indiretto, interesse alla causa da decidere. A tal fine la legge garantisce l'assenza, in ugual modo, di aspettative di vantaggi e di situazioni di pregiudizio; preordinando gli strumenti atti a tutelare l'obiettività della decisione. La disciplina dell'attività del giudice deve perciò essere tale da rendere quest'ultima immune da vincoli che possano comportare la sua soggezione, formale o sostanziale, ad altri organi, mirando altresì, per quanto possibile, a renderla libera da prevenzioni, timori, influenze che possano indurre il giudice a decidere in modo diverso da quanto a lui dettano scienza e coscienza. Tuttavia l'autonomia e l'indipendenza della magistratura e del giudice non pongono l'una al di là dello Stato, quasi legibus soluta, né l'altro fuori dell'organizzazione statale.

Il giudizio, per definizione è diretto all'accertamento dei fatti e all'applicazione delle norme, attraverso un'attività di valutazione ed interpretazione, nella quale al giudice sono riservati ampi spazi. La garanzia costituzionale della sua indipendenza è diretta dunque a tutelare, in primis, l'autonomia di valutazione dei fatti e delle prove e l'imparziale interpretazione delle norme di diritto. Ma il processo deve avere una durata ragionevole. La stessa disciplina eurounitaria prevede il diritto di ogni individuo a che la sua causa sia esaminata equamente da un giudice precostituito per legge, indipendente ed imparziale, ed entro termini adeguati. Neppure può sostenersi che la responsabilizzazione del magistrato potrebbe spingerlo a scelte interpretative accomodanti e a decisioni meno rischiose in relazione agli interessi in causa: va escluso che possa dar luogo a responsabilità l'attività d'interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove.

Nella vicenda la Corte dei Conti di Genova ha qualificato come gravemente colposa la condotta del magistrato coinvolto, attribuibile al ritardo nella definizione del giudizio. Tuttavia il Collegio ligure ha individuato l’esistenza dei presupposti per l’equo esercizio del potere riduttivo degli addebiti in considerazione del titolo subiettivo della responsabilità del magistrato coinvolto e con particolare riguardo al verosimile carico di lavoro presso l’ufficio di sua appartenenza.

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