Civile

Società e amministratori di fatto: quando si estende il fallimento

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a cura della Redazione PlusPlus24 Diritto

Società di capitali - Amministratore di fatto - Individuazione - Inserimento nella gestione dell'impresa - Indizi rivelatori.
Ai fini della corretta individuazione dell'amministratore di fatto di una società è sufficiente l'accertamento del suo inserimento nella gestione dell'impresa, desumibile dalle direttive impartite e dal condizionamento delle scelte operative della società. I responsabili della violazione delle norme poste a presidio della corretta gestione della società non vanno individuati sulla base della loro qualificazione formale, quanto piuttosto per il contenuto delle funzioni dai medesimi concretamente esercitate. Pur in mancanza di una investitura da parte della società, è possibile individuare in un determinato soggetto la figura dell'amministratore di fatto tutte le volte in cui vi sia la prova che le funzioni gestorie, svolte appunto in via di fatto, si concretino in atti che, per la loro natura e non occasionalità, siano sintomatici dell'assunzione di quelle funzioni.
• Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 3 agosto 2016 n. 16184

Fallimento - Società a responsabilità limitata - Fallimento individuale e della società - Fallibilità delle società di fatto e degli imprenditori individuali di fatto – Sussistenza.
Si estende alla società di capitali che sia socia illimitatamente responsabile di una società di fatto insolvente, il fallimento di quest'ultima. Una volta accertata l'esistenza di una società di fatto insolvente della quale uno o più soci illimitatamente responsabili siano costituiti da s.r.l., il fallimento in estensione di queste ultime costituisce una conseguenza “ex lege” prevista dall'articolo 147, comma 1, legge fall., senza che sia necessario accertare la loro specifica insolvenza.
• Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 13 giugno 2016 n. 12120

Fallimento - Società di fatto - Società di capitali - Partecipazione a società personale, anche di fatto, insolvente - Estensione del fallimento quale socia illimitatamente responsabile - Accertamento dello stato di insolvenza.
Posto che il fallimento esplica comunque i suoi effetti se, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale, risulta che l'impresa è riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile, l'articolo 147, comma 5, legge fall. trova applicazione non solo quando dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale risulti che l'impresa, in realtà, è riferibile ad una società di fatto tra il fallito ed uno o più soci occulti ma, per interpretazione estensiva, anche laddove il socio già fallito sia una società anche di capitali, che partecipi con altre società o persone fisiche ad una società di persone (cd. supersocietà di fatto), non assoggettata ad altrui direzione e coordinamento. La sussistenza di tale società di fatto postula la rigorosa dimostrazione del comune intento sociale perseguito, che dev'essere conforme e non contrario all'interesse dei soci, dovendosi ritenere che la circostanza che le singole società perseguano, invece, l'interesse delle persone fisiche che ne hanno il controllo, anche solo di fatto, costituisca, piuttosto, una prova contraria all'esistenza della supersocietà di fatto e, viceversa, a favore dell'esistenza della “holding” di fatto, nei cui confronti il curatore potrà eventualmente agire in responsabilità e che potrà essere dichiarata autonomamente fallita, ove ne sia accertata l'insolvenza a richiesta di un creditore.
• Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 20 maggio 2016 n. 10507

Società di capitali - Organi sociali - Amministratore di fatto - Ingerenza - Sistematicità e completezza dell'ingerenza – Necessità.
In tema di amministrazione della società, la persona che, benché priva di investitura formale, sia accertato essersi inserita nella gestione della società stessa impartendo direttive e condizionandone le scelte operative, va considerata amministratore di fatto ove tale ingerenza, lungi dall'esaurirsi nel compimento di atti eterogenei ed occasionali - quali pagamenti di debiti sociali e riscossione di somme destinate alla società -, riveli avere caratteri di sistematicità e completezza.
• Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 1° marzo 2016 n. 4045

Fallimento – Dichiarazione di fallimento - S.r.l. unipersonale - Estensione del fallimento - Revoca del fallimento individuale - Impresa riferibile ad una società di cui il fallito è socio illimitatamente responsabile - Effetto di giudicato della revoca del fallimento individuale.
Qualora, successivamente alla dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale ex articolo 147 l.fall., risulti che l'impresa è, in realtà, riferibile ad una società di fatto tra il fallito ed uno o più soci occulti, la sentenza di estensione muta soltanto il titolo in virtù del quale l'altro socio è già stato dichiarato fallito, vale a dire non più quale imprenditore individuale ma come socio illimitatamente responsabile della società occulta. Il passaggio in giudicato della sentenza di revoca del fallimento individuale, pertanto, fa soltanto venir meno tale mutamento del titolo, ma non determina alcun effetto sulla sentenza di estensione, la quale acquisisce carattere originario quanto a presupposti e procedimento, con la conseguente necessità, nell'eventuale giudizio di impugnazione, di un nuovo accertamento dei requisiti soggettivi ed oggettivi di fallibilità della società occulta e dei suoi soci illimitatamente responsabili. Ai fini della tempestività della dichiarazione di fallimento di una società di fatto, poi, non assume alcun rilievo la circostanza che l'impresa apparentemente individuale ad essa in realtà riferibile sia stata cancellata dal registro delle imprese da oltre un anno, posto che la società, sia pur di fatto, assume un'identità soggettiva distinta da quella delle persone, fisiche e non, che la compongono.
• Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 24 febbraio 2016 n. 3621

Fallimento - Società con soci a responsabilità illimitata - Società di fatto - Partecipazione a società personale, anche di fatto, insolvente, in assenza di delibera assembleare - Estensione del fallimento quale socia illimitatamente responsabile - Accertamento dello stato di insolvenza - Necessità - Esclusione.
La partecipazione di una società a responsabilità limitata in una società di persone, anche di fatto, non esige il rispetto dell'articolo 2361, comma 2, c.c., - per cui l'assunzione di partecipazioni in altre imprese comportante una responsabilità illimitata per le obbligazioni delle medesime deve essere deliberata dall'assemblea, e di tali partecipazioni gli amministratori danno specifica informazione nella nota integrativa del bilancio – che è dettato per le società per azioni, e costituisce un atto gestorio proprio dell'organo amministrativo, il quale non richiede - almeno allorché l'assunzione della partecipazione non comporti un significativo mutamento dell'oggetto sociale (fattispecie estranea al caso di specie) - la previa decisione autorizzativa dei soci, ai sensi dell'articolo 2479, comma 2, n. 5, c.c. Pertanto, accertata l'esistenza di una società di fatto insolvente della quale uno o più soci illimitatamente responsabili siano costituiti da società a responsabilità limitata, il fallimento in estensione di queste ultime costituisce una conseguenza “ex lege” prevista dall'articolo 147, comma 1, l.fall., senza necessità dell'accertamento della loro specifica insolvenza.
• Corte di Cassazione, sezione I, sentenza 21 gennaio 2016 n. 1095

Reati fallimentari - Amministratore di fatto - Società fallita - Amministratore di diritto – Doveri e poteri.
In tema di reati fallimentari, l'amministratore “di fatto” della società fallita è da ritenere gravato dall'intera gamma dei doveri cui è soggetto l'amministratore “di diritto”. La nozione di amministratore di fatto, introdotta dall'articolo 2639 c.c., postula l'esercizio continuativo e significativo dei poteri tipici inerenti alla qualifica od alla funzione. Le dichiarazioni rese dal fallito al curatore non sono soggette alla disciplina di cui all'articolo 63 c.p.p., comma 2, che prevede l'inutilizzabilità delle dichiarazioni rese all'Autorità giudiziaria o alla Polizia giudiziaria da chi, sin dall'inizio, avrebbe dovuto essere sentito in qualità d'imputato, in quanto il curatore non rientra in queste categorie e la sua attività non può farsi rientrare nella previsione dell'articolo 220 disp. att. c.p.p. che concerne le attività ispettive e di vigilanza.
• Corte di Cassazione, sezione V penale, sentenza 4 novembre 2015 n. 44575

Processo tributario - Amministratore di fatto – Società di capitali - Responsabilità solidale per violazioni tributarie della società - Esclusione.
Non è configurabile una responsabilità diretta dell'amministratore di fatto di una società di capitali per le obbligazioni tributarie della società, che sono ad essa direttamente imputabili, dovendo escludersi una responsabilità solidale dell'amministratore e liquidatore. L'autonomia patrimoniale perfetta che caratterizza le società di capitali implica infatti l'esclusiva imputabilità alla società dell'attività svolta in suo nome e dei relativi debiti e tale principio non conosce alcuna deroga con riferimento alle obbligazioni di carattere tributario della società.
• Corte di Cassazione, sezione tributaria, sentenza 10 giugno 2015 n. 12007

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