Civile

Sentenza notificata via pec, mancanza della relazione di notificazione e improcedibilità del ricorso per cassazione

Nota a Cass. Civ., Sez. III, Ord., 10 maggio 2021, n. 12231

di Francesca Ferrandi*

Il caso. Con l'ordinanza n. 12231, resa lo scorso 10 maggio, gli Ermellini tornano ad affermare l'improcedibilità del ricorso per cassazione qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando, nei termini indicati dall'art. 369, comma 1, c.p.c., copia autentica del provvedimento, priva però della relazione di notificazione (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notifica a mezzo pec) e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente.

Nel caso di specie, alcuni assegnatari di unità abitative facenti parte di una cooperativa, con ricorso notificato il 3 dicembre 2018, adivano la Cassazione per contestare la sentenza n. 4005 del 2018 della Corte di Appello di Roma, emessa ex art. 281-sexies c.p.c., in data 12 giugno 2018, notificata, per quanto si asserisce nell'atto di impugnazione, il 4 ottobre 2018.

Tale pronuncia confermava la sentenza di rigetto dell'azione di responsabilità svolta nei confronti di un notaio, con la partecipazione di due compagnie assicuratrici, quali assicuratori terzi chiamati in giudizio dal professionista, in relazione ad un'iscrizione ipotecaria dell'importo di euro 1.000.000, del 1 aprile 2008, a favore di un Istituto di credito, che si sarebbe aggiunta ad una precedente, non comunicata ai ricorrenti all'atto di sottoscrizione degli atti di assegnazione degli alloggi sottoscritti il 24 maggio 2010.

Gli intimati depositavano separati controricorsi e sia le compagnie assicuratrici che il notaio, eccepivano pregiudizialmente la improcedibilità del ricorso per mancata produzione della copia autentica della sentenza con la relata di notificazione e la relativa asseverazione.

La Corte di Appello romana, nel confermare la sentenza del Tribunale di Velletri impugnata, pronunciando ex art. 281-sexies c.p.c., ha ritenuto inammissibile l'appello sull'assunto che una delle due rationes decidendi, entrambe inerenti al rigetto della domanda di danni in quanto non provati, non fosse stata oggetto di specifica impugnazione.

Il deposito del ricorso ex art. 369 c.p.c. La Suprema Corte ha, fin da subito, rilevato la fondatezza dell'eccezione di improcedibilità, formulata dai resistenti nei loro controricorsi, in quanto era stata prodotta solo copia autentica della sentenza impugnata, ma, ancorché nel ricorso se ne fosse dedotta la notificazione, non era stata prodotta la copia notificata con la relativa relata, che si diceva essere avvenuta a mezzo pec e della cui estrazione dalla stessa avrebbe dovuto farsi asseverazione. Non solo, ma la copia notificata non risultava nemmeno prodotta da una delle compagnie assicuratrici resistenti.

Al riguardo, la disposizione che qui interessa è l'art. 369 c.p.c., rubricata "Deposito del ricorso".

La norma in questione ricollega la sanzione dell'improcedibilità del ricorso per cassazione all'omesso deposito dello stesso e di tutti gli altri documenti ivi indicati, entro il termine di venti giorni dall'ultima notificazione. In particolare, il comma 2, n. 2 della disposizione di cui sopra prevede che, insieme al ricorso e sempre a pena di improcedibilità dello stesso, si debba depositare una "copia autentica della sentenza impugnata o della decisione impugnata con la relazione di notificazione, se questa è avvenuta".

La ratio di un simile obbligo è stata da sempre individuata nel consentire alla S.C. di controllare che l'esercizio del diritto di impugnazione avvenga tempestivamente (dal momento che, una volta che sia stata effettuata la notifica della sentenza, esso deve rispettare il c.d. "termine breve") a tutela dell'interesse (avente carattere pubblicistico, e quindi indisponibile per le parti) al rispetto del vincolo della cosa giudicata formale (per un approfondimento, v. A. BONAFINE, Sull'improcedibilità (anche in ottica telematica) del ricorso per Cassazione ai sensi dell'art. 369, comma 2, c.p.c., in Riv. Dir. Proc., 2018, 4-5, 1196).

Un dettato normativo, questo, che, oggi, deve essere coordinato con quanto previsto dalla disposizione di cui all'art. 3-bis, L. 21 gennaio 1994, n. 53 (Facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali), il quale, come ben noto: abilita alla trasmissione informatica in proprio (attraverso allegazione dell'atto da notificarsi al messaggio di posta elettronica) mediante indirizzi pec risultanti da pubblici elenchi (comma 1) e ne fissa il perfezionamento, per quanto riguarda il notificante, al momento in cui viene generata la ricevuta di accettazione, nonché per il destinatario, a quello di formazione della ricevuta di avvenuta consegna, entrambe previste dall'art. 6, rispettivamente al comma 1 e al comma 2, del D.P.R., 11 febbraio 2005, n. 68 (Regolamento recante disposizioni per l'utilizzo della posta elettronica certificata, a norma dell'articolo 27 della L. 16 gennaio 2003, n. 3).

Il difensore, quindi, quale pubblico ufficiale, in virtù di quanto disposto dall'art. 6, appena ricordato, redige la relazione di notificazione su documento informatico separato, sottoscritto con firma digitale ed allegato al messaggio di pec (art. 3-bis, comma 5). Tale relazione, inoltre, dovrà contenere: i dati identificativi della parte che ha conferito la procura alle liti e del difensore notificante; quelli relativi al destinatario (ivi compreso l'indirizzo di pec a cui l'atto viene notificato e l'indicazione dell'elenco pubblico da cui il predetto indirizzo è stato estratto); l'eventuale attestazione di conformità per le ipotesi in cui l'atto non sia un nativo digitale e l'avvocato debba provvedere ad estrarre una copia informatica dal documento formato su supporto analogico (per un approfondimento, v. M. DE CRISTOFARO, L'improcedibilità in Cassazione 2.0: quali gli oneri congrui di deposito a fronte di notifica della sentenza a mezzo pec?, in Corr. Giur., 2018, 4, 547, e più in generale cfr. G. RUFFINI, Il processo telematico nel sistema del diritto processuale civile, Milano, 2019).
In ogni caso, inoltre, alla notificazione il difensore deve procedere rispettando la normativa, anche regolamentare, relativa alla sottoscrizione, trasmissione e ricezione dei documenti informatici.

Sull'improcedibilità del ricorso per cassazione. Si tratta, quindi, di capire come la disciplina offerta dalla L. n. 53 del 1994, si declini nel giudizio in Cassazione, nei casi in cui la sentenza da impugnare sia stata notificata a mezzo pec, ai fini del rispetto dell'onere del deposito come dettato dall'art. 369, comma 2, n. 2, c.p.c., in modo da non incorrere nella sanzione dell'improcedibilità. Ebbene, si ricorda che il deposito in cancelleria, nel termine di venti giorni dall'ultima notifica di copia analogica della decisione impugnata, redatta in formato elettronico e firmata digitalmente (necessariamente inserita nel fascicolo informatico), priva di attestazione di conformità del difensore ex art. 16-bis, comma 9-bis, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito dalla L. 17 dicembre 2012, n. 221, oppure con attestazione priva di sottoscrizione autografa, non comporta l'applicazione della sanzione dell'improcedibilità laddove l'unico controricorrente o uno dei controricorrenti (anche in caso di tardiva costituzione) depositi, a sua volta, copia analogica della decisione stessa ritualmente autenticata ovvero non abbia disconosciuto la conformità della copia informale all'originale della decisione stessa (per un approfondimento, v. E. MANONI, Notifica telematica della sentenza e deposito cartaceo: problematiche applicative in sede di legittimità, in Fisco, 2020, 40, 4859). Invece, nell'ipotesi in cui alcune o tutte le controparti siano rimaste intimate o comunque abbiano depositato controricorso, ma disconoscendo la conformità all'originale della copia analogica non autenticata della decisione tempestivamente depositata, il ricorrente, al fine di evitare di incorrere nella dichiarazione di improcedibilità, ha l'onere di depositare l'asseverazione di conformità all'originale della copia analogica della decisione impugnata sino all'udienza di discussione o all'adunanza in camera di consiglio (sul punto cfr., Cass., sez. un., 25 marzo 2019, n. 8312).

Tuttavia, nel caso in esame, secondo gli Ermellini, l'improcedibilità doveva essere affermata non tanto alla stregua dei principi appena ricordati, quanto in ragione di quello secondo il quale il ricorso per cassazione è improcedibile qualora la parte ricorrente dichiari di avere ricevuto la notificazione della sentenza impugnata, depositando, nei termini indicati dall'art. 369 comma 1, c.p.c., copia autentica della sentenza, priva però della relazione di notificazione (ovvero delle copie cartacee dei messaggi di spedizione e di ricezione, in caso di notificazione a mezzo pec) e di tale documentazione non abbia effettuato la produzione neppure la parte controricorrente (in senso conf., v. Cass., 22 luglio 2019, n. 19695 e Cass., sez. un., 2 maggio 2017, n. 10648, sebbene a proposito di notifica secondo le regole tradizionali).

Conclusioni. Secondo la Suprema Corte, inoltre, se i motivi fossero stati esaminabili, se ne sarebbe dovuta rilevare, in ogni caso, l'inammissibilità, dal momento che, se si ritenesse che la riproduzione del contenuto dell'atto di appello, che si fa in alcune pagine del ricorso, "è sufficiente per evidenziare che le due parti riprodotte erano state impugnate, allora il motivo avrebbe un carattere revocatorio, in quanto l'affermazione della sentenza in senso contrario si sarebbe concretata, attesa la mancanza di qualsiasi profilo argomentativo e valutativo, nella supposizione di un fatto (l'assenza di impugnazione) inesistente". Ragion per cui, i ricorrenti avrebbero dovuto impugnare la sentenza con la revocazione di cui all'art. 395, n. 4, c.p.c.

Se invece, proseguono gli Ermellini, considerando il modo in cui le indicate riproduzioni è avvenuto, si opinasse che esse non sono sufficienti ad evidenziare che effettivamente l'appello aveva attinto le due affermazioni della sentenza di primo grado ritenute non impugnate, il motivo risulta inammissibile, privo di specificità, (cfr., Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074 e Cass., 4 marzo 2005, n. 4741), in quanto la sua struttura, a causa delle rilevate carenze, imporrebbe alla S.C. di "ricercare nella lettura dell'atto di appello quello che consentirebbe, superando ciò che il motivo, non dice, quanto, in ipotesi potrebbe giustificare la prospettazione del motivo".

In ordine alla seconda lamentela, poi, secondo la Cassazione, si sarebbe dovuto rilevare che tutta l'esposizione è basata sulla riproduzione di un atto, cui ci si riferisce in questi termini: "cfr. pag. 2-3 sentenza doc. all. 1 fascicolo giudizio appello", senza che si possa comprendere di quale documento si tratti, dato l'equivoco e generico riferimento ad una sentenza, né se e dove esso sarebbe stato prodotto e sarebbe esaminabile in questo giudizio di legittimità. Da qui, dunque, l'inammissibilità anche del secondo motivo di impugnazione.

La Suprema Corte ha, quindi, dichiarato improcedibile il ricorso e condannato i ricorrenti, in via tra loro solidale, al pagamento delle spese di lite.

*di Francesca Ferrandi, Dottore di ricerca all'Università di Roma "Tor Vergata"

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