Penale

Sequestro per la struttura sanitaria che non rispetta lo stop all'attività imposto dal Sindaco

Il primo cittadino è autorizzato a emanare provvedimenti per fronteggiare emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere locale

di Andrea Alberto Moramarco

È legittimo il sequestro preventivo della struttura sanitaria disposto per l'inosservanza dell'ordine di inibizione alla prosecuzione dell'attività, emesso dal Sindaco ai sensi dell'articolo 50 del TUEL (D.lgs. 276/2000). Il primo cittadino è, infatti, autorizzato a emanare provvedimenti per fronteggiare emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere locale, tra i quali rientra pienamente lo stop alla prosecuzione dell'attività di una struttura sanitaria che operi in assenza o in violazione della relativa autorizzazione. Questo è quanto afferma la Cassazione nella sentenza n. 10773/2021, confermando la sussistenza della contravvenzione ex articolo 650 cod. pen., della inosservanza di provvedimenti dell'Autorità.

Il caso - La vicenda riguarda una struttura sanitaria calabrese, operante quale centro di riabilitazione da malattie psichiatriche, la cui sede principale, dopo il trasferimento presso altra struttura, veniva autorizzata a ospitare soltanto 4 pazienti rispetto ai 30 originariamente autorizzati. A seguito di accertamenti, emergeva però che nella struttura alloggiavano ben 27 persone e che sussistevano «gravi carenze organizzative, tra le quali stanze di metrature inidonee a fronte dei letti ivi posizionati, servizi igienici insufficienti e arredi vetusti», circostanze che evidenziavano la necessità, da parte del Sindaco, di adottare un'ordinanza di chiusura della struttura, al fine di evitare il rischio di danni alle persone ricoverate.

A ulteriore verifica delle Forze dell'ordine, tuttavia, ancora 26 pazienti risultavano ospiti della struttura, sicché i vertici della stessa venivano accusati della contravvenzione della inosservanza dell'ordine dell'Autorità, ex articolo 650 cod. pen., e della specifico reato di cui all'articolo 193 comma 3 del Testo unico delle leggi sanitarie (Rd 1265/1934). Di qui il sequestro della struttura disposto dal Gip e confermato dal Tribunale.

La decisione - La vicenda finiva così in Cassazione, dinanzi alla quale il rappresentante legale della società contestava il provvedimento ablativo, ritenendo, in particolar modo, illegittima l'ordinanza di inibizione alla prosecuzione alla attività disposta dal Sindaco. I giudici di legittimità, tuttavia, confermano la bontà del sequestro e la piena legittimità del provvedimento del Sindaco.

Ebbene, spiega la Suprema corte, l'articolo 50 del TUEL al comma 5 prevede, tra le diverse ipotesi, la possibilità per il Sindaco, quale rappresentante della comunità locale, di adottare ordinanze contingibili e urgenti in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere locale. E tale deve essere considerata l'ordinanza adottata nel caso di specie, necessaria per far fronte a una situazione pericolosa derivante dall'esercizio dell'attività sanitaria presso una struttura in pessime condizioni e che non godeva più della autorizzazione, ovvero che era autorizzata a ospitare soltanto 4 ospiti, al posto dei 27 che erano presenti al momento dei sopralluoghi.
Tale provvedimento, infatti, ha carattere di necessità, perché si presta a fronteggiare una situazione non arginabile con mezzi ordinari, dinanzi alla prosecuzione dell'attività sanitaria nonostante il difetto di autorizzazione; nonché di urgenza, perché pone termine a una situazione di emergenza sanitaria attuale e in essere già da tempo. Su questo punto, sottolinea la Cassazione, non si può certo affermare che l'atto è stato adottato nell'interesse di privati cittadini, quali gli stessi pazienti ricoverati, bensì dell'intera collettività, trattandosi di struttura che è «per sua natura destinata a fornire servizi al pubblico».

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