Amministrativo

Sì alla sperimentazione sui macachi ma si deve tener conto anche del benessere dell'animale

Il Consiglio di Stato ha chiarito che i report da effettuare durante le sperimentazioni devono essere ravvicinati, costanti, e attestare è stato comunque rispettato il "benessere animale"

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di Pietro Alessio Palumbo

In relazione alla sperimentazione su primati vivi, non umani, sussiste l'obbligo imprescindibile del soggetto autorizzato di effettuare e depositare rapporti periodici e frequenti, che includano - considerato che "tutti" i primati hanno una intelligenza sviluppata - gli aspetti di competenza dell'etologo, e che si soffermino anche sulle condizioni di stress e di possibile interazione tra specie animali che basano uno dei cardini della loro esistenza sulla interazione reciproca. Con la recente sentenza n.1186/2021, il Consiglio di Stato ha chiarito che i report da effettuare durante le sperimentazioni devono essere ravvicinati, costanti, e attestare che nonostante le "pratiche" condotte è stato comunque rispettato il "benessere animale" normato dal Trattato di Lisbona; a rigore del quale nella formulazione e nell'attuazione delle politiche dell'Unione nel settore della ricerca, gli Stati membri devono tener compiutamente conto delle esigenze di benessere degli animali in quanto esseri senzienti, consapevoli e quindi fisicamente e psicologicamente "patenti".

Il bilanciamento tra la "sacralità della ricerca" e la natura "intelligente" delle cavie
La questione posta al giudice di Palazzo Spada è relativa al bilanciamento tra la "sacralità della ricerca", come tale insindacabile da ogni Autorità giudicante, da un lato; e la natura di esseri senzienti degli animali scelti per la sperimentazione, dall'altro. Nella specie si trattava di valutare un interesse - quale il diritto/dovere della ricerca scientifica - in rapporto ad altro interesse, anch'esso presidiato da tutela normativa nazionale ed europea, cioè il benessere animale e le condizioni che, per la sperimentazione su talune specie di animali vivi, la stessa ricerca deve rispettare per poter essere legittimamente condotta e autorizzata, e per questo profilo "sindacata" dal Giudice.

La "verificazione scientifica"
Ebbene per dare una risposta ai motivi riguardanti la legittimità del procedimento che ha portato l'autorizzazione della sperimentazione sui macachi si è reso necessario disporre preliminarmente di una verificazione. Il Giudice ha evidenziato che la verificazione si è resa necessaria per le esigenze di approfondire alcuni aspetti strettamente scientifici, su cui, gli atti autorizzativi della ricerca, richiedevano una analisi più ampia sotto i profili di eventuale "incongruità" e/o "irragionevolezza". Profili per i quali Palazzo Spada ha ritenuto di affidarsi a scienziati di profilo indiscusso, grazie ai quali poter fondare una meditata, prudente, decisione su tale materia, evidentemente di estrema delicatezza e tecnicità. È stato precisato che la verificazione non era intesa ad un sindacato sul contenuto scientifico della contestata ricerca, bensì sugli atti che, autorizzandone l'avvio, erano stati attinti da plurime censure meritevoli di approfondimento tecnico con strumenti non in possesso della cognizione diretta del Giudicante.

Il "principio di sostituzione"
Ciò premesso, la Sezione ha chiarito che al quesito posto – e cioè se il progetto scientifico rispettasse il "principio di sostituzione", nel senso se i risultati attesi fossero perseguibili soltanto mediante sperimentazione sulla specie animale "primati non umani" vivi – i verificatori hanno dato risposta affermativa. Allo stato attuale delle conoscenze, le metodologie proposte, permettono di ottenere nel macaco informazioni non ottenibili con metodologie effettuate direttamente sull'uomo.

Sperimentazione a beneficio (esclusivo) dell'uomo ma con rispetto per il "sacrificio" dell'animale
Orbene se è vero che è stata dimostrata la necessità di tale sperimentazione a esclusivo "beneficio" dell'uomo, nondimeno tale sperimentazione non può non essere condotta col necessario rispetto per gli animali utilizzati, che nel caso specifico sono viepiù esseri dotati di speciale sensibilità neurologica. E ciò è ancor più vero e necessario se si considera la tutela rafforzata dalla speciale protezione normativa accordata ai primati non umani. In altri termini, se per la ricerca scientifica è necessario "sacrificare" animali dotati di elevata sensibilità fisica e psichica e, dunque, alta percezione del dolore e dell'angoscia, è dovuto e per ciò stesso imprescindibile condurre gli esperimenti assicurandosi di infliggere loro la minore sofferenza possibile. Solo con tale impegno, che deve essere posto a inderogabile presupposto dell'inizio e prosecuzione dell'attività di ricerca sperimentale scientifica, è possibile per l'Ordinamento "accettare" l'inflizione da parte dell'uomo di sofferenza volontaria su esseri animali senzienti.

La susseguente (re)integrazione dei primati nel loro habitat naturale
Per altro verso se è ben vero che la disciplina sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici prevede la "possibilità" e non l'"obbligo" di reinserire, a ricerche e sperimentazioni ultimate, questi animali nel loro habitat naturale ("…gli animali utilizzati o destinati a essere utilizzati nelle procedure … ‘possono' essere reinseriti o reintrodotti in un habitat adeguato …) tuttavia è altresì vero che la scelta di "come" esercitare tale facoltà richiede in ogni caso adeguata motivazione. Si badi che nessuna delle due opzioni può essere considerata automatica (e insindacabile).

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