Amministrativo

Se sospetta l'arbitrio il giudice può valutare ragionevolezza e idoneità del provvedimento amministrativo

Il caso esaminato dal Consiglio di Stato riguarda una pubblica selezione in cui prima dell'assunzione uno dei vincitori era risultato sotto indagine penale

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di Pietro Alessio Palumbo

Dal tradizionale approccio del giudizio amministrativo teso ad escludere ogni forma di sindacato sulla attività discrezionale della Pa, si è successivamente passati alla possibilità di riconoscere la piena cognizione allo stesso dei fatti oggetto dell'indagine e del percorso intellettivo e volitivo seguito dall'Autorità amministrativa; con il solo limite dell'ottica del "merito" preclusa al giudice e comunque del sindacato non sostitutivo. Solo in questo modo si garantisce il principio di pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale imposto dalla Costituzione.

La vicenda
La vicenda affrontata da Consiglio di Stato con la recente sentenza 1815/2023 afferisce ad una pubblica selezione in cui prima dell'assunzione uno dei vincitori era risultato sotto indagine penale: tra i requisiti d'accesso al particolare ruolo erano però previste una profonda e radicata "moralità", correttezza e spiccata solidarietà sociale. Davanti al Consiglio di Stato il Ministero si doleva dell'errore in cui sarebbe incorso il Tar nell'aver considerato inadeguata la valutazione da parte dell'Amministrazione sulla situazione di fatto e sul complesso degli elementi desumibili dal profilo del candidato ai fini dell'esame della sussistenza o meno dei suddetti requisiti di "moralità". In particolare il Tar aveva ravvisato il difetto di proporzione del provvedimento di esclusione, in quanto fondato su un substrato incerto, a suo dire non corroborato da elementi concreti, e dunque inidoneo ad escludere il giudizio di incensurabilità della condotta dell'interessato. Ebbene il massimo giudice amministrativo ha chiarito che la peculiare natura dei requisiti in parola non può certo legittimare un indebolimento del sindacato giurisdizionale. Anzi, quanto più si estendono le maglie della discrezionalità dell'Autorità amministrativa, tanto più è necessario un esame penetrante da parte del giudice amministrativo volto ad evitare che sotto lo il ‘mantello' della discrezionalità possa, invero, celarsi un esercizio arbitrario della pubblica funzione.

La ragionevolezza delle valutazioni discrezionali
La valutazione circa la sussistenza o meno del requisito della moralità è frutto di un apprezzamento ampiamente discrezionale da parte dell'Amministrazione. A tal fine l'Amministrazione è chiamata a compiere una valutazione tecnica in ordine al possesso dei requisiti di onestà e buona condotta che deve essere desunta da elementi non meramente immaginari o aleatori. Secondo il Consiglio di Stato la tutela giurisdizionale, per essere effettiva, non può limitarsi ad un sindacato meramente estrinseco volto a riscontrare vizi di manifesta illogicità e incongruenza, ma deve consentire al giudice un controllo intrinseco, attraverso la verifica diretta dei fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e il controllo sull'attendibilità tecnica della valutazione compiuta dall'Amministrazione; salvo il limite rappresentato dall'oggettivo margine della "opinabilità". Nella circostanza il giudice amministrativo era stato chiamato a valutare la consistenza dei fatti posti a fondamento della determinazione dell'Autorità amministrativa in ordine all'esistenza dei requisiti di correttezza e di sano contegno. Era stato quindi invocato il sindacato del giudice sull'esercizio della funzione amministrativa non solo per vagliare l'esistenza o meno dei fatti contestati, ma anche per apprezzare la ragionevolezza e la proporzionalità delle relative valutazioni da parte dell'autorità amministrativa.

Proporzionalità e idoneità del provvedimento amministrativo
Il Consiglio di Stato ha rilevato che il principio di proporzionalità, compreso tra i principi di diritto europeo e già insito nella Costituzione quale premessa per il buon andamento della Pa, si compone di idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto. È idonea la misura che permette il raggiungimento del fine, il conseguimento del risultato prefissato. La misura deve essere poi necessaria, vale a dire l'unica possibile per il raggiungimento del traguardo. La proporzionalità in senso stretto richiede invece che la scelta amministrativa non rappresenti un sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato. Il principio di ragionevolezza postula una coerenza tra la valutazione compiuta dall'Amministrazione e la decisione assunta. Nei casi come quello in vicenda tali principi devono poi essere coordinati con il segreto istruttorio che limita la conoscenza dei fatti oggetto dell'apprezzamento discrezionale durante le indagini preliminari. Il codice di procedura penale stabilisce infatti che gli atti di indagine compiuti dal pubblico ministero o dalla polizia giudiziaria sono coperti dal segreto fino a quando la persona coinvolta non ne possa avere conoscenza, e comunque non oltre la chiusura delle indagini preliminari. Il giudice di Palazzo Spada ha quindi ritenuto che in realtà la valutazione dell'Amministrazione non è stata fondata su un mero ‘sospetto', ma su un fatto oggettivo, ossia l'ordinanza del Tribunale dalla quale si evinceva che l'interessato era indagato. E a ben vedere la formulata ipotesi di reato non era astratto; era stata considerata proprio in relazione allo svolgimento del procedimento di selezione in questione.

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