Separazione: gli sms provano l'infedeltà solo se decisivi
Lo scambio di sms può provare l’infedeltà della moglie e dare luogo all’addebito della separazione? No a meno che non siano “decisivi”. Questo quanto emerge dall’ordinanza n. 18508/2020 con cui la Cassazione ha rigettato il ricorso avanzato da un marito avverso la sentenza d’appello che aveva rigettato l’addebito della separazione alla moglie “infedele” e disposto anche assegno di mantenimento a suo carico.
La vicenda - L’uomo non ci sta e adisce il Palazzaccio per vari motivi. Lamenta innanzitutto l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Nello specifico, il giudice di merito, a suo dire, avrebbe in parte travisato e in parte omesso di considerare il materiale istruttorio da cui emergeva l'infedeltà della donna e il nesso di causalità tra essa e la separazione coniugale. Avrebbe errato, la Corte territoriale, sia a non attribuire il dovuto rilievo alle testimonianze della figlia e della fidanzata del figlio, sia a non considerare ulteriori elementi probatori, “quali gli sms scambiati dalla donna con persona non identificata e le risultanze dell'indagine svolta da un'agenzia investigativa”. Inoltre, la Corte d’appello, stabilendo il mantenimento a suo carico, non avrebbe adeguatamente motivato sull’asserita assenza di capacità lavorativa della ex.
La decisione - Per gli Ermellini, tuttavia, il ricorso è bocciato su tutta la linea. È palese, affermano, infatti, che il ricorrente, facendo leva su precedenti giurisprudenziali, rimette in discussione la valutazione di merito, mentre com’è noto, “il ricorso per cassazione conferisce al giudice di legittimità non il potere di riesaminare il merito dell'intera vicenda processuale, ma solo la facoltà di controllo, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico formale”.
Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dall’uomo, la Corte, non ha errato nel valutare le prove a sua disposizione, e in ordine alle testimonianze e in ordine agli sms.
Quanto a questi ultimi, rilevano da piazza Cavour, “anche ad ammettere che essi possano essere considerati alla stregua di un fatto secondario riconducibile alla previsione di cui al numero 5 dell'articolo 360 c.p.c., nella lettura datane dalle Sezioni Unite di questa Corte (Class., Sez. Un., 7 aprile 2014, n. 8053), e non quali semplici elementi istruttori trascurati, costituisce mera petizione di principio quella secondo cui i menzionati messaggi sarebbero decisivi, in quanto, documentando il perdono chiesto dalla moglie al marito, implicherebbero il riconoscimento del «tradimento»”.
Dai messaggi richiamati dal marito risulta solo che la donna gli ha chiesto perdono, ma non per cosa dovesse essere perdonata, non dimostrando dunque l’astratta decisività della prova.
Per cui, correttamente il giudice di merito non ha ritenuto comprovata la relazione extraconiugale ed escluso la prova del nesso di causalità tra tale relazione e la separazione.
Nulla di fatto, infine, per l’assegno di mantenimento, posto che il giudice d’appello ha incensurabilmente ritenuto insussistente la denuncia dell’uomo, visto che la donna risultava essere invalida al 75%.
Corte di cassazione – Sentenza n. 18508/2020