Penale

Se la raccomandazione è "innocua" non ha rilevanza penale

Il semplice sfruttamento di relazioni con il pubblico agente ovvero il mero uso di una relazione personale non sono sufficienti

immagine non disponibile

di Pietro Alessio Palumbo

La mediazione che caratterizza il traffico di influenze illecite è individuata da un accordo finalizzato alla commissione di un abuso idoneo a produrre indebiti vantaggi: il semplice sfruttamento di relazioni con il pubblico agente ovvero il mero uso di una relazione personale non sono sufficienti. Secondo la Corte di Cassazione (sentenza 30564/2022) l'interpretazione più plausibile deve dunque essere orientata nel senso di ravvisare il delitto di traffico di influenze soltanto se la condotta sia funzionale a convincere il destinatario della "pressione" a compiere atti contrari ai suoi doveri o ad omettere un atto conforme ai doveri che su di lui incombono.

Le "raccomandazioni innocue"
Così ricostruita la fattispecie appare evidente come alla stessa non siano in alcun modo ascrivibili le mere "raccomandazioni" certamente non incriminabili dalla norma in quanto se un intervento è volto ad ottenere comportamenti contra legem da parte di un pubblico ufficiale si è già ben al di fuori dell'ambito delle "raccomandazioni innocue"; dato che definire mera raccomandazione un intervento prezzolato si pone in contrasto perfino con il significato attribuito comunemente al termine nel linguaggio corrente. Ne discende che se un soggetto interviene gratuitamente per perorare una violazione di legge da parte della Pubblica amministrazione non può essere ritenuto incriminabile se la raccomandazione non viene accolta: si tratterebbe al massimo ad un'istigazione non accolta. In altri termini in tema di traffico di influenze la mediazione onerosa è proibita se l'accordo tra il committente e il mediatore è finalizzato alla commissione di un illecito penale idoneo a produrre vantaggi indebiti al primo; non assumendo autonomo rilievo il mero uso di una relazione personale che sia preesistente ovvero potenziale.

L'incriminazione di condotte prodromiche alla corruzione
L'incriminazione del traffico di influenze è motivata dall'esigenza di colpire condotte prodromiche a fatti di corruzione prevenendone la consumazione; il che tuttavia appare evidente in relazione alla mediazione in cui il denaro o il vantaggio patrimoniale è promesso o conferito per remunerare il soggetto qualificato a cui viene chiesto un atto contrario ai suoi doveri d'ufficio. In tal caso se il mediatore riesce a convincere il pubblico agente ad entrare in un patto corruttivo saranno applicabili le sanzioni in materia di corruzione.
Nel caso in cui il denaro o il vantaggio patrimoniale costituiscono la remunerazione data o promessa della mediazione illecita, la condotta integra il reato solo se diretta ad un atto contrario ai doveri d'ufficio; considerato il carattere indebito della dazione o della promessa da parte del privato e soprattutto alla luce della connotazione della mediazione stessa qualificata come illecita dal legislatore.
Il reato si concretizza quindi quando l'intermediario prezzolato agisce per turbare il corretto svolgimento dell'attività della Pubblica amministrazione sfruttando le relazioni esistenti col soggetto qualificato destinatario della sollecitazione. La normativa in parola introdotta dalla legge anticorruzione del 2012 realizza pertanto una tutela supplementare a garanzia della legalità, del buon andamento, dell'imparzialità dell'attività dei pubblici poteri, nella prospettiva a suo tempo sollecitata di adempimento degli obblighi internazionali assunti dall'Italia in tema di incriminazione di condotte che precedono l'insorgenza della corruzione, o che siano comunque rivelatrici di interferenze retribuite di soggetti che vogliano sviare l'attività della Pubblica amministrazione verso finalità contrarie a legge.

La mediazione remunerativa
La punibilità del privato nell'ambito della previsione normativa in parola si giustifica a condizione che il rapporto tra il mediatore ed il pubblico agente sia effettivamente esistente, o quanto meno potenzialmente suscettibile di instaurarsi; ed altresì a condizione che si sia verificata la mediazione. Solo in tal caso infatti il bene giuridico tutelato dalla norma viene leso; mentre nel caso in cui il privato sia tratto in errore attraverso modalità decettive si realizza esclusivamente un pregiudizio alla sua sfera patrimoniale.
La normativa incriminatrice descrive la condotta in termini di far dare o promettere a sé o ad altri denaro o altro vantaggio patrimoniale nella duplice prospettiva di prezzo della propria mediazione illecita verso il soggetto qualificato oppure per remunerarlo. Sia la mediazione a pagamento sia la mediazione gratuita ma comunque remunerativa del pubblico ufficiale o dell'incaricato di pubblico servizio sono correlate al compimento di un atto contrastante con i doveri d'ufficio ovvero all'omissione o al ritardo di un atto dovuto. Deriva che il collegamento di entrambe le forme di mediazione alla prospettiva di una distorsione dell'attività della Pubblica amministrazione in una direzione lesiva del buon andamento e dell'imparzialità della stessa, rappresenta la chiave di lettura in grado di conciliare la fattispecie in argomento con il principio di offensività, e di evitare interpretazioni dilatative.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©