Civile

Società cooperative, l'omessa vigilanza costa cara allo Stato

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di Andrea Alberto Moramarco

La Pubblica amministrazione competente a vigilare sulle società cooperative che omette di esercitare i controlli è tenuta a risarcire il danno subito dai soci provocato dalle attività illecite compiute dalla società. Le ispezioni, infatti, sono dirette anche a controllare il regolare svolgimento delle attività promosse dall'ente e la loro omissione assume rilevanza causale in ordine alla verificazione del danno. Questo è quanto emerge dalla sentenza 6789/2016 depositata ieri dalla Cassazione.

I fatti - La vicenda che ha dato origine alla controversia risale a circa 20 anni fa e riguarda le attività poste in essere da una società cooperativa che esercitava impropriamente attività di raccolta di risparmio e di finanziamento. In particolare, la società attraverso una rete di agenti raccoglieva fondi dai propri soci e concedeva ingenti finanziamenti ad alcuni di essi senza richiedere garanzie. In seguito ad investimenti sbagliati la società era andata però incontro al fallimento.
Successivamente, alcuni ex soci della cooperativa citavano in giudizio l'Amministrazione statale chiedendo il risarcimento del danno da loro subito, pari ad una cifra complessiva di circa 500mila euro, a loro dire cagionato dall'omessa vigilanza obbligatoria da parte della Pubblica amministrazione sulle attività finanziarie della società. In sostanza, per gli ex soci, se il vecchio ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale - all'epoca dei fatti organo di controllo delle cooperative – avesse esercitato le ispezioni periodiche si sarebbe vietata l'attività di intermediazione finanziaria della cooperativa e quindi evitato il dissesto. Per la difesa del Ministero, invece, il dissesto era riconducibile non all'attività di finanziamento della società, bensì ad investimenti sbagliati e, ad ogni modo, non vi era un nesso causale tra l'omessa attività di vigilanza ed il danno patito dagli attori.

La decisione - Per la risoluzione della questione si arriva sino in Cassazione, dove i giudici di legittimità confermano quanto statuito dalla corte di merito dando ragione agli ex soci. Per il Collegio, la società cooperativa non avrebbe potuto svolgere attività di raccolta di risparmio e di finanziamento sia per la tipologia societaria, sia per la mancanza della autorizzazione, nonché per disposizioni statutarie. Stante, dunque, l'esercizio abusivo dell'attività finanziaria da parte della cooperativa, se il Ministero avesse effettuato il controllo ispettivo sulle attività della stessa società, questa non avrebbe continuato ad operare con le stesse modalità. Le ispezioni, infatti, «sono finalizzate a realizzare lo scopo mutualistico, il quale è certamente frustrato quando una cooperativa non operi in conformità delle finalità sociali e compia gravi irregolarità, a danno della collettività e dei soci». In sostanza, il controllo del Ministero avrebbe impedito lo svolgimento delle attività non autorizzate dell'ente che hanno portato al dissesto ed al conseguente danno per i soci.

Corte di cassazione – Sezione III civile – Sentenza 7 aprile 2016 n. 6789

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