Penale

Sequestro del profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, con l'adempimento del debito è esclusa la confisca

Una volta che l'adempimento è intervenuto viene meno il rapporto di strumentalità necessaria tra il sequestro del profitto e la procedura di riscossione coattiva

di Paolo Comuzzi

Con la sentenza che qui si commenta (decisione del 22.3.2023 n. 12084 della VI sezione penale ) la Corte di Cassazione afferma che l'esclusione dalla confisca del profitto nel caso di adempimento del debito tributario (art. 12-bis co. 2 del DLgs. 74/2000) sarebbe applicabile anche al sequestro del profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (art. 11 del DLgs. 74/2000).

In buona sostanza si ha che l'adempimento del debito tributario, ferma restando la sussistenza del reato, provoca il v enire meno di quella precisa esigenza di disporre la misura cautelare reale non ponendosi più la necessità della riscossione coattiva e non essendo neppure ipotizzabile una maggiore difficoltà nel recupero dell'imposta dovuta.
Andando nei dettagli vediamo che la situazione si presenta nei termini che possiamo delineare nel seguito.

Il Tribunale di Brescia procedeva a disporre il sequestro di beni seguendo i principi indicati da diversa decisione di Cassazione ovvero quella della Sez.2, n. 16538 del 25/2/2022 , con la quale: 1) si riteneva che la determinazione del profitto confiscabile, in relazione al reato di cui all'art. 11, d.lgv. 10 marzo 2000, n.74, dovesse essere commisurato non già all'importo del debito tributario, bensì al valore dei beni sottratti alla garanzia del credito e 2) si affermava la piena utilizzabilità, in ambito penale, dell'accertamento induttivo svolto dalla Guardia di Finanza ai sensi dell'art. 39, comma 1, D.P.R. n. 600 del 1973.

Preso atto di questi elementi ed applicando i principi di diritto sopra indicati, il Tribunale del riesame di Brescia riteneva sussistenti i presupposti per disporre il sequestro preventivo in relazione a quanto segue:
1) omessa dichiarazione di redditi percepiti in Italia, fattispecie commessa dichiarando falsamente il domicilio fiscale fuori dal territorio nazionale (cd. esterovestizione) della "Ltd" limitatamente ai redditi prodotti nel 2018, mentre per le annualità precedenti (2016, 2017) si riteneva che la società avesse effettivamente operato esclusivamente all'estero e
2) reato di cui all'art. 11, d.lgs. n. 74 del 2000, limitatamente agli importi ed alle condotte descritte ai capi c.2 (costituzione del trust) e c.3 (acquisto di un immobile in Italia).

La Corte di Cassazione passa all'esame specifico del caso portato alla sua attenzione e quindi prende in esame la posizione del Tribunale "… secondo cui sarebbe irrilevante l'intervenuta estinzione del debito tributario, proprio perché il profitto del reato sarebbe scollegato dall'entità del debito ed andrebbe parametrato al valore dei beni sottratti alla garanzia dell'erario. Si tratta di una soluzione che non è condivisibile per una pluralità di ragioni …".

La Corte di Cassazione critica con decisione l'affermazione del tribunale facendo notare che "… in primo luogo, occorre premettere che il tema dell'individuazione del profitto del reato di cui all'art. 11 d.lg. n. 74 del 2000 deve essere tenuto distinto dall'ulteriore aspetto concernente gli effetti conseguenti all'estinzione del debito tributario, dovendosi valorizzare il rapporto strumentale esistente tra il sequestro preventivo e le finalità complessivamente sottese alla disciplina della confisca contenuta all'art. 12-bis …".


Il collegio adito afferma che "… la confisca in ambito tributario è, per sua natura, collegata al recupero delle imposte evase ed in quest'ottica l'art. 12-bis introduce un sistema finalizzato a favorire l'adempimento del debito tributario prevedendo, a fronte di tali condotte, l'esclusione della confisca del profitto. Si tratta di una disposizione che si inserisce nella più ampia logica del sistema penale tributario, nell'ambito del quale le condotte di ravvedimento, mediante pagamento del debito tributario, sono valorizzate anche al fine di escludere la punibilità del reato o di attenuazione della sua gravità (artt. 13 e 14) …".

Sempre i giudici della Corte di Cassazione fanno notare che "… in definitiva, l'intero apparato sanzionatorio è calibrato in modo tale da tener conto - sia con riguardo alle conseguenze patrimoniale, che alla configurazione dell'attenuante speciale o della causa di non punibilità - dell'adempimento del debito, valorizzando la strumentalità dell'apparato penale rispetto all'esigenza di recupero delle imposte evase o non dichiarate …".

Stabilito quanto sopra il supremo collegio statuisce anche come "… non vi siano valide ragioni in punto di diritto per escludere l'applicabilità dell'art. 12-bis anche al sequestro del profitto del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Una volta che l'adempimento è intervenuto, infatti, viene meno il rapporto di strumentalità necessaria tra il sequestro del profitto e la procedura di riscossione coattiva, proprio perché tale fase non è più necessaria. Ne consegue che, ferma restando la sussistenza del reato, l'esigenza di disporre la misura cautelare reale viene necessariamente meno, non ponendosi più la necessità della riscossione coattiva e non essendo neppure ipotizzabile una maggiore difficoltà nel recupero dell'imposta dovuta. Il sequestro del profitto del reato di cui all'art. 11, infatti, è finalizzato ad imporre un vincolo sui beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'erario, ma ove il debito tributario è estinto, cessa anche l'esigenza di salvaguardare la garanzia patrimoniale del debitore …".

Quanto sopra vale in termini logici ma, dicono ancora i giudici, "… all'argomento logico-sistematico se ne aggiunge un altro di natura prettamente letterale, dovendosi valorizzare il fatto che l'art. 12-bis, nell'escludere la confiscabilità del profitto nel caso di adempimento del debito, non limita affatto l'ambito applicativo solo a taluni dei reati previsti dal d.lgs. n. 74 del 2000, sicché deve ritenersi che la norma sia applicabile anche al reato di sottrazione fraudolenta dei beni …".

Come si vede si tratta di una serie di elementi critici molto importanti ma questo non basta.
Quello che poi appare dirimente è che "… tali considerazioni trovano l'avallo della giurisprudenza, essendosi ritenuto che il profitto, confiscabile anche per equivalente, del delitto di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, va individuato nel valore dei beni idonei a fungere da garanzia nei confronti dell'Amministrazione finanziaria che agisce per il recupero delle somme evase, con la conseguenza che lo stesso non è configurabile, e non è quindi possibile disporre o mantenere il sequestro funzionale all'ablazione, in caso di annullamento della cartella esattoriale da parte della commissione tributaria, con sentenza anche non definitiva, e di correlato provvedimento di "sgravio" da parte dell'Amministrazione finanziaria (Sez.3, n. 39187 del 2/7/2015, L., Rv. 264789) …".

Viene anche rimarcato che "… analogo principio deve essere affermato anche nel caso in cui il debito tributario sia stato adempiuto, trattandosi di una fattispecie che - al pari di quella in cui è stata riconosciuta l'insussistenza della pretesa tributaria - si connota ugualmente per il venir meno del debito rispetto al quale i! patrimonio del contribuente funge da garanzia patrimoniale per l'erario …".

In ragione di quanto affermato e delle considerazioni critiche svolte la ordinanza viene annullata senza rinvio e, dobbiamo ammetterlo, la decisione della Corte di Cassazione sul punto specifico appare sostanzialmente corretta.

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