Responsabilità

Sinistri stradali, “danno parentale” anche se manca il vincolo di sangue

La Cassazione, sentenza n. 5984 depositata oggi, ha confermato il risarcimento per il compagno della madre, figura vicaria del padre, sebbene non convivente

di Francesco Machina Grifeo

Sì alla liquidazione del danno parentale, per la morte di una bambina di 4 anni in un tragico incidente stradale, anche al compagno della madre in quanto ha sostituito la figura paterna del tutto assente. Lo ha stabilito la Corte di cassazione, sentenza n. 5984 depositata oggi, confermando sul punto quanto affermato dalla Corte di appello di Trento. Respinto dunque, su questo punto, il ricorso dell’Ufficio Centrale Italiano (Uci), l’Ufficio Nazionale di Assicurazione per i veicoli a motore in circolazione internazionale; parte del contenzioso in quanto il conducente che ha provocato l’incidente era tedesco ed il veicolo era ivi immatricolato.

La Corte territoriale, dunque, aveva accolto la domanda di risarcimento del sofferto danno parentale (ma non quella relativa al danno biologico), liquidando in favore del compagno la medesima somma, 249.047 euro, liquidata alla madre atteso che “… sia le assunte deposizioni testimoniali, sia l’indagine medico legale convergono, dunque, nel confermare l’allegata connotazione che ha contraddistinto il rapporto intercorso tra l’appellante e la vittima primaria del sinistro”. Per la Corte infatti egli aveva svolto il ruolo di “padre vicario” in sostituzione del genitore biologico “del tutto eclissatosi dalla breve esistenza della figlia …”.

Nel ricorso di legittimità, l’Uci ha contestato, fra l’altro, la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale in favore del compagno della madre, per la morte della figlia, in assenza di convivenza e della prova della effettiva assunzione, da parte dell’istante, del “ruolo morale e materiale di genitore”.

Per la Terza sezione civile il motivo è inammissibile in quanto tende ad una nuova valutazione delle prove testimoniali e di quanto emerso in sede di c.t.u., rispetto alle quali invece la Corte d’Appello ha reso una motivazione ragionevole e giuridicamente coerente. La corte d’appello, prosegue la sentenza, ha infatti accertato, il ruolo sostitutivo assunto, “venendo di conseguenza a subire, per la morte della bambina, un danno da perdita del rapporto parentale”.

Si tratta, prosegue la decisione, di un approdo coerente con la giurisprudenza secondo cui la convivenza more uxorio non è da sola sufficiente a dimostrare il pregiudizio subito, “dovendosi rinvenire, al fine di liquidare il danno parentale, quegli indici che il controricorrente … ha allegato e la Corte ha ritenuto provati e cioè la sua dedizione e l’assistenza morale e materiale alla piccola … per oltre 3 dei 4 anni. Dedizione ed assistenza da padre putativo, considerata l’assenza di quello biologico”.

Del resto, ricorda la Cassazione, la Terza sezione ha già affermato in passato che “il vincolo di sangue non è un elemento imprescindibile ai fini del riconoscimento del danno da lesione del rapporto parentale, dovendo esso essere riconosciuto in relazione a qualsiasi tipo di rapporto che abbia le caratteristiche di una stabile relazione affettiva, indipendentemente dalla circostanza che il rapporto sia intrattenuto con un parente di sangue o con un soggetto che non sia legato da un vincolo di consanguineità naturale, ma che ha con il danneggiato analoga relazione di affetto, di consuetudine di vita e di abitudini, e che infonda nel danneggiato quel sentimento di protezione e di sicurezza insito nel rapporto padre figlio” (n. 31867/2023).

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